La Parrocchia e Tu

LA PARROCCHIA CHI L’HA INVENTATA?

Sicuramente tante volte ti sei chiesto: “Chi ha inventato la parrocchia? Gesù, o i preti?”

Si può affermare che a “inventarla” sia stato proprio Gesù, che, fin dall’inizio della sua avventura terrena, si è circondato di un gruppo che stava e si muoveva sempre con lui: i dodici apostoli e i discepoli.

Gesù, naturalmente, non ha “inventato” la parrocchia così com’è adesso, con il campanile, il parroco, la messa, il catechismo, l’oratorio… ma ciò che è fondamentale per una parrocchia: persone unite dalle stesse convinzioni, dagli stessi sentimenti, dagli stessi impegni.

Gli apostoli avevano capito bene la lezione di Gesù; infatti, dopo la sua morte, essi formarono a Gerusalemme una comunità caratterizzata da quattro elementi che non possono mancare in nessuna parrocchia che voglia veramente essere tale. Ce li descrive il libro degli Atti degli Apostoli, libro che racconta i fatti avvenuti dopo la morte di Gesù. Eccoli: l’insegnamento degli apostoli (in altre parole la conoscenza della Bibbia), la frazione del pane (in pratica la Messa), la comunione dei beni (in altre parole sentire gli altri come parte di una stessa famiglia), le preghiere comuni (cioè momenti in cui si prendono decisioni dopo aver discusso, dopo essersi confrontati e dopo aver pregato lo Spirito Santo) (Cfr. Atti 2,42).

Pochissimi anni dopo, in Antiochia, dove per la prima volta i discepoli di Gesù furono chiamati cristiani (Atti 11,26), la “parrocchia” introdusse e stabilì un altro elemento fondamentale: la diversità come ricchezza. In quella “parrocchia” c’erano Barnaba, un levita (quasi un prete) di Cipro, Simeone soprannominato Niger (un extracomunitario), Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d’infanzia d’Erode tetrarca (ricco e nobile) e Saulo (ebreo ma cittadino romano) (Atti 13,1). Questo perché i cristiani, non senza fatica, avevano capito che ogni diversità è un riflesso dell’infinita ricchezza di Dio, che nessuno e niente può pretendere di possedere del tutto.

COME SI E’ SVILUPPATA?

La parrocchia così come la conosciamo noi è sorta abbastanza tardi. Quando ormai il cristianesimo si era diffuso nelle grandi città dell’Impero Romano, i cristiani sentirono l’esigenza di portare la fede nei villaggi.

Dalle città partivano gruppi di missionari, in genere guidati da un prete (il presbitero) o da un diacono, per andare nelle campagne a diffondere la fede. Essi fondavano piccole comunità provvisorie (le parrocchie), dalle quali, quando la fede si era radicata, altre persone partivano per andare in altre zone ad annunciare il messaggio di Gesù.

Quando si ritenne che il cristianesimo fosse accettato da tutti, anche dai barbari, la parrocchia cambiò fisionomia: divenne una struttura stabile, con un prete incaricato dal vescovo di celebrare la messa e i sacramenti, di istruire i fedeli nella dottrina e nella morale cristiana. Poiché ormai si riteneva che l’intera società fosse cristiana, perché tutti erano battezzati fin da bambini, la parrocchia perse la dimensione originale di una comunità cristiana che va ad annunciare il vangelo a chi non lo conosce, per diventare il luogo dove i cristiani sono curati dal “curato”, dal prete.

 

LA PARROCCHIA OGGI

Oggi, la nostra società non è più cristiana. Anche i ciechi lo vedono! Anche se quasi tutti ancora sono battezzati da bambini, si nasce e si cresce tutt’altro che cristiani. Le idee che riempiono la testa della gente, a cominciare proprio dai bambini, non sono quelle di Gesù, ma quelle dei programmi televisivi, dei cantanti, dei vip, della pubblicità: beati i ricchi, i giovani, i sani, i belli, i potenti, i vincenti. Idee belle, suggestive, seducenti… A chi non piace essere ricco, giovane, bello, di successo, vincente?

Idee che però, poi, nella pratica, scatenano meccanismi di egoismo, di disinteresse, di carrierismo, di prepotenza, di violenza, di corruzione… che fanno esclamare a tanti: “Non ci sono più i valori di una volta!”. Cioè i valori cristiani: la generosità, la solidarietà, la comprensione, l’attenzione verso i più deboli, il perdono… il vangelo, insomma.

Ecco il compito della parrocchia oggi: riproporre il vangelo a tutti coloro che non lo conoscono più. La parrocchia, con l’impegno di tutti, sacerdoti e laici, deve tornare a essere una comunità missionaria che ripropone la fede, nelle campagne come nelle grandi città, nei quartieri del centro come nelle periferie. La parrocchia, oggi, non può continuare a curare una fede che non c’è. Deve darsi da fare per seminare la parola di Dio affinché la fede rinasca. Non può essere più il campanile che chiama la gente e aspetta che venga. Deve uscire per andare dove la gente vive, lavora, si diverte.

 

MA CHI È LA PARROCCHIA?

Tu stai pensando: “Bella questa parrocchia che va in giro a predicare il vangelo. Ma chi è che va in giro a predicare? lo certamente no. Come faccio, io, ad andare in giro a predicare il vangelo? lo ho una famiglia, io ho un lavoro. Mica mi dà da mangiare la parrocchia! Ci andrà il prete a predicare il vangelo”.

Non è così! Intanto il prete, lo sai benissimo, non può andare in tutti gli ambienti: i condomini, le fabbriche, gli uffici, le piazze, gli stadi, i pub, le discoteche, i luoghi di villeggiatura, gli ospedali… Poi, la parrocchia non è il prete.   La parrocchia è formata da tutti coloro che credono nel vangelo, e che desiderano che esso sia accolto da tutti per una vita basata sulla solidarietà, sulla generosità, sull’attenzione agli altri, sulla pace, sul perdono… su tutti quei valori che rendono più bella, vera, costruttiva la vita. Il vangelo può diventare vita soltanto se i cristiani lo diffondono là dove vivono e operano. No, non pensare che tu debba metterti a predicare come fa il prete in chiesa.  Tu puoi predicare il vangelo dove vivi e lavori dicendo la parola giusta al momento giusto, dando un buon consiglio quando occorre, esprimendo il tuo parere ispirato al messaggio di Gesù durante le discussioni, mettendoti contro la maggioranza quando questa è contraria al comandamento dell’amore. In altre parole, tu puoi predicare il vangelo diffondendo le convinzioni, gli atteggiamenti e sentimenti di Gesù: la simpatia per i più deboli, la vicinanza agli umili, l’esigenza di giustizia, la fiducia in Dio. Essere parrocchia non significa lasciare la famiglia, il lavoro, gli amici, o rinunciare al tempo libero per andare ad aiutare il parroco. Vuoi dire portare i valori del vangelo là dove vivi e lavori. Vuoi dire essere dovunque… come il sale che porta sapore solo se non rimane nella scatola ma è messo nella pentola, o come la lampada che fa luce solo se non rimane chiusa in un armadio ma viene posta al centro della stanza. La pentola e la stanza sono la vita di ogni giorno.

Ricorda! Gesù, lasciando la terra, ha dato ai suoi discepoli – ai cristiani – quest’impegno: “Andate e annunciate il Vangelo a tutte le creature” (Marco 16,15).

 

LA PARROCCHIA NON E UN… CONVENTO

Non si può vivere all’interno delle mura parrocchiali, non ci si può chiudere là dentro. La parrocchia è come la stazione di servizio sull’autostrada, è il luogo dove si fa rifornimento di benzina per poi ripartire e riprendere la strada. La parrocchia è il luogo dove ci si ricarica. Quali le pompe della benzina, gli strumenti della ricarica? L’ascolto della parola del Signore: approfondimento e comprensione della Bibbia; l’amicizia, la fraternità, la collaborazione con gli altri cristiani con i quali ci s’incontra, ci si consiglia, ci s’incoraggia, si scambiano esperienze, ci si aiuta (questo significa mettere in comunione i propri beni come facevano i primi cristiani); l’eucaristia, la messa: la benzina super che è il corpo e sangue di Gesù; la preghiera comune, che non è solo il rosario o i salmi, ma il prendere le decisioni invocando lo Spirito Santo.

Il vero parrocchiano non è quello che sta sempre in parrocchia, ma quello che, fatto il rifornimento, diventa parrocchia in casa, nel lavoro, con gli amici, al mare d’estate, in montagna, d’inverno, al bar… diffondendo il pensiero, i sentimenti e gli atteggiamenti di Gesù sulla vita. Il Vangelo appunto!

Il vero parrocchiano è colui che, fatto il pieno, ritorna sulle strade della vita per dare buoni consigli, creare pace tra le persone, ripudiare la violenza in ogni sua forma, invitare a scoprire il senso vero della vita, e dare il giusto peso alla famiglia, alla carriera, al denaro.

È colui che, con l’aiuto del Signore, ascolta gli altri, diffonde la simpatia e

l’attenzione per i più deboli, ricorda a tutti che la terra appartiene a Dio, e non può essere monopolio di pochissimi che lasciano gli altri nella fame e nella miseria per poi lamentarsi che… vengono a disturbare.

Il vero parrocchiano è colui che, fatto rifornimento, riparte a tutto gas per diffondere la convinzione che, se vogliamo vivere bene, è necessario mettere in pratica le parole di Gesù: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro” (Matteo 7,12).

 

BENZINA E MOTORE DELLA PARROCCHIA

La messa della domenica non è solo la benzina super della parrocchia, in realtà n’è anche il motore. Cioè, senza la messa non si va da nessuna parte. Calma! So che hai qualche dubbio in proposito. So che tanti dicono: “lo a messa non ci vado, ma sono onesto, leale, generoso, faccio del bene lo stesso. A che mi serve la messa?” Prima stammi a sentire, poi ti rispondo. La messa non è un dovere, non è fare un regalo a Dio, per accontentarlo, o per tenerlo buono. La Messa non è nemmeno una preghiera per i defunti, o, peggio, un modo per farsi vedere dai parenti. E’ il dono che ci fa il Signore: “Questo pane è il mio corpo dato per voi, questo vino è il mio sangue dato per voi” (Matteo 26,26-28).

Noi, allora, andando a messa, andiamo a prendere un dono, non a pagare Una tassa. Comprendere questo è molto importante, perché, se andiamo a messa con l’idea di compiere un dovere, avremo il volto triste di chi va a pagare le tasse, cercheremo di arrivare il più tardi possibile e di sbrigarcela prima possibile. Se, invece, sappiamo di andare a ricevere un dono, andremo con il cuore contento, allegri, senza stare a contare i minuti sull’orologio. La messa è per noi l’incontro dei discepoli di Emmaus con Gesù risorto. Questi, partiti da Gerusalemme scoraggiati e tristi, convinti che ormai l’avventura di Gesù fosse definitivamente chiusa, lo incontrano senza riconoscerlo. Egli si accosta e cammina con loro, spiega il senso di quello che è successo a Gerusalemme, e spezza per loro il pane. In questo gesto dello spezzare il pane (così era chiamata la messa anticamente) i due lo riconoscono e ricevono una carica incredibile, tanto che, partiti stanchi e sfiduciati da Gerusalemme, adesso vi ritornano di corsa, dicendo: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Luca 24,32).

Ecco, ogni cristiano dovrebbe uscire dalla chiesa sentendo il suo cuore ardere d’amore per il desiderio di ricominciare a vivere la fede nella vita di ogni giorno. Ma c’è bisogno di andare a ricaricare le batterie ogni settimana? E sì, perché la vita è difficile, spesso dura, e basta meno di una settimana per metterci con il cuore a terra e il volto triste come i due discepoli di Emmaus.

Certo, per essere una ricarica, la messa deve fare ardere il cuore anche come celebrazione. Invece a volte è stanca, ripetitiva, monotona, con la predica lunga e qualche volta incomprensibile e i canti lenti e noiosi… Su questo bisogna” essere veramente “parrocchia”, cioè comunità dove, proprio perché ci si vuole bene, ci si critica e ci si stimola. A vicenda. Nessuno escluso, nemmeno il parroco. E se il parroco, magari perché ha cominciato a dire messa tanti anni fa in latino e girato verso il muro, non si preoccupa di fare una celebrazione viva e partecipata, bisogna dirglielo, stimolarlo, aiutarlo.

Tu forse stai pensando: “E’ un sogno!

Una parrocchia così è un sogno. La mia parrocchia non rassomiglia per niente a questa”. E’ vero, forse nessuna parrocchia è esattamente come quella di cui ti sto parlando. Però in tutte le cose, soprattutto in quelle che riguardano la fede, non bisogna mai rinunciare ai sogni, e bisogna fare in modo che la realtà si avvicini ai sogni. Questo vale anche per la parrocchia che, in un mondo cambiato profondamente e velocemente come mai prima negli ultimi cinquant’anni, sta cambiando e deve cambiare ancora. Guarda bene! Anche la tua parrocchia è molto diversa da come era qualche anno fa. Girando l’Italia, ti posso assicurare che il sogno si sta già realizzando. Ma lo sai anche tu. In tanti quartieri, in tanti paesi, se non ci fosse la parrocchia… La gente, soprattutto quella semplice che non può andare ai Carabi e sulla Costa Smeralda, dove si ritroverebbe? Dove avrebbe modo di conoscersi, di fare festa, di celebrare i momenti lieti e tristi della vita? Pensaci bene! Se nel

tuo paese non ci fosse più la parrocchia, sarebbe meglio o peggio?

“E la questione dell’essere buoni senza la messa?”

Certo che si può essere buoni senza la

messa. Ci mancherebbe altro! Ma Gesù, ai suoi discepoli, non chiede soltanto di essere buoni. Chiede di amare tutti, anche i nemici, come lui ci ha amato, fino a sacrificare la vita per noi. Pensi che si possa amare così senza un rifornimento di… benzina super?

Occhio, poi, la benzina super porta con sé tutta una serie di rifornimenti aggiuntivi: gli altri sacramenti che scaturiscono dall’eucaristia e riportano all’eucaristia, in modo particolare il sacramento della riconciliazione (la confessione) che dona la grazia particolare di ricominciare continuamente il cammino del bene indebolito dai peccati, dagli errori, dalle debolezze.

Poi c’è la preghiera comunitaria che stimola e educa la preghiera personale, cioè il telefonino sempre aperto con il Signore, il dialogo continuo con lui: l’olio nel motore, senza il quale gli ingranaggi saltano e tutto si ferma.

 

LA PARROCCHIA CASA DI TUTTI

Ma la parrocchia non è solo la messa. È la casa di tutti. Non è una bella frase. Pensaci! E’ la realtà.

La parrocchia accetta chi va a messa tutte le domeniche, chi ci va una volta al mese, chi ci va solo a Pasqua, a Natale, a Ferragosto o il giorno dei Santi. La parrocchia accetta chi partecipa al funerale dell’amico anche se non va mai in chiesa, colui che vuole battezzare il bambino anche se non crede. La parrocchia accetta per la prima comunione e la cresima i bambini di coloro che a messa non vanno. Se c’è l’oratorio per i ragazzi, è per tutti i ragazzi. Se c’è la sala di ritrovo per gli anziani, tutti gli anziani sono ben graditi. Non c’è un’altra realtà aperta come la parrocchia.

Naturalmente, la parrocchia è anche la casa di quei cristiani che sanno trovare tempi e modi per essere più presenti e attivi nella Chiesa. Grazie e Dio, questi uomini e queste donne sono sempre più numerosi. Questi cristiani hanno il compito non di chiudere la parrocchia, di impossessarsene, ma, al contrario, di farla diventare sempre più casa di tutti. Facciamo qualche esempio: il gruppo liturgico ha il compito di rendere le celebrazioni più vive e partecipate da tutti; il coro ha l’impegno di rendere la liturgia più bella e più calda in modo tale da riscaldare il cuore alle persone, anche di coloro che a messa ci capitano una volta per caso; il gruppo caritas ha lo scopo di diffondere in tutti una mentalità di carità con iniziative di aiuto e sostegno verso i poveri della parrocchia e del mondo; il Consiglio Pastorale (il gruppo di persone eletto dai parrocchiani per consigliare il parroco) deve saper dar voce a tutte le varie realtà ecclesiali; così come la Commissione Economica (due o tre persone scelte all’interno del Consiglio Parrocchiale) ha il compito di garantire che i soldi della parrocchia siano spesi soprattutto per il bene di tutti.

Dopo il Concilio Vaticano II, tenutosi quaranta anni fa, nella Chiesa sono sorti tanti movimenti, associazioni, comunità. Questi gruppi, a volte fanno fatica a ritrovarsi in parrocchia, perché al loro interno essi vivono celebrazioni più coinvolgenti, impegni più forti, esperienze religiose particolari.  I partecipanti di questi gruppi, non di rado, guardano con una certa sufficienza i “cristiani della domenica”. Questo è un errore grave. Infatti, quando questi gruppi si comportano così, dopo un periodo quasi lungo di successo e di clamore, finiscono per squagliarsi, o per diventare forti, ma non per il vangelo. Non potrebbe essere diversamente, perché Gesù ha posto un criterio dal quale non transige: “Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il

Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire” (Matteo 20,26). E, per chi non avesse capito questo brano, aggiunge: “Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato, infatti, l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Giovanni 13, 14-15).

Quando invece questi gruppi, con le loro caratteristiche e diversità, si mettono a servizio della parrocchia (nota bene: della parrocchia, cioè di tutta la gente soprattutto dei cristiani più deboli, non del parroco) diventano ossigeno che la rinnova e ringiovanisce.

La parrocchia ha la forza e la debolezza della quotidianità. Non è il luogo dello straordinario, ma il luogo dove l’ordinario può diventare straordinario. Con il battesimo celebra la vita che nasce. Con la prima comunione celebra il passaggio dal “seggiolone” alla tavola dei grandi. Con la cresima celebra la capacità di cominciare a fare le prime scelte e ad assumersi le prime responsabilità. Con il fidanzamento e il matrimonio celebra la bellezza e la forza dell’amore. Celebra la forza nella malattia. Celebra, infine, il momento in cui, con la morte, si ritorna nelle mani del Padre per vivere sempre con lui.

Non c’è un’altra organizzazione umana che possa celebrare la vita come avviene in parrocchia.

 

LA PARROCCHIA E TU

Forse stai dicendo a tè stesso: “Se la parrocchia fosse così ci andrei anche io. Ma…” . Ma… se la tua parrocchia non è così, impegnati perché essa diventi un po’ di più così.

Sicuramente puoi fare qualcosa per la tua parrocchia.

Avverti una particolare sensibilità per gli anziani perché magari hai posseduto problemi a casa tua, con tuo padre o con tua madre, e sai quanto è difficile assistere le persone disabili? Va’ in parrocchia e da’ il tuo contributo.

Ti piace vivere in mezzo ai giovani? Va in parrocchia! Sicuramente c’è bisogno di tè per l’oratorio, o per la catechesi.

Ti piace lavorare con il computer? Forse sei proprio quello che serve nell’ufficio parrocchiale.

Sei appassionato di teatro, di musica, di balletto? I giovani della parrocchia ti stanno aspettando da un pezzo.

Ti interessa il problema dei bambini e dei ragazzi privi di spazi per giocare, stare insieme, sfuggire alla dittatura della televisione? Va’ in parrocchia! Puoi trovare degli alleati preziosi.

Dici: “Ma io è tanto che non vado più in parrocchia, perché da piccolo non mi sono trovato bene…” Riprova, perché la parrocchia sta cambiando. Forse adesso ti troverai bene.

Dici: “Ma io non credo in Dio, per lo meno non credo nei preti”. Però credi nelle persone? “Sì, credo nelle persone, nel bene, nella giustizia, nella pace”. Va’ in parrocchia e porta il tuo contributo. Cammina insieme a coloro che credono. Puoi aiutarli e possono aiutarti. Proprio non tè la senti di andare in parrocchia? Va bene! Puoi comunque collaborare con essa. Se nel palazzo o nel quartiere dove vivi, nel paese dove abiti, vedi una persona che ha bisogno di aiuto, se vedi una famiglia che si trova in difficoltà per malattia, per debiti, per problemi dei figli, per…, fallo sapere al parroco o a qualche persona a lui vicina. Lo sai benissimo: chi è veramente in difficoltà non sempre ha il coraggio di chiedere aiuto. Da’ loro la tua voce! Può darsi che non si riesca a fare niente, ma può anche darsi che qualcosa si riesca a fare. A volte basta poco per ridare serenità a una persona.

Ci sono attività che solo le parrocchie più grandi possono assolvere, come l’assistenza organizzata ai malati, la mensa dei poveri, ecc. Ma ci sono piccoli gesti di volontariato che ogni parrocchia può predisporre. Fare la spesa alla vicina anziana che non può uscire di casa non richiede chissà quali investimenti. A volte basta saperlo. Fallo sapere! Non ti va nemmeno di farlo sapere? Fa niente ! Vivi bene e fai il bene. E sei anche tu parte della parrocchia. Anche se non lo sai, anche se non lo sanno. Perché chiunque fa il bene è della parrocchia di Dio.

 

E IL PARROCO?

Che importanza ha il parroco nella parrocchia? Ne è il responsabile e la persona che, a nome del vescovo, si pone in special modo a servizio della sua gente, per l’annuncio del vangelo e la pratica della carità.

Il parroco da un tono alla parrocchia, ma non ne è il padrone.

Il suo compito è coordinare e valorizzare tutti i contributi; armonizzare le diversità, perché esse diventino una ricchezza per il bene di tutti.

La figura del parroco oggi sta cambiando molto. Una volta poteva fare tutto da solo (c’erano tanti preti) ma questo non sempre l’aiutava a stare vicino alla gente. Ora il parroco deve farsi aiutare dai laici. Perché i preti non sono più tanti e soprattutto perché si è capito che tutti i cristiani hanno il compito di annunciare il vangelo. Una volta il parroco era più quello che “comandava”; oggi è sempre più spesso uno che chiede aiuto e collaborazione, perché è consapevole di non poter fare tutto da solo.

Il parroco non va aiutato solo collaborando alle diverse iniziative, ma va sostenuto nel programmarle e nell’organizzarle. Da parte sua, il parroco deve farsi aiutare.

“E se il parroco non mi è simpatico, per carattere, modo di fare, mentalità…?”.

Cerca di collaborare ugualmente, perché il tuo impegno di vivere e annunciare il vangelo nasce dal tuo battesimo, non dalla simpatia o antipatia nei confronti del parroco.