I 10 Comandamenti ai ragazzi

I DIECI COMANDAMENTI

 

Cari ragazzi, partiamo col farvi e farci gli auguri per vivere una dimensione che resti nella propria storia per tanti aspetti positivi.

Per vivere bene, l’uomo ha bisogno di darsi delle regole. Sempre ha cercato di creare delle regole che potessero migliorare la convivenza ma il rischio di commettere degli errori di valutazione è stato ed è sempre alto e gli avvenimenti lo dimostrano.

E allora perché non partire dalle basi della nostra fede per scoprire che, probabilmente, non serve tanto per vivere bene insieme: i Comandamenti che ci ha consegnato il nostro buon Dio rappresentano il livello minimo da cui partire per vivere bene con se stessi e con gli altri. Sono la traduzione verbale di ciò che già è scritto nel DNA umano: il diritto ed il dovere di rispettare gli altri, la nostra persona e Dio. In fondo non ci serve altro. Ma queste regole non te le possono imporre dal di fuori le devi scoprire tu.

In questo “small message” troverai gli spunti di riflessione che ti aiuteranno per il tuo approfondimento, la tua curiosità.
I ragazzi piú spesso di quanto si crede riflettono sui grandi problemi della vita…

 

 

PRIMO COMANDAMENTO


“Abbiamo dimenticato Dio: questo è il primo peccato, gli altri sono conseguenza” 
(A. Solzenicyn).


COSA VUOL DIRE: “NON AVRAI ALTRO DIO FUORI DI ME”?

Un re, che andava a caccia, arrivò assetato ai piedi di una rupe da cui filtrava, a gocce, un po’ d’acqua. Scese da cavallo e staccò dalla sella una coppa d’oro gemmata.
Voleva bere. Sul braccio che teneva la coppa stava appollaiato un bel falco: il preferito del re.
Adagio adagio la coppa si riempì; ma quando il re l’avvicinò avidamente alle labbra, il falco scattò, come per lanciarsi in volo, e procurò al braccio che lo sosteneva una tale scossa che l’acqua si rovesciò…
Il re dopo aver accarezzato il falco prediletto, ritornò a raccogliere l’acqua a goccia a goccia; ma quando avvicinò di nuovo la coppa alle labbra, il falco dette uno strido, battè le ali, e il re sobbalzando, rovesciò nuovamente il liquido che aveva raccolto con tanta pazienza, Fece un atto più di dispetto che di rammarico. Pure si contenne, e iniziò la raccolta dell’acqua per la terza volta. Ma quando, per la terza volta, avvicinò la coppa alle labbra, il gioco del falco si ripetè.
L’acqua si versò. Allora il re proruppe in un gesto d’ira furioso. Afferrò il falco e lo scaraventò contro la roccia. Il volatile cadde morto con le ali aperte, come fosse ancora in volo. Intanto la gocciolina, che filtrava lenta dalla rupe, aveva smesso di scorrere. E il re, ora con la rabbia ora con il dispiacere nel cuore, aveva più sete che mai. Mandò i servi a vedere se sopra la roccia si trovava la polla che dava acqua alla sorgente.
La trovarono, ma si fermarono inorriditi… Era uno stagno in cui galleggiavano i cadaveri putrefatti di parecchi animali. Certamente quell’acqua, bevuta, avrebbe avvelenato il re…

Disse uno dei servi al ritorno: «Sire, se tu avessi bevuto quell’acqua saresti morto».
Il re guardò il falco che gli giaceva ai piedi e chinò la testa. Umilmente chiese perdono al fedele amico che si era sacrificato per lui e inutilmente rimpianse il suo impulsivo gesto d’ira.

 

L’ANGOLO DEL SAGGIO

Come ci aiuta a capire la storiella visto questo, come tutti i comandamenti, non deve essere vissuto come un’imposizione che Dio e la Chiesa fanno a scapito della nostra libertà! Se provassimo a sostituire a “comandamento” il termine “Parola” invece di avere dieci “imposizioni” avremmo dieci “Parole di Vita”!.
D’altronde è facile capirlo, quando vuoi bene ad una persona mica ti pesa fare quello che fai! Farai fatica, non sarà facile sempre ma…in fondo, se lo si fa di cuore non pesa! Insomma
quando vivete le prime cotte non fareste di tutto per il vostro lui o la vostra lei? Un genitore non farebbe di tutto per amore del proprio figlio?
Così il comandamento “Io-Sono il Signore, tuo Dio. Non avrai altro Dio di fuori di me” vuol dire “Stai attento! Non si può avere il piede in due scarpe! O ami Me – dice il Signore – o ami altri
idoli!” o come direbbe il Vangelo: “Non puoi amare Dio e mammona, perché amerai l’uno e odierai l’altro” Se fai le cose sul serio devi fare una scelta! • Ma quale scelta compiere?

 

L’IDOLATRIA

• Ma quali sono gli idoli ai quali possiamo attaccarci?
• E perché dovremmo voler bene autenticamente al Signore e non ad altri idoli? Cos’ha Lui di diverso. Guardiamo un po’ cosa può dirci la Bibbia con Elia sul primo comandamento…

“Ma che cos’è questa idolatria?” chiede Gianni al suo catechista
“ Idolatria, è una cosa molto comune
fra i ragazzi della tua età!” “Ah, si?” ribatte stupito il ragazzo “Certo – dice con calma il catechista – Idolatria è quando tu leghi il tuo cuore a ciò che non può colmare il suo bisogno di amore!” “Cosa?” “ Tu sei fatto per volere bene,
Gianni, solo che sei libero di scegliere
chi volere bene! Idolatria è
scegliere di volere bene alle cose
o alle persone come se fossero il nostro …tutto.

 

 

SECONDO COMANDAMENTO

’Wojtilaccio’ di Roberto Benigni, volato dal palco del teatro Ariston al Festival di Sanremo nel 1980.
Toccò poi alla Gialappas’, messa sotto accusa dal quotidiano ‘Avvenire’, giustificare, nel 2000, qualche uscita poco gloriosa, con tanto di bestemmie, sempre in tv.
L’ultimo episodio, prima di quello di ieri al Gf, è stato quello di Roberto da Crema, che dichiarò ”Io Dio lo amo”, subito dopo l’infortunio verbale avvenuto nel corso di una puntata della ‘Fattoria’, il reality targato Endemol in onda su Italia 1.
Quanto al mondo del pallone, non si contano parolacce e bestemmie sui campi di calcio, talvolta scappate anche sotto l’occhio vigile della telecamera. Anche altri sport si sono macchiati della stessa colpa: il campione di basket Andrea Meneghin, solo per citare un esempio, fu al centro di una polemica, nel ’99 in occasione degli Europei di basket, per aver pronunciato, dopo l’ incontro della nazionale italiana con la Croazia, un sospetto ‘codroipo’, anagramma di una bestemmia ‘criptata’. È recente il monito del presidente del Coni Gianni Petrucci a cancellare la bestemmia dai campi sportivi: un’iniziativa applaudita anche dalla Cei.
E se dal ’99 la bestemmia non è piú un reato, per la Chiesa rimane un peccato. La depenalizzazione dell’imprecazione blasfema, in un Paese cattolico come il nostro, non ha aperto veramente le porte ad una rivoluzione del costume, né ha sancito il cambiamento in corso nella nostra società. È anche vero che quel ‘porco…’ di troppo è in realtà un intercalare diffuso in molte regioni italiane come la Toscana: dopo le varie ‘Benignate’, piú in teatro che in tv, è stata infatti la volta del toscanaccio Guido del Gf, escluso oggi dal gioco per punizione.

Di seguito troverai alcuni pensieri sulla bestemmia

“I cani abbaiano per difendere il padrone, e io dovrei essere muto quando si maltratta
il nome di Dio? Morire piuttosto, ma non tacere!”
(San Girolamo)

Dove non c’è credo, non c’è bestemmia.
(Salman Rushdie)

“Dobbiamo sopportare con pazienza le ingiurie che ci si fanno, ma quando, dinanzi a noi, una bocca sacrilega vomita bestemmie contro Dio, noi, lungi dall’essere pazienti, dobbiamo resistere all’empio e condannare la bestemmia, senza nascondere la nostra indignazione
(S. Agostino)

La bestemmia è più grave se detta in pubblico.
Se, infatti, uno bestemmia in silenzio, non reca danno alcuno.
Il tono della reazione del cristiano alle bestemmie non può essere che calmo, perché ispirato dalla carità e perché più convincente. Ma dev’essere forte, quando si rivolge a un bestemmiatore
che non vuole ammettere di aver peccato e di doversi correggere. E stato il tono anche di santi.
(…)

Capisco che l’Italia non ha la filosofia toscana, ma se io dico che ho tirato un paio di bestemmie in maniera scherzosa, subito spunta un cardinale… Si tratta solo di un modo di parlare nostro
(Marcello Lippi)

 

 

CHE COSA CI VUOL DIRE IL SECONDO
COMANDAMENTO
“Non pronunciare il nome di Dio invano”?

Per capirlo dobbiamo conoscere il significato delle parole “nome” e “invano”:
Il nome per gli antichi indicava la persona e la sua missione: per esempio Mosè significa “salvato dalle acque”, Israele “uno che lotta con Dio”, Gesù “Iahvè salva”. Quindi, a differenza che nella nostra cultura, in quelle antiche e anche in quella ebrea (nella quale vi sono le basi della religione cristiana), il nome aveva una grande importanza.
La parola invano in ebraico non è l’equivalente del nostro “a vanvera” o “inutilmente” ma vuol dire “falso”. Si faceva un uso “falso” del nome di Dio durante i processi nei quali lo si invocava come testimone delle affermazioni dell’imputato e perfino quando si facevano dei giuramenti falsi.
Dio ci esorta a non strumentalizzarlo. Egli ci ha creati donandoci la ragione e ci ha lasciati liberi e responsabili delle nostre scelte. Eppure l’uomo continua a “nascondersi” dietro il nome di Dio per i propri fini, se la prende con Lui e lo offende con le parole. Lui non reagisce come noi, ma lascia dire e fare, perché è troppo buono e intelligente.
Gradirebbe comunque che qualcuno dei suoi amici, TU per esempio, facesse presente a chi lo bestemmia, di ripulire il modo di rivolgersi a Lui. Tuttavia, succede sovente che proprio i cosiddetti suoi amici non parlino quasi mai di Lui, un po’ per vergogna, un po’ per paura di passare per bigotti. Addirittura spesso non si ha neanche il coraggio di far capire a chi offende il Signore della gravità delle sue affermazioni e dell’enorme offesa causata a tutti quelli che credono nel Signore.
Il nome del Signore è santo e per questo l’uomo non può abusarne, lo deve custodire nella memoria in un silenzio di adorazione piena d’amore. Non lo inserirà tra le sue parole, se non per benedirlo, lodarlo e glorificarlo. Il fedele deve testimoniare il nome del Signore, confessando la propria fede senza cedere alla paura.
Il testamento quindi invita a fare un uso più positivo del nome di Dio. Il nome di Dio non deve essere utilizzato per giustificare certe affermazioni degli uomini o certi avvenimenti negativi ma solo ad esaltarlo. Il modo migliore per nominare Dio è invocarlo nella preghiera. In questo speciale “a Tu per Tu” puoi chiedergli un favore, domandargli scusa, rivolgergli i tuoi complimenti; insomma, i motivi di dialogo non ti mancano!
Non nominare il nome di Dio invano vuol anche dire nominarlo bene. Perché non provare a vincere la vergogna e impegnarsi ogni tanto a discutere su temi che riguardano Dio,
La nostra responsabilità è quindi quella di difendere il nome di Dio, di saper parlare di fede e di Vangelo, di dare un po’ del nostro tempo per annunciare Gesù agli altri. Questo è un nostro dovere, un comando preciso del Signore!

      • Rispetto il nome di Dio, di Maria, dei santi? Bestemmio facilmente o uso un linguaggio volgare?
      • Sono testimone coerente della mia fede, oppure ho vergogna di presentarmi come cristiano?
      • Mi preoccupo di trasmettere con gioia la fede in famiglia, sul lavoro, nella mia parrocchia e negli altri luoghi che frequento abitualmente?

 

 

Dal sito internet dell’ANSA
ROMA – Sono passati oltre 20 anni dalla prima, clamorosa, bestemmia sfuggita a Mastelloni in diretta tv. L’episodio fece scalpore tanto che l’Italia politica e civile quasi si immobilizzò per tre giorni. Da allora, dai campi di calcio ai reality, fino all’ultimo episodio di ieri, al Grande Fratello, la tv e’ diventata sempre piu’ spesso teatro di un turpiloquio continuo che talvolta sconfina nella bestemmia.
Era il 22 gennaio 1984, una domenica pomeriggio, quando Leopoldo Mastelloni pronunciò la bestemmia che gli sarebbe costata un ‘esilio’ di oltre un decennio dalla tv. L’episodio avvenne nel corso di ‘Blitz’, il programma della Rai condotto da Gianni Mina’, all’interno della rubrica di Stella Pende ‘Sotto a chi tocca’. A poco valsero le immediate scuse dell’attore napoletano, che cercò’ di giustificarsi affermando di aver usato ”un linguaggio molto criticabile ma assolutamente in uso nel parlare corrente”.
La sua uscita suscitò amarezza, rammarico e sdegno nel Paese, tanto che molti privati e associazioni inviarono esposti alla Rai, che li trasmise alla magistratura. La rubrica fu immediatamente sospesa dalla direzione generale della Rai (in carica era Biagio Agnes).
La bestemmia, pronunciata in diretta da un concorrente, colpí, 15 anni dopo, anche il programma di Maria De Filippi ‘Coppie’, su Canale 5. E se non proprio di bestemmia si trattò ma piuttosto di vilipendio, fece discutere non poco anche il pubblico.

 

TERZO COMANDAMENTO


COSA VUOL DIRE:
“RICARDATI DI SANTIFICARE LE FESTE”?

Dal Vangelo secondo Giovanni: 6, 9-13
“C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente? ”. Rispose Gesù: “Fateli sedere”.
C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E quando furono saziati, disse ai discepoli: “Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto”.
Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

 

Una festa ben riuscita di Masquerad

Spesso facevamo feste a casa di Gennaro.
Per festa s’intendeva chiedere a tutti una quota fissa di 5 euro e noi pensavamo a comprare la roba… che per lo più delle volte era solo alcol. Tranne qualche coca cola per i deboli di stomaco.
Con i soldi raccolti andavamo in un supermercato. E poiché erano parecchi invitati i soldi erano sufficienti per una sana ubriacatura.
Appena usciti dal negozio io e Luca stappavamo le prime birre, per il viaggio. Poi andavamo da Gennaro svuotavamo il frigo e lo riempivamo di bottiglie. All’improvviso Luca trova una bottiglia di vodka di marca e dice ( già un po’ brillo per le varie birre ciucciate) “Mirko facciamo un brinidisi alla russa!” Ed io: “Ok ci sto, anche se non so di cosa stai parlando”.
E lui, grasso, obeso prendeva la bottiglia si attaccava al collo e la beveva pura. Mi passa la bottiglia ed incomincia a fare una specie di ballo-delle-steppe-rovinato, dal suo peso e dall’ubriacatura… mi unisco anche io e cantiamo abbracciati ed in quella stanza c’era la felicità ed una bottiglia di vodka.
La serata andò avanti, con altri cocktails ben riusciti e ogni tanto di nascosto ( in quanto avevamo requisito la vodka) facevamo i nostri brindisi alla russa.
Poi arriva Max con un po’ d’erba e si avvicina: “Mirko dai accendi la canna e passala”. Non facendomelo ripetere due volte accendo.
Piccoli sbuffi di fumo escono dalla mia bocca, dal mio naso… e su di me scende una tranquillità dettata sicuramente dal alcol e dal fumo, ma stavo bene in quel fottuto momento mi trovavo d’accordo col resto del mondo, in pace con me stesso.
Poi l’imminente bisogno naturale del piscio mi fa alzare ed espletare il bisogno dal balcone sui terrazzi sottostanti, con tutti gli amici che incitano e qualcuno che imita il mio virile gesto.
Chissà cosa pensava la gente vedendo cadere quella pioggia giallastra e olezzante birra-vodka-gin e orina ovviamente sulle loro auto e sulle loro teste….
Luca è scomparso non lo vedo. Entro dentro e lo ritrovo sul divano. E guardandolo meglio gli dico: “Ma porca puttana ti sei pisciato sotto!”
Lui se ne frega e continua a zugarsi la sua birra. poi di scatto si alza e si fionda su una ragazza, aggrappandosi alle sue prosperose tettone.
Al ragazzo della sfinzia tutto questo non è andato bene e si avventa con un cazzotto sul povero obeso-ubriaco e lo fa cadere per terra. Al che Luca si rialza lo sorprende mentre il tizio si girava e gli spacca la bottiglia di birra sulle spalle.
La sfinzia urla, Luca ha gli occhi da pazzo, il tizio è a terra, ed io sbocco.
Poi mi fiondo sul terrazzo mentre dentro alcuni amici del tipo per terra fermano e calmano Luca che ha ancora il collo della bottiglia in mano e cerca di infilzare le panze degli amici.
Io guardo il cielo, nero, il silenzio intorno a me ( tranne le urla furiose di Luca), mi accendo un sigaro e aspetto la morte…

      • Quand’è, secondo te, che una festa può dirsi essere stata una grande festa?
      • Che cosa, invece, può rovinare tutto tanto da renderne brutto persino il ricordo?

 

QUARTO COMANDAMENTO


COSA VUOL DIRE:
“ONORA IL PADRE E LA MADRE”?

• Con che gesti onori tuo padre e tua madre?
• Che cosa, al contrario, ti frena dal compiere i tuoi “doveri” di figlio?

MEDITAZIONE
MENO MALE CHE CI SONO

Ma perché, Signore, dovevi rifilare proprio a me dei genitori così duri d’orecchie di cuore?
Sanno soltanto ripetermi alla noia: “Sono stanco, lasciami in pace, adesso non ho tempo. Oggi non esci…”
Quando capiranno che sono abbastanza grande e maturo per andare in giro con i compagni che voglio, rientrare tardi e studiare quando mi pare e piace?
Se potessi rinascere li vorrei scegliere io tra i migliori sulla piazza: ricchi, belli e famosi, modello – bancomat, sempre pronti ad accontentarmi e ad ascoltare.
Sto chiedendo l’impossibile, lo so.
Tutto sommato sono fortunato: mi vogliono un bene da morire anche se non lo capisco sempre.
Aiutali ad essere buoni e bravi, come lo sei tu, Signore, amico mio. Da parte mia, cercherò di render loro la vita più facile e meno stressante.
Perché tutto sommato anch’essi possano dirti “ Grazie, buon Dio, del figlio che ci hai donato.

 

Rispetta sempre i tuoi genitori

Tobi e Anna sono due ebrei “doc” che filano d’amore e d’accordo perché hanno messo Dio al centro della loro vita. Sono fortunati per la presenza di un figlio come Tobia, per il quale stravedono. Sulla loro tranquillità, però, si scatena una improvvisa bufera. Il papà diventa cieco; la disgrazia è per lo più capitata in un momento difficile: Tobi ha depositato una ingente somma di denaro presso un suo parente, Gabael, che vive presso un lontano paese. Chi potrà ora andare a recuperare i soldi ora che lui non ci vede più? Tobia!!!!
Il papà lo chiama e gli fa un lungo spiegone, una specie di testamento spirituale con cui gli affida il compito di recuperare il “tesoro”della famiglia. Tobia accetta al volo e parte. Il viaggio gli riserva un pacchetto di sorprese insidiose. Le affronta con un coraggio superiore a quello della sua età, perché è motivato al massimo: non può tradire la fiducia del padre. Poi non è solo. Ha una“guardia del corpo” speciale: Raffaele, l’angelo spedito da Dio su richiesta di suo padre.
Passano molti giorni e a casa cominciano a preoccuparsi per il mancato ritorno di Tobia. La mamma Anna è disperata e piange il suo unico figlio, convinta che gli fosse successo qualcosa.
Tobia invece è bloccato nel lontano paese per un felice motivo: ha trovato moglie e sta celebrando la festa di nozze. Su consiglio dell’angelo ha sposato Sara, la graziosa figlia del suo parente. A cerimonia conclusa, gli è stata fatta una proposta allettante: “non tornare a casa resta qui con noi!!!!!Tutti ti stimano e ti rispettano. Rimani sarai ricco e potente”.
Tobia non vuole deludere la famiglia a cui deve tanto: “No, i miei genitori saranno sicuramente in ansia per me!!!!!non posso dare loro questo dispiacere!!!”. E così fa le valige e torna dai suoi. Appena compare sull’uscio di casa la mamma lo soffoca di baci e abbracci. Non poteva farle una regalo più bello. Ma Tobia ha una sorpresa per il papà: gli ha infatti procurato una medicina speciale per guarirlo dalla sua cecità. E’ davvero un ragazzo d’oro: il figlio che tutti vorrebbero avere.

 

 

SPECCHIAMOCI NELLA PAROLA
Onora tuo padre e tua madre, come ti ha ordinato il Signore tuo Dio, perché possa avere lunga vita e possa essere felice nella terra che il Signore tuo Dio ti dona. (Deuteronomio)
Figli, ascoltatemi, sono vostro padre; agite in modo da essere salvati. Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli. Chi onora il padre espia i peccati; chi onora la madre accumula tesori. Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Poiché la pietà verso il padre non sarà dimenticata, ti sarà computata a sconto dei peccati. Nel giorno delle tua tribolazione Dio si ricorderà di te. (Siracide)
Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. Onora tuo padre e tua madre: è questo il primo comandamento associato a una promessa:perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra. E voi padri non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella disciplina del Signore. (Lettera agli Efesini).

 

QUINTO COMANDAMENTO


COSA VUOL DIRE:
“NON UCCIDERE”?

Dal Vangelo secondo Matteo (cap. 5)
Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. (….)
Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; (…)
Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.

 

Dal Catechismo della Chiesa cattolica (compendio).
Il quinto Comandamento proibisce come gravemente contrari alla legge morale:

      • L’omicidio diretto e volontario, e la cooperazione ad esso;
      • L’aborto diretto, voluto come fine e come mezzo, nonché la cooperazione ad esso, pena la scomunica, perché l’essere umano, fin dal suo concepimento, va rispettato e protetto in modo assoluto nella sua integrità;
      • L’eutanasia diretta, che consiste nel mettere fine, con un atto o l’omissione di un’azione dovuta, alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte;
    • Il suicidio e la cooperazione volontaria ad esso, in quanto è un’offesa grave al giusto amore di Dio, di sé e del prossimo; quanto alla responsabilità essa può essere aggravata in ragione dello scandalo o attenuata da particolari disturbi psichici o da gravi timori.

 

Padre, perdona loro, che non sanno quello che fanno:
In nome della fedeltà a Dio, sterminano gl’infedeli;
In nome della sicurezza, seminano paura;
In nome del progresso, ignorano le persone;
In nome dell’efficienza, calpestano i deboli;
In nome del diritto, uccidono la giustizia.

Padre, perdona me che resto inoperoso a guardare
questo spettacolo disgustoso.

 

Amore impossibile…
Ciao, sono un ragazzo disabile. Tetraplegico (ho scoperto da poco cosa significa questa parola, sarà buffo ma saperlo è stato una specie di sollievo;come essermi tolto una soddisfazione, dare senso ad un qualcosa che mi è sempre appartenuta, come appunto questa parola, ma non ne sapevo il significato… boh!), cioè impossibilitato ad usare le braccia e le gambe.
Essere totalmente dipendente da una persona (naturalmente i genitori, ne approfitto
per ringraziare Dio per averli), dipendente in tutto ed esserlo per tutta la vita (a meno che…), anche nelle situazioni più delicate ed intime; vivere una realtà che non
permette riscatto sociale ed opportunità di realizzazione per tanti giovani sani, figuriamoci “noi”; eccetera eccetera… questa è la mia realtà. Ma fin qui tutto bene, con il tempo ci si fa l’abitudine; la pazienza,la sopportazione e la rassegnazione ti rendono invulnerabile e poi c’è la Fede.. Beh, io non so perché mi sono messo a scrivere, ne so dove voglio arrivare. Ecco, forse, ciò che voglio dire è che la sofferenza più grande che si sente è la solitudine.
Io mi sono innamorato più di volta ed il sentimento provato era qualcosa di meraviglioso ed indescrivibile (come penso lo sia per tutti). Credo, ho la presunzione di credere, che la mia capacità di voler bene ad una persona non sia mai stata inferiore a quella di qualsiasi altro. Eppure niente.
Perché si da un cuore ed una mente capaci di sentire ed elaborare questo sentimento
ma si toglie la possibilità di viverlo?
È come essere un uccello che sa come volare, che vede i suoi simili spiccare il volo
ma che, quando ci prova, si accorge di non avere le ali.
Lo so che “si può amare in mille modi ”, che “il Signore ha dato ad ognuno i suoi
talenti da far fruttare ”e che “offrendo la propria sofferenza a Dio si partecipa alla
straordinaria missione di Salvezza Universale ”. A tutto questo ci credo, ci voglio
credere ed è qualcosa che da senso a tutto. Però questo, a volte, non basta. Se guardo gli occhi della ragazza di cui sono innamorato; se la guardo sorridere; se mi soffermo ad osservarla per cercare d’individuare qualche piccola mania, tipo mordersi le labbra o girare e rigirare un anello quando è nervosa; se immagino cosa proverei a passeggiare, zaino in spalla, per le vie di Roma durante le GMG; se immagino di dirle: “…Nella ricchezza e in povertà,nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia….”; se immagino tutto questo ma poi realizzo che è qualcosa di impossibile, allora ecco che mi sento debole e tutta la “Teologia sulla sofferenza ”non basta.
Anche trascorrere le giornate immobile, alternando letto e sedia a rotelle,ma avere
lei per angelo. Mi chiedo se davvero sia meglio amare e soffrire piuttosto che non
amare. Io intanto continuerò ad amarla senza però metterla a disagio (cioè lo farò in
silenzio e col sorriso),continuerò a ringraziare Dio per averla messa “sul mio cammino”.
Benedirò il Signore per ogni istante che soffrirò nella consapevolezza che questo
sentimento non può essere corrisposto.
Amen.
Beh, non so se ho scritto tutto ciò che sentivo, se ho dimenticato qualcosa e se
sono riuscito a farmi capire. Ma non importa, tanto era solo uno sfogo, dei pensieri “a voce alta ”.
Un ’ultima cosa: non voglio dare l ’idea di essere masochista, e di crogiolarmi nella pena. Sorridere credo sia la più bella virtù cristiana. Un sorriso a Tutti.

PENSACI:  

• Che ne pensi di questa “vita”?

• Come ti comporteresti al posto di Omar?

• Quando la vita non è vita?

 

SESTO COMANDAMENTO


COSA VUOL DIRE:
“NON COMMETTERE ATTI IMPURI” ? ? ?

 

Preghiera
Signore Gesù,
che hai creato con amore,
sei nato con amore,
hai servito con amore,
hai operato con amore,
sei stato onorato con amore,
hai sofferto con amore,
sei morto con amore,
sei risorto con amore,
io ti ringrazio per il tuo amore
per me e per il resto del mondo,
e ogni giornoo ti chiedo:
insegna anche a me ad amare.
Amen.
(Madre Teresa di Calcutta)

 

Tutti i giovanissimi, durante l’adolescenza, aspirano a prendersi una cotta quanto prima, anche se amicizie appassionate non nascono per la prima volta in quel periodo ma ci sono da sempre e alcune risalgono magari agli anni dell’infanzia; di solito è alle elementari, per qualcuno all’asilo, che si nota il bambino più bello, gli si sorride, si gioca con lui, si sogna timidamente di averlo accanto. Scrive una bambina di otto anni: “Il primo anno di asilo ho incontrato Robi. Era forte, sorridente, non si ammalava mai. Era anche tanto gentile. Quando arrivavo alla mattina lui c’era già e mi veniva incontro. Sono tre anni che non lo vedo, non so in che scuola è andato. Ma lo amo ancora.”
Nella prima adolescenza le emozioni nei confronti dei ragazzi del sesso opposto si intensificano per fattori di ordine psicofisiologico e sono molto vive anche nei soggetti che non lo manifestano.
Anche gli amori tra coetanei sono però di breve durata. Sono sempre meno frequenti i ragazzi che fanno coppia all’inizio della scuola superiore e arrivano alle soglie dell’Università ancora legati l’uno all’altra; più spesso queste unioni si logorano col tempo; si inizia a crescere insieme, poi ci si ritrova su strade diverse.
L’amore adolescente è spesso caratterizzato da una totale mancanza di fedeltà: la ragazzina per cui si è vissuto qualche mese appassionatamente viene sostituita in breve da un’altra con cui si vivono emozioni altrettanto intense. Il giovane non aspira tanto al possesso fisico dell’altro quanto a rendersi il più simile possibile alla persona amata: egli ne abbraccia le idee, le convinzioni, il modo di vestire, gli atteggiamenti. Si sentono entrambi, per una breve eternità, una persona sola nei confronti del mondo intero e così superano la solitudine e incertezza nei
confronti di quel che sarà il loro futuro.
Ad ogni innamoramento si comportano come se fosse quello vero, grande, definitivo, hanno sete d’assoluto, come se prima la vita non avesse avuto un senso, come se scoprendo l’altro giungessero finalmente a scoprire se stessi. Ognuno adatta il suo comportamento in base a quelle che ritiene possano essere le aspettative e i desideri dell’altro. Nascono i discorsi interminabili con la amiche: “Secondo te lui mi preferisce seria o allegra? É meglio che parli o che stia ad ascoltare?”.
Inizialmente ci si entusiasma di questa comunione continua, poi ci si sente costretti, si allenta o si rompe bruscamente, per ricominciare con un altro una nuova identificazione, un nuovo viaggio alla ricerca di se stessi. L’altro non esiste come persona in sé: l’amore adolescente è un amore giovane e immaturo; il ragazzo cerca nell’altro la conferma delle proprie aspettative, vi proietta i desideri, e i bisogni, vede quello che vorrebbe poter vedere. Ognuno cerca la sua immagine riflessa negli occhi dell’altro. Realtà, desiderio e fantasia si confondono: talvolta, il primo amore eccezionale, cui si ritorna col pensiero tutta la vita, è stato più immaginato che vissuto.

      ♥ All’età di 14 anni parlare di amore è vitale: ma per te di cosa si tratta?
      ♥ Riusciresti a definire l’adulterio?
      ♥ E’ possibile essere adulteri a 14 anni?
      ♥ Ti senti innamorato con la testa fra le nuvole o con i piedi per terra?
      ♥ L’adulterio va punito o perdonato?
      ♥ Ti senti una persona dal cuore limpido?
      ♥ C’è differenza tra amore, sesso ed erotismo?
    ♥ Cosa pensi di chi afferma: “Se una cosa mi va, la faccio”?

 

 

SETTIMO COMANDAMENTO


COSA VUOL DIRE:
“NON RUBARE”?

Il settimo comandamento proibisce di prendere o di tenere ingiustamente i beni del prossimo e di arrecare danno al prossimo nei suoi beni in qualsiasi modo. Esso prescrive la giustizia e la carità nella gestione dei beni materiali e del frutto del lavoro umano. Esige, in vista del bene comune, il rispetto della destinazione universale dei beni e del diritto di proprietà privata. La vita cristiana si sforza di ordinare a Dio e alla carità fraterna i beni di questo mondo.

Preghiera

O Signore,
tu ci hai rivelato che il Padre nostro nei Cieli si prenderà cura di noi, nello stesso modo in cui
si prende cura dei gigli dei campi e degli uccelli
che volano nell’aria; tu che non hai avuto neppure un luogo dove poter riposare e adagiare il tuo capo affaticato, ti prego, insegnaci:
insegnaci ad aver fede nella provvidenza di Dio
e a non confidare nella nostra umana avidità.
L’avidità non ha mai reso felice nessuno.
Fa’ che ci arrendiamo a te rendendoci strumenti della tua volontà. Benedici il denaro che nel mondo è usato così che l’affamato possa essere nutrito, l’ignudo rivestito, il povero preso a cuore, l’ammalato curato.
Signore, donaci il tuo Santo Spirito,
così che, con la fede che tu ci concedi, noi si possa chiaramente sentire di essere per te più preziosi anche del giglio più bello, anche dell’allodola che canta nel cielo. Amen. (Madre Teresa di Calcutta)

I l mondo in cui oggi viviamo è sempre più invaso da persone che cercano di approfittare del prossimo per ottenere sempre più un arricchimento del proprio patrimonio.
Qualche anno fa scoppiò il caso “mani pulite” , inchieste giudiziarie per incastrare politici e portaborse che intascavano tangenti e bustarelle in cambio di un voto oppure di una dichiarazione falsa. La catena di furti più o meno legalizzata si è allargata a macchia d’olio a tutti i livelli; c’è chi “mangia” sugli appalti, chi ruba ai supermercati, chi beffa su gli ingredienti e sul peso dei cibi, chi gonfia i bilanci, chi evade le tasse, chi applica prestiti da usura, chi specula sui salari dei dipendenti, chi sfrutta il lavoro minorile, chi si “accontenta” di “soffiare” il cellulare o l’orologio ad un compagno, chi non restituisce le cose ricevute in prestito, chi toglie la libertà di una persona rendendola sua schiava, chi specula nelle scommesse sportive ecc.
Inoltre (anche se nessuno ci pensa) anche l’inquinamento è un furto a regola d’arte! Oltre a rovinare un capolavoro di Dio, porta via in anticipo porzioni di un mondo migliori a quanti verranno dopo. Per questo dobbiamo tenere gli occhi ancora più aperti innanzitutto per non essere vittime di tutte queste cose ma soprattutto per iniziare a nostra volta a cambiare questa tendenza perché il futuro del mondo è nelle nostre mani e perché sopratutto noi possiamo contare su un aiuto molto ma molto importante: la parola del Signore.
Quindi cerchiamo ogni giorno di bloccare tutti questi scippi passando all’attacco: rispettando le cose, limitando i consumi e gli sprechi.

• Quali sono gli errori che fai e che altri pagano per te?

• Che differenza c’è tra rubare e sciupare?

 

 

Un bimbo orfano era stato affidato alla nonna, che cercava di educalo il meglio possibile.
Diceva:
“Questo tesoro lo voglio crescere bene, nel timore di Dio e nel rispetto degli uomini”.
Ma scoprì un giorno che il nipotino rubava. Lo sgridò con dolcezza. Il nipotino però continuò a rubare. Lo minacciò con tutto il suo cuore saggio di nonna. Inutilmente.
Un giorno si decise. Dopo un nuovo furtarello, afferrò il nipotino per un braccio, se lo trascinò vicino al focolare, prese il ferro attizzatoio, lo arroventò per bene e gridò:
“Ora, con questo ferro rovente ti trapasso le mani ladre, cosí non ruberai piú!”
Poi, con gesto deciso, davanti al bambino terrorizzato, con il ferro rovente si trapassò la propria mano. Ora il bambino non ruba piú: con quello che ha visto, ha capito e piuttosto di rubare si farebbe bruciare le mani!

 

OTTAVO COMANDAMENTO 

C’è qualcuno, tra i tuoi conoscenti, di cui ti fidi ciecamente? Saresti disposto a mettere la mano sul fuoco sul fatto che non ti ha mai detto una bugia?

Tu ne dici spesso? Per quale motivo?

Se scopri che un tuo amico ti ha mentito, come ti comporti? Riesci a conservare la fiducia nei suoi confronti?

È sempre un bene dire la verità? Esistono situazioni in cui una piccola bugia è preferibile a una sgradevole verità? Con chi? In quali occasioni?

Gesù ha detto “sia il vostro parlare sì, sì; no, no” (Matteo 5,37), egli ha voluto seguire la Verità fino all’ultimo ed è stato crocifisso per questo. Ti sembra un “modello” attuale per il mondo d’oggi? Come verrebbe giudicato chi decidesse di seguire le sue orme?

 


COSA VUOL DIRE:
“NON DIRE FALSA TESTIMONIANZA”?

Nel discorso della montagna, invita i discepoli ad essere sinceri: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt. 5,37).

– Incontra persona oneste, come Natanaele, e ne fa i complimenti: “Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: < non c’è falsità>>” (Gv. 1,47).
– Non si oppone alle false affermazioni fatte contro di lui: “Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano” (Mc. 14,55).
– Non tenta di salvarsi in extremis con false dichiarazioni davanti a giudici pagati, anche se sa che ci rimetterà la vita: “Allora tutti esclamarono: < >. Ed egli disse loro: < >” (Lc. 22,70).

“ La verità prima con noi stessi e poi con gli altri. La verità porta l’uomo verso la completezza. L’uomo è completo, quindi è nell’armonia, perciò nella gioia quando è sincero dentro il suo cuore, cioè quando ama davvero.
La vita è verità. La gioia è verità.
L’amore è verità. La verità è una necessità per la vita: non vive l’anima che tradisce se stessa, che fa menzogna a se stessa. Chi non ricerca la verità, resta nell’amarezza, cioè nel dolore e nel buio: anche se ride o sghignazza è un infelice che non smette mai di piangere.”
(A.Seghezzi, Scritti editi)

Tutta la verità, soltanto la verità, nient’altro che la verità
Non è un caso che Pinocchio sia nato in Italia: ancora oggi sono parecchi i suoi ammiratori e soprattutto imitatori.
Dai giornalisti che vendono le notizie secondo il taglio imposto dal proprietario del giornale; ai politici che fanno promesse smentite dai fatti; ai pubblicitari che decantano le virtù di un prodotto tacendone i limiti; gli studenti che inventano scuse assurde per evitare l’interrogazione.
Per convenienza o per paura si ricorre facilmente alle falsità. E’ certamente più comodo e più facile rifugiarsi dietro una bugia o una mezza verità piuttosto che assumersi le proprie responsabilità. Con un grave rischio: le mezze-verità equivalgono a mezze menzogne e lavorano come i tarli. Una volta entrati nel legno, lo rosicchiano lentamente, fino ad opera conclusa.
Bugia dopo bugia si diventa persone false. E si perde la fiducia degli altri.

LETTERA DI UN GENITORE

Che avvilimento.

ieri mattina abbiamo scoperto che Claudia sono due mesi che, sistematicamente, ci prende in giro. Sono due mesi che chiama i suoi amici dal fisso di casa ai loro cellulari, quando sa benissimo che non deve farlo.
Mi fa anche male scriverne. Chiamate a tutte le ore, anche con noi in casa, di varia lunghezza, più e più volte anche alla stessa persona nella stessa giornata.
Sfido che quando il mese scorso le abbiamo tolto il cellulare per una settimana era così serena. E’ matura, pensavo io, guarda com’è cresciuta, come prende bene la cosa. Ma che… Chiamava dal fisso di casa.
Non avevo voluto bloccarlo, perché mi fidavo. Anche quando ho visto il tabulato, non ci potevo credere, e ho confrontato i numeri, perché volevo disperatamente che fossero telefonate nostre, fatte per errore dal fisso, invece che dai cellulari come in genere facciamo. No. TUTTE sue.
Sto malissimo…
Le abbiamo parlato, prima sull’onda della collera, poi di nuovo, da calmi, e poi di nuovo ancora, sempre più calmi. Sembra capire, certo, ma quello che le brucia è la punizione, non il fatto che io le dica che non le credo più.
Piange perché non farà il suo saggio di danza, quest’anno, e anzi non farà danza in assoluto, perché tanto alla scuola preparano il saggio. Ma il fatto che mio marito sia così addolorato da non riuscire a parlarci non la tocca proprio. Lui, che è sempre stato il suo principale sostenitore, è ferito anche più di me.
Io, in fondo, l’ho sempre saputo. E’ da quando era piccola che è bugiarda e imbroglia. Certo, da piccoli è un gioco, poi diventa “dimostrazione di fantasia”. Ora cos’è? Eppure fiducia gliene abbiamo data, e tanta.
Stasera mi sono riletta le pagine di “Adolescenti terribili” dedicate alle bugie e a quando vengono scoperte.
Il mio comportamento è da manuale. Sono decisa, ma affettuosa (e quant’è difficile dimostrare amore, quando non hai più fiducia…). La reazione è dura, l’abbiamo colpita in qualcosa a cui tiene perché deve capire quanto per noi è importante. Ma una vocina mi dice che è tutto inutile.
E io mi sento male, e ho le lacrime giusto giusto dietro agli occhi, pronte a venire giù. E non certo per il saggio di danza..…

• Cosa ti senti di dire a Laura?
• E’ un problema di tutti i genitori?
• Esistono bugie buone e/o cattive?

PREGHIAMO: VERO O FINTO 
Non so come mai, Signore, ma intorno a me c’è tanta finzione.
C’è chi mi chiama “amico/a” e sparisce, chi mi definisce “bravo/a” e sparla,
e chi mi sussurra “simpatico/a” e trova in me mille difetti.
C’è gente che fa di tutto pur di apparire, per essere diversa e “più” degli altri.
Signore, aiutami a non apparire soltanto ma ad “essere” veramente di “più”, “più” vero/a: perché conosco il dolore che si prova quando mi offendono; “più” forte: quando mentendo uccidono la fiducia che ho dentro.
Fammi essere “più” amico/a uno/a che si fa trovare quando lo chiamano,
“più” figlio/a in casa quando non c’è solo da prendere, ma anche da donare presenza e tempo; “più” attento/a al gruppo quando gli altri inventano scuse per defilarsi.
Fammi “più” vero/a anche con te, poiché questa preghiera non sia solo finzione.

 

NONO COMANDAMENTO


COSA VUOL DIRE:
“NON DESIDERARE LA DONNA D’ALTRI”?

Ecco la risposta comparsa di fra Simplicio
Cara Maria, è giusto che tu capisca che il ragazzo che ti piace ha la libertà di scegliere di stare con le ragazze che a lui piacciono e che lui ritiene carine..che tu sia più o meno bella di loro evidentemente poco importa agli occhi di questo ragazzo..perché, allora, non puntare su altre qualità che ti appartengono? Perché non provare a farsi notare da questo tipetto mettendo in gioco la tua simpatia, spontaneità e magari un tuo dolce sorriso?
Avvicinati a lui e fatti conoscere ed apprezzare per ciò che hai dentro e non semplicemente per il tuo bel visetto o il vestitino carino! Bando alla disperazione e..dai il vero meglio di te!
Un abbraccio Fra Simplicio, 01/07/2006

 

SPECCHIAMOCI NELLA PAROLA

(…) La moglie di Uria, saputo che Uria suo marito era morto, fece il lamento per il suo signore. Passati i giorni del lutto, Davide la mandò a prendere e l’accolse nella sua casa. Essa diventò sua moglie e gli partorì un figlio. Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore.
Il Signore mandò il profeta Natan da Davide e Natan andò da lui e gli disse: “Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero; ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia.
Un ospite di passaggio arrivò dall’uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, per preparare una vivanda al viaggiatore che era capitato da lui portò via la pecora di quell’uomo povero e ne preparò una vivanda per l’ospite venuto da lui”. Allora l’ira di Davide si scatenò contro quell’uomo e disse a Natan: “Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte. Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà”.
Allora Natan disse a Davide: “Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: (…) Perché dunque hai disprezzato la parola del Signore, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai colpito di spada Uria l’Hittita, hai preso in moglie la moglie sua e lo hai ucciso con la spada degli Ammoniti.
Ebbene, la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, poiché tu mi hai disprezzato e hai preso in moglie la moglie di Uria l’Hittita. (Cfr. 2Sam 11-12)

Caro fra Simplicio, c’è un raga ke mi piace molto xò lui si mette cn le meno carine e qst a me da fastidio xke le mie amike dicono ke io sn molto + carina delle altre raga…..e lui nn mi considera nemmeno un pokino……cm posso fare?? Ti prego sn disperata!!!!!grazie anticipato
Maria, 11 anni

• Cosa cerchi nel ragazzo/a dei tuoi sogni?

• La fedeltà per tutta la vita è una cosa bella o una masochistica imposizione?
• Perché Dio ci vieta di desiderare ciò che ci piace?

La Bibbia dice che i due saranno un solo essere vivente. L’uno deve
vivere per l’altro, per sempre e a tutti i livelli. E’ l’impegno più difficile: la fedeltà: il problema non coinvolge soltanto gli adulti smaliziati, ma anche i ragazzi alle prese con la prima cotta. Un momento delicato in cui sembra che il cervello e la coscienza vadano … “in vacanza”, e lasciano il campo libero ad un cuore che sembra diventato .. un po’ pazzo, matto.
La situazione si complica quando l’oggetto del desiderio è già appaltato da chi è arrivato prima. Scatta allora il piano di portare via al concorrente la preda, seguendo gli scriteriati consigli delle miniguide delle riviste che inneggiano “100 tattiche infallibili per conquistarlo\la”. Oppure ci si lascia suggestionare dalle pubblicità e dal mito dei divi dello spettacolo, dello sport, e da tutti quelli che con il denaro acquistano tutto, persone comprese.
Tutta la pubblicità provoca l’acquolina in bocca quando presenta una merendina, una moto, un orologio. Il motivo dominante nella maggioranza dei “consigli per gli acquisti” è la donna\uomo: la sua immagine fa vendere bene perché stuzzica l’immaginario maschile\femminile. Poco importa poi se viene usato come oggetto piuttosto che come persona.
Dobbiamo fare molta attenzione perché in ogni momento siamo bombardati da queste pubblicità che ci fanno cadere in tentazione.
Quando siamo tentati da tutti questi desideri dobbiamo essere bravi a fare una distinzione perché c’è desiderio e desiderio. Quello naturale che riguarda la realizzazione di alcune esigenze fondamentali: mangiare, bere, conoscere, amare… E il desiderio “esagerato” che diventa cupidigia, bramosia: mettere gli occhi su un ragazzo\ragazza come si farebbe con un maxi panino alla nutella da divorare ingordamente.
La vera fedeltà consiste nel nutrire l’amore e nel farlo crescere ogni giorno. Una persona porta con se infinite ricchezze che solo l’amore riesce a far vedere. La fedeltà richiede pure il perdono che è la più alta forma del continuare ad amare. La fedeltà è quindi un diritto da esigere quanto un dovere che ci spinge a dare il meglio di noi stessi.
Proprio per la difficoltà di questi aspetti, il rapporto di coppia ha bisogno di essere sostenuto dalla forza del Signore.

 

DECIMO COMANDAMENTO


COSA VUOL DIRE:
“NON DESIDERARE LA ROBA D’ALTRI”?

NON INVIDIARE LE COSE DEGLI ALTRI

La cosa strana ebbe inizio una mattina di sole. Massimo arrivò sul portone della scuola cinque minuti prima del solito. Voleva evitare l’incontro con Mario e Beppe, che da un po’ di tempo lo perseguitavano con i loro scherzi stupidi. Ma i due erano già là. Massimo vide i «bomber» blu scuro acquattati dietro lo stipite del portone.
Istintivamente si accostò al muro preparandosi al peggio. Così, con enorme stupore, vide che la sua ombra, alta e affilata a quell’ora del mattino, non si rannicchiava affatto come lui. Con una chiara aria di sfida aveva sbottonato la giacca a vento e tendeva i pugni con aria battagliera.
Appena svoltato l’angolo, l’ombra di Massimo sferrò due pugni poderosi sul naso di Mario e su un occhio di Beppe, che presi di sorpresa, reagirono alla loro maniera: mettendo in scena un piagnisteo colossale.
«Aiuto! Ho il naso rotto», strillava Mario, sbandierando un fazzoletto sporco di sangue e residui vari. «Professoressa, Massimo mi ha accecato!», gridava Beppe. «Ci ha presi a tradimento», sbraitavano all’unisono. Si era formato un capannello di ragazzi e professori. Tutti guardavano Massimo sprofondato nel piumino verde.
«Non me lo sarei aspettato da te, Massimo», disse severamente la professoressa Ambrosio, fulminandolo con lo sguardo. «Non sono stato io…», pigolò Massimo, è stata la mia ombra». Tutti scoppiarono a ridere. Massimo, più confuso che mai, intravide che anche la sua ombra, che si delineava appena sul muro, si teneva la pancia con le mani e rideva a crepapelle.
Mezz’ora dopo, Massimo, ancora mortificato, seguiva con sufficiente attenzione la lezione della Professoressa Bianchi. Un raggio di sole proveniente dalla finestra proiettò la sua ombra sul muro e Massimo vide chiaramente che… «Oh no! Fermati!», sospirò rivolto alla sua ombra. Ma quella aveva già innescato un micidiale rotolino di carta sull’elastico che teneva con due dita, come una fionda. Il proiettile partì e colpì il tenero orecchio di Wilma, la secchiona della classe.
L’urlo di Wilma paralizzò la classe per un attimo, poi si scatenò un pandemonio. Invano la professoressa tentava di placare il trambusto: le sue minacce aumentavano la confusione. Ma su tutto, chiarissimo, si udì l’accusa di Enrico, l’amico del cuore di Wilma: «È stato Massimo! L’ho visto io! ». «Non è vero», si difese, «è stata…». Si morse le labbra: anche stavolta non l’avrebbe creduto nessuno.
«Spiegaci perché hai in mano quel grazioso elastico, allora», ironizzò l’antipatica professoressa Bianchi.
Preso di sorpresa, Massimo guardò le sue mani, come fecero tutti. Ben attaccato all’indice e al pollice della mano destra c’era un elastico rosso. «Ma…». Il povero Massimo chinò la testa. «Portami il diario», continuò implacabile la professoressa. «Ti farò passare la voglia di provarci un’altra volta». Quando tornò al suo posto. Massimo vide chiaramente sul muro la sua ombra che gli faceva ampi sberleffi.
Il peggio arrivò alla terza ora. Durante il compito in classe di matematica, l’ombra di Massimo copiò sfacciatamente dal compito di Riccardo, il suo vicino di banco. Alla terza espressione, Riccardo scrisse: «Questa non mi viene». L’ombra di Massimo lo «costrinse» a scrivere: «Neanche a me».
Il professore era più rosso di Massimo, quando partì la sgridata finale che terminò con un sonoro: «Non mi faccio prendere in giro, io! Te la vedrai con il preside».
Il ritorno a casa non fu molto più tranquillo. L’ombra di Massimo gli fece attraversare la strada solo con il semaforo rosso, urtò un’anziana signora e alle sue rimostranze rispose con una parolaccia, che Massimo non credeva di riuscire a pronunciare.
Nel pomeriggio tentò invano di studiare. Ogni volta che apriva un libro di scuola, puntuale arrivava l’incredibile vocina dell’ombra che insinuava: «Ma dai, basta con questa pizza infinita! Perché non ci ascoltiamo quel compact degli 883 che ci piace tanto?».
Poi fu la volta di un film su una televisione privata e un paio di vecchi fumetti. All’ora di cena, in Massimo si mescolavano rabbia e rimorsi vari.
Solo l’ombra ridacchiava soddisfatta. A tavola, per fortuna, Evelina, la sorellina di sei anni, era più ciarliera del solito e saltava da un argomento all’altro con la sua vocina allegra, come una cinciallegra in un cespuglio di more.
«Papà, perché si dice “luna piena”? Piena di cosa?… Mamma, come fanno le api a mettere il miele nei barattoli?… Papà, tu dici che non devo prendere caramelle dagli sconosciuti, ma i gelati, sì, vero?».
Papà teneva d’occhio anche Massimo, stranamente silenzioso. E fatalmente la domanda arrivò: «Allora, com’è andata la scuola, oggi?». Di solito Massimo raccontava un po’ di quello che gli era capitato. Non tutto, ma quanto bastava per tranquillizzare mamma e papà. Quella sera invece, la vocetta dell’ombra, quella vocetta che ormai conosceva bene, gli insinuò beffarda: «Avanti, tocca a te, fai il tuo show, pappagallo ammaestrato!».
Massimo buttò il tovagliolo sul piatto e picchiò il pugno sul tavolo. «Uffa! Ne ho abbastanza di questi interrogatori di terzo grado! Perché non continuate ad ascoltare la scimmietta e mi lasciate in pace?».
«Massimo», disse la mamma sorpresa, con un lampo di tristezza negli occhi, che lo fece arrabbiare ancora di più. Il papà lo fissò con aria corrucciata. Evelina cominciò a singhiozzare nel pure. «Vai in camera tua, Massimo», gli intimò il papà serio serio. «Quando ti sarà passata ne riparleremo».
Massimo si buttò sul letto in camera sua. Si sentiva confuso, ma sul muro, la sua ombra, proiettata dall’abat-jour, saltellava impudente gridando: «Siamo liberi! Nessuno ci mette il piede sul collo! Siamo grandi, ormai!». Il giorno dopo cominciò all’insegna della vergogna. Evelina, più imbronciata che mai, sulla porta del bagno, lo apostrofò con decisione: «Con te, non ci parlo più!». La mamma firmò la nota del diario, senza dire niente. Toccava a lui fare il primo passo, ma non sapeva da che parte incominciare. Quando uscì di casa, la sua ombra, per non smentirsi, sbatté rumorosamente la porta.
«Sei la mia rovina!», brontolò Massimo. L’ombra gli fece «marameo».
Aveva due ore «buche» e decise di fare un giro per il quartiere. Quando passò davanti all’UPIM, Massimo vide che la sua ombra entrava. Preoccupato, la seguì (anche se di solito succede il contrario). L’ombra buttò all’aria due scaffali di calze e biancheria, poi, furtivamente, si impadronì di una fascia fermasudore e si avviò tranquillamente all’uscita. Questa volta, Massimo la fermò. «Posalo! ». «Non fare il bambino! Lo fanno tutti!». «No, non voglio!».
Stava lottando con la sua ombra, quando arrivò una commessa. «Ehi, che cosa fai?». «Niente, lo riporto indietro, perché non mi va bene», rispose Massimo. «Dallo a me», disse sgarbata la commessa. Massimo uscì dal grande magazzino, ancora più mortificato.
Si lasciò andare su una panchina dei giardini. E si prese la testa fra le mani.
«Che devo fare?».
Un vecchietto, seduto sulla panchina accanto a lui, alzò la testa dal giornale che stava leggendo e gli chiese con garbo: «Che cosa ti succede?». Era simpatico, aveva i capelli candidi e gli occhiali cerchiati d’oro. Lo guardava con aria comprensiva. E Massimo, che aveva tanta voglia di sfogarsi con qualcuno, raccontò tutto. «Non c’è niente di strano», disse alla fine il vecchietto. «Tutti abbiamo un’ombra da controllare». «Tutti?». Massimo era sbalordito. «Certo. E molti impiegano tutta la vita per riuscirci». «Lei, come fa?».
«Beh, io faccio così: ogni volta che mi accorgo che la mia ombra sta per combinarne una delle sue, mi fermo e conto mentalmente fino a cinque. Così l’ombra è obbligata a stare attaccata a me». «Voglio provarci anch’io!», decise Massimo e si alzò. «Buona fortuna, figliolo!», disse il vecchietto, e riprese a leggere il giornale.

 

A) Ti senti più generoso verso gli altri o più invidioso???

      B) Qual è il genere di cose che ti capita più spesso d’invidiare? (vestiti, oggetti tecnologici, attrezzi sportivi, altro)
      C) Hai mai desiderato una maglia, un telefonino, un oggetto di un tuo amico/a e se sì qual è stata la tua prima tentazione??
    D) Se ti si presentasse questo problema: un tuo amico non ama più il suo vestito firmato, alla moda e decide di darlo a te…tu cosa faresti? Lo accetti di sana pianta oppure rifletti e magari pensi di darlo a qualcuno che ne ha veramente bisogno???

PREGHIERA
Sono giorni Signore,che ripeto, come una canzone:

VORREI, VORREI … VORREI le scarpe firmate di Giorgio,
vorrei il telefonino di Elia,
vorrei la piscina di Luca,
vorrei la macchina del papà di Matteo

Questa mattina mi sono vergognato
degli infiniti vorrei che ho in testa quando il mio compagno Giovanni mi ha bloccato dicendo in classe: vorrei la pace per il mio paese..
Ho capito quanto sono piccoli i miei desideri di fronte agli altri
VORREI che farebbero felice non solo me ma anche tanti altri ragazzi.
VORREI allora offrire la mia pace,correi dare il pane che ho in tavola,
VORREI regalare una casa come la mia, vorrei rendere felice
qualcuno come me …
VORREI diventare più generoso non a parole ma con semplici gesti,
VORREI non perdere tempo ad invidiare e impegnarmi un po’ di
più a dare.
Oggi ho capito che se invidio qualcuno,sono tanti quelli che invidiano
me per quello che ho. Sarei più felice se mi invidiassero per quello che sono!!