La Santa Messa

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7 ottobre alle ore 21,00 in Chiesa Parrocchiale: Incontro per tutti coloro che leggono in chiesa, per coloro che cantano e suonano a vario titolo per iniziare un percorso di organizzazione del servizio liturgico nella nostra parrocchia. Vi aspetto numerosi. Grazie.

LITURGIA

La parola liturgia deriva dalla radice greca lheit (da laòj = popolo) e dal termine œrgon ( = opera, lavoro) e pertanto, nel suo senso originario, significa: “opera a favore del popolo” e indicava dei servizi che determinate categorie di persone svolgevano a favore della collettività (preparazione di feste e giochi, armamento di reparti militari in caso di guerra…). Successivamente il termine ha visto nel corso dei secoli applicazioni con significati molto vari e al giorno viene usato in una serie di contesti lontani dall’ambito religioso (anche politici, sportivi, …) indicando qualsiasi fenomeno che, analogamente ai fenomeni dell’area della religione, presenta comportamenti ritualizzati.

La liturgia è costituita da tutta una serie di gesti umani (levare le mani in preghiera, incensare, …), di cose umane (cero pasquale, acqua del battesimo, crisma, paramenti, …) che vogliono indicare significati che trascendono la cosa stessa (luce / Cristo, incenso / preghiera, pastorale / potere vescovile, …); tutta la liturgia nel suo complesso poi è il trait – d’union con il mistero di Dio nella storia.

La SANTA MESSA

Deriva dal latino “Missa”, participio passato femminile di “mittere” ovvero mandare che nel linguaggio civile dei romani designò l’atto di comparire avanti a un superiore e anchesì la formula di congedo del superiore agli inferiori.

Nel Cristianesimo si usava licenziare i fedeli dagli uffici divini con la formula tutt’ora usata -Ite Missa est- cioè “andate (l’Eucarestia) è stata mandata” (ai malati).

 

 ORARI SANTE MESSE 

“Perchè arrivare all’ultimo momento? Dovreste essere qui prima, per poter fare una preghiera e chiedere al Signore di mandare il Suo Santo Spirito, perchè vi conceda uno spirito di pace che scacci via lo spirito del mondo, le preoccupazioni, i problemi e le distrazioni e poter essere così capaci di vivere questo momento tanto sacro. invece, arrivate quasi all’inizio della celebrazione e vi partecipate come se andaste ad assistere ad un evento qualsiasi, senza nessuna preparazione spirituale. Perchè? E’ il Miracolo più grande,e voi avete la possibilità di vivere il momento del più grande regalo da parte dell’Altissimo, ma non lo sapete apprezzare.”

ORARI SANTE MESSE a Zelo Buon Persico: 

Feriale ore 8:30
18:00
 Sabato prefestiva ore 18,00
Festiva ore 8:30
10:00 (in Oratorio)
11:15
18:00

OMELIE 

Deriva dal latino “homilia” che a sua volta viene dal greco homilein che significa conversare, intrattenere.
Con questo termine si definisce l’esortazione con cui il sacerdote si rivolge direttamente ai fedeli commentando le letture del giorno durante la messa

 

 

I SIMBOLI 

Come è grande il Signore, che sa imprimere nelle sue più umili creature i segni misteriosi della sua presenza! Negli oggetti più comuni puoi scoprire il messaggio più eloquente di Dio: la sua infinita Misericordia.

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LA CENERE:   cenere

La cenere è segno di distruzione e di morte. Come vedi, apparentemente non c’è nulla di buono nella cenere. Eppure anch’essa ha un suo significato positivo. Ti aiuta a riflettere. Davanti a un pugno di polvere, a che cosa pensi? Non ti viene in mente la fragilità delle cose e dell’uomo?

IL FUOCO:  fuoco 

Fin dall’antichità il fuoco era considerato qualcosa di particolarmente prezioso perchè l’elemento più puro perciò più vicino allo spirito e alla potenza divina.

L’INCENSO: incenso

L‘uso dell’incenso è antichissimo. In alune regioni, per il clima caldo e l’aria pesante che regnava negli ambienti, esso serviva a migliorare l’atmosfera e a purificare con sostanze profumanti l’aria che si respirava.

L’ACQUA:  acqua

Senza l’acqua non ci sarebbe alcuna possibilità di vita sulla terra. Ed è per questo che viene considerato da sempre l’elemento più importante, presso tutti i popoli e le religioni.

LA LUCE:  simbololuce

La luce è un altro simbolo uno dei più suggestivi, per indicare Dio stesso. Quando pensi alla luce non puoi non pensare al sole. E proprio il sole fin dai tempi del Cristianesimo è diventato il simbolo per eccellenza di Cristo.

L’OLIO:  olio

L‘olio, fin dal tempo antico, è considerato il simbolo della salute, di benessere, di pace, anche presso il popolo ebraico, che celebrava l’unzione in occasione dell’investitura o consacrazione dei re, dei sommi sacerdoti e dei profeti. Perchè si riteneva che l’olio trattenesse una energia particolare, religiosa o di natura divina.

PANE e VINO: panevino

Mangiare pane e vino è un gesto molto umano. Proprio per questo per la sua efficacia espressiva e alla portata di tutti Gesù lo ha scelto come segno soprannaturale, di donazione del proprio Corpo e del proprio Sangue.

 

 

LA LITURGIA

La Liturgia è lo spazio di tempo in cui la persona che ha la fede incontra con tutta la Chiesa il Cristo risorto e dà a Cristo la sua personale libertà di entrare nella vita, nella propria storia e nel proprio tempo in modo che Cristo possa accrescere la fede, convertire la vita e rendere forti testimoni, nell’attesa della sua venuta alla fine dei tempi.

La Liturgia rende partecipi, nei segni e con i simboli, della festa che i santi e gli angeli offrono a Cristo Agnello che ha salvato il mondo. Con Cristo rendono gloria al Padre, nell’unità dello Spirito Santo e gli danno ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.
La Liturgia è il momento in cui la persona e la comunità fanno vibrare quella parte di loro che già appartiene a Cristo. La parte che già appartiene a Cristo diventa canto, gioia, ascolto e partecipazione alla presenza e accoglienza del Dio che salva in Cristo Gesù. Al termine di ogni celebrazione liturgica la comunità e la persona appartengono maggiormente a Cristo che li rende testimoni coraggiosi e gioiosi nel mondo, li rende lievito che fermenta la pasta, li rende annunciatori della bella notizia che è il Cristo stesso.

La Liturgia è sempre festosa e non può lasciare muti né al solo ascolto. Chiede la partecipazione di tutti, ognuno nel suo ruolo, perché sia espressione della ricchezza presente nella comunità. Infatti lo Spirito ha dato doni e doti diversi ad ognuno, ma tutti formano un solo corpo. La Liturgia è la partecipazione del corpo della Chiesa alla lode e al rendimento di grazie al Dio vivente.

La Liturgia dunque è viva e è espressione della vitalità della comunità. È nutrimento con la ricchezza dell’Anno Liturgico che rende presente, attraverso il mistero celebrato, il Cristo che raduna la comunità. Poi nutre i partecipanti proponendo l’ascolto della Parola di Dio; nutre attraverso i testi delle orazioni e dei prefazi, nonché dei canti che variano a dipendenza del Tempo dell’Anno Liturgico o a dipendenza del motivo per cui la comunità si raduna in preghiera.

Poi la Liturgia permette ai partecipanti di vivere l’unità con la gerarchia che, sempre, presiede la Liturgia, perchè al presidente spetta il gravoso compito

  • di rendere presente il Cristo, di farlo emergere come protagonista della salvezza,
  • di riempire le attese della comunità attraverso la Parola di Dio scelta da proclamare,
  • di rendere attuale la Parola di Dio attraverso la predicazione,
  • di dare giusto spazio a ogni componente della Comunità presente alla celebrazione.

L’INSEGNAMENTO DELLA CHIESA

 

Dai documenti sulla Liturgia, Sacrosantum Concilium, del concilio Vaticano II

Il senso dell’anno liturgico

“La santa madre Chiesa considera suo dovere celebrare l’opera salvifica del suo sposo divino mediante una commemorazione sacra, in giorni determinati nel corso dell’anno. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di “domenica”, fa memoria della risurrezione del Signore, che essa celebra anche una volta l’anno, unitamente alla sua beata passione, con la grande solennità di Pasqua. Nel corso dell’anno poi, distribuisce tutto il mistero di Cristo dall’Incarnazione e dallaNatività fino all’Ascensione , al giorno di Pentecoste e dall’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, le rende come presenti a tutti e permette ai fedeli di venire a contatto e di essere ripieni della grazia della salvezza” (SC102)

Valorizzazione della Domenica  

“Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della resurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente giorno del Signore o domenica. In questo giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare all’Eucaristia e così far memoria della passione, della resurrezione e della gloria del Signore Gesù e render grazie a Dio, che li ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1Pt1,3)
Per questo la domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro. Non venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico” (SC106)

I TESTIMONI, CIOE’ GLI ESEMPI DA SEGUIRE, LA VERGINE E I SANTI

La Chiesa, durante l’anno liturgico, celebra dei momenti particolari, delle soste, in cui i cristiani sono chiamati a meditare su alcune figure che hanno vissuto in pienezza la vocazione cristiana, il primo esempio che viene presentato è la VERGINE MARIA. Per la sua particolare vocazione nella storia della salvezza, accanto a Gesù, suo figlio, è Madre di Dio e Madre della Chiesa ed è presentata come modello di vita cristiana.

I Santi sono presentati dalla Chiesa come Esempi da seguire, perché sono dei modelli viventi di risposta libera e generosa alla chiamata di Dio. Essi sono dei compagni di viaggio nel cammino dell’anno liturgico, infatti, la Chiesa propone ogni giorno, nel suo calendario, uno o più santi.

 

Che cos’è la liturgia?    

La liturgia è la celebrazione del Mistero di Cristo e in particolare del suo Mistero pasquale. In essa, mediante l’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, con segni si manifesta e si realizza la santificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Cristo, cioè dal capo e dalle membra, il culto pubblico dovuto a Dio.

Il termine “liturgia” significa originalmente “opera pubblica”, “servizio da parte del/e in favore del popolo”. Nella tradizione cristiana vuole significare che il popolo di Dio partecipa all’“opera di Dio” [Gv 17,4]. Attraverso la liturgia Cristo, nostro Redentore e Sommo Sacerdote, continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione.
Questo mistero di Cristo la Chiesa annunzia e celebra nella sua liturgia, affinché i fedeli ne vivano e ne rendano testimonianza nel mondo: “La liturgia, infatti, mediante la quale, massimamente nel divino sacrificio dell’Eucaristia, “si attua l’opera della nostra redenzione”, contribuisce in sommo grado a che i fedeli esprimano nella loro vita e manifestino agli altri il mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa” [Sacrosanctum concilium, 2]. Il termine “liturgia” nel Nuovo Testamento è usato per designare non soltanto la celebrazione del culto divino, [At 13,2; Lc 1,23] ma anche l’annunzio del Vangelo [Rm 15,16; Fil 2,14-17.30] e la carità in atto [Rm 15,27; 2Cor 9,12; Fil 2,25]. In tutti questi casi, si tratta del servizio di Dio e degli uomini. Nella celebrazione liturgica, la Chiesa è serva, a immagine del suo Signore, l’unico “Liturgo” [Eb 8,2.6], poiché partecipa del suo sacerdozio (culto) profetico (annunzio) e regale (servizio della carità): “Giustamente perciò la liturgia è ritenuta quell’esercizio dell’ufficio sacerdotale di Gesù Cristo, mediante il quale con segni sensibili viene significata e, in modo proprio a ciascuno, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal Capo e dalle sue membra, il culto pubblico integrale. Perciò ogni celebrazione liturgica, in quanto opera di Cristo Sacerdote e del suo corpo, che è la Chiesa, è azione sacra per eccellenza, e nessun’altra azione della Chiesa ne uguaglia l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado” [Sacrosanctum concilium, 7].

Che posto occupa la liturgia nella vita della Chiesa? 

La liturgia, azione sacra per eccellenza, costituisce il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e insieme la fonte da cui promana la sua forza vitale. Attraverso la liturgia, Cristo continua nella sua Chiesa, con essa e per mezzo di essa, l’opera della nostra redenzione.
Opera di Cristo, la liturgia è anche un’azione della sua Chiesa. Essa realizza e manifesta la Chiesa come segno visibile della comunione di Dio e degli uomini per mezzo di Cristo. Impegna i fedeli nella vita nuova della comunità. Esige “che i fedeli vi prendano parte consapevolmente, attivamente e fruttuosamente” [Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 11].
La sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa” [Sacrosanctum concilium, 9]: essa deve essere preceduta dalla evangelizzazione, dalla fede e dalla conversione; allora è in grado di portare i suoi frutti nella vita dei fedeli: la vita nuova secondo lo Spirito, l’impegno nella missione della Chiesa ed il servizio della sua unitàLa liturgia è anche partecipazione alla preghiera di Cristo, rivolta al Padre nello Spirito Santo. In essa ogni preghiera cristiana trova la sua sorgente e il suo termine. Per mezzo della liturgia, l’uomo interiore è radicato e fondato [Ef 3,16-17] nel “grande amore con il quale il Padre ci ha amati” (Ef 2,4) nel suo Figlio diletto. Ciò che viene vissuto e interiorizzato da ogni preghiera, “in ogni occasione nello Spirito” (Ef 6,18) è la stessa “meraviglia di Dio”.
“La liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù” [Sacrosanctum concilium, 10]. Essa è quindi il luogo privilegiato della catechesi del Popolo di Dio. “La catechesi è intrinsecamente collegata con tutta l’azione liturgica e sacramentale, perché è nei sacramenti, e soprattutto nell’Eucaristia, che Gesù Cristo agisce in pienezza per la trasformazione degli uomini” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae, 23]. (CCC 1075) La catechesi liturgica mira a introdurre nel mistero di Cristo (“essa è infatti mistagogia), in quanto procede dal visibile all’invisibile, dal significante a ciò che è significato, dai “sacramenti” ai “misteri”.

Chi celebra nella Liturgia?

La Liturgia è innanzitutto azione di Cristo, eterno sacerdote; ma è anche celebrazione della Chiesa, intimamente associata a lui nel santificare gli uomini e nel lodare il Padre.
E’ tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al suo capo che celebra. L’assemblea che celebra è la comunità dei battezzati i quali, per la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo, vengono consacrati a formare una dimora  spirituale e un sacerdozio santo. Questo “sacerdozio comune” (ricevuto nel battesimo) è quello di Cristo, unico Sacerdote, partecipato da tutte le sue membra.
Quando si dice che l’assemblea “celebra”, cosa si intende? Celebrare  rimanda a quello che può essere un invito ad una festa. Chi invita prepara in modo accogliente il luogo d’incontro, poi fa trovare agli ospiti cibo, bevande,musica, regali… E chi invece è invitato? Prima di tutto si reca all’incontro con gioia e, come riconoscenza per  essere stato chiamato alla festa, porta un segno, un dono. Così, c’è un reciproco scambio di attenzioni e si crea unione, comunione, gioia.
“Celebrare” nella Liturgia  ricorda questo incontro. Il Signore ci chiama perché siamo la sua famiglia, figli nel Figlio. Si intrattiene con noi come con amici, parlandoci attraverso le Sacre Scritture, ci dona il Suo Figlio nell’Eucaristia perché abbiamo la forza di essere luce e sale della terra, ma soprattutto perché possiamo conoscerLo sempre più intimamente. A questo amore cosa rispondiamo? Partecipando attivamente (non come muti spettatori) alla celebrazione: cantando con gioia sapendo che non siamo soli, ma una grande famiglia unita da Cristo; rispondendo  alle preghiere pensando a ciò che si dice; ascoltando con cuore aperto e disponibile la Parola proclamata; ricevendo il Corpo di Cristo con gratitudine e adorazione…
Questo significa prendere parte alla celebrazione consapevolmente, attivamente e fruttuosamente.
Chiediamoci: qual è la presenza di Cristo nella Liturgia?  Per realizzare l’pera della salvezza, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, in modo speciale nelle azioni liturgiche. E’ presente nel Sacrificio della messa sia nella persona del ministro, sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. E’ presente con la sua virtù nei Sacramenti, di modo che quando uno battezza è Cristo stesso che battezza. E’ presente nella sua Parola, poiché è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la  Sacra Scrittura. E’ presente infine quando la Chiesa prega e loda, lui che ha promesso: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, là sono io, in mezzo a loro” (Mt 18,20).

Come proclamare la Parola di Dio

La lettura (o, meglio, la proclamazione) in pubblico è il risultato di due operazioni che tutti facciamo normalmente: leggere e parlare. Il carattere pubblico della lettura, però, richiede che siano rispettati alcuni principi:
non si legge in pubblico come si legge per proprio conto un giornale o un romanzo;
non si parla in pubblico come si fa in una conversazione fra due o tre persone.
A queste osservazioni, che valgono per qualsiasi lettura in pubblico, se ne aggiunge un’altra che è caratteristica della proclamazione dei testi biblici in una celebrazione: come abbiamo detto prima, è Cristo “che parla quando nella Chiesa si proclama la Sacra Scrittura”. Che il Signore parli nell’assemblea dipende dunque, almeno in parte, dal modo con cui il lettore svolge il proprio compito. Un teologo tedesco (D. Bonhoeffer) scriveva: “Ci si accorgerà presto che non è facile leggere la bibbia agli altri. Più l’atteggiamento interno verso il testo sarà spoglio, umile, obiettivo, più la lettura sarà adeguata… Una regola da osservare per leggere bene un testo biblico è di non identificarsi mai con l’io che vi è espresso. Non sono io ad irritarmi, a consolare, ad esortare, ma Dio. Certo, non si deve leggere il testo con tono monotono e indifferente; al contrario, lo leggerò sentendomi io stesso interiormente impegnato e interpellato. Ma tutta la differenza fra una buona e una cattiva lettura apparirà quando, invece di prendere il posto di Dio, io accetterò semplicemente di servirlo. Altrimenti rischio … di attirare l’attenzione dell’uditore sulla mia persona e non sulla parola: è il vizio che minaccia ogni lettura della bibbia”. Per questo, vengono proposte alcune note che intendono essere solo un piccolo aiuto fraterno per la proclamazione delle letture nella Liturgia della Parola.

Preparazione precedente

Per potere esercitare efficacemente il ministero di lettore, sarebbe opportuno preparare con un certo anticipo le letture della domenica.
Ricordiamo che è sempre preferibile, quando si può, preparare le letture sul Lezionario (cioè il libro che contiene le letture da proclamare) o su fotocopie di esso:
prima di tutto, perché è quello il libro che verrà usato; in questo modo si eviteranno possibili sorprese tipografiche (ad es. parole differenti tra le varie edizioni della bibbia o dei testi liturgici);
in secondo luogo, perché la disposizione tipografica del Lezionario è stata adottata in funzione della lettura in pubblico (ad es. sono presenti degli spazi che corrispondono a delle pause da rispettare).
Il lettore dovrebbe in primo luogo leggere i testi (non solo la lettura che si prevede di proclamare) per capirne il significato e conoscere il contesto della celebrazione in cui sono inseriti. Ad esempio, il senso della prima lettura è sempre collegato con quello del brano di Vangelo e la colletta (cioè la preghiera iniziale che segue il canto del Gloria e precede immediatamente la Liturgia della Parola) esprime il motivo dominante della celebrazione.
La tappa successiva dovrebbe consistere nel cercare le parole chiave ed eventualmente anche la frase più importante che la proclamazione dovrà mettere in evidenza. Come si potrà notare, nel Lezionario, subito prima del titolo della lettura, c’è una frase in corsivo che riprende il versetto considerato più significativo (ovviamente è solo una indicazione, per cui si possono operare anche scelte differenti).
Poi il lettore dovrebbe leggere diverse volte il testo ad alta voce. Solo così, infatti, ci si può rendere conto di un gran numero di difficoltà. Ad esempio le parole “Nabucodonosor” e “Tessalonicesi” sono facili da leggere mentalmente, ma difficili da proclamare!

LE PAUSE

Durante la sua preparazione, il lettore potrà individuare anche le pause lunghe, medie e brevi che si devono fare durante la proclamazione. Si può restare sorpresi per l’abbondanza e per la durata di queste pause. Ma esse sono necessarie! E’ appunto durante queste pause che l’ascoltatore comprende, perché i suoni che giungono alle sue orecchie hanno il tempo di arrivare al cervello e di assumere un significato. I silenzi nel corso di una lettura permettono a chi non legge di comprendere ciò che ascolta. Il lettore deve sempre tener presente che se lui ha il testo sotto gli occhi, non l’ha invece chi ascolta. Vi sono delle pause nette in cui la voce si dovrebbe arrestare del tutto: ciò avviene ad esempio ogni volta che c’è un segno di punteggiatura o per evitare una ‘fusione’ tra due parole (ad es.: ” Allora/ il Signore…”). Altre pause che si dovrebbero osservare si hanno quando c’è motivo di trattenere più a lungo la voce su una sillaba, come nel caso della parte finale delle parole (ad es.: ” Il Signore gli aveva…”). Si dovrebbe fare sempre una pausa breve davanti ad una parola che si vuol mettere in evidenza, invece di calcare la voce (ad es.: ” proclamando:/ “Il Signore… “). Si dovrebbe fare pure una pausa breve davanti a:
un verbo, soprattutto di azione (ad es.: ” Il Signore/ scese “);
una quantità espressa da un numero (ad es.: ” Erano/ quarantaquattromila”);
le parole o espressioni di passaggio: /ora, /dunque, ecc.
Ricordiamo infine che vi sono pause sintattiche che vengono stabilite in base alla sintassi della frase (cioè alla ‘struttura’ della frase) e pause espressive che invece non sono soggette a regole precise ed il cui uso è a discrezione del lettore.

IL RITMO

Le frasi di un testo hanno un ritmo che il lettore dovrebbe saper rendere. Si tratta del modo in cui viene regolata la successione delle sillabe e delle parole. Per rendere bene il ritmo di una frase, è necessario aver stabilito in precedenza tutte le pause. In alcuni casi, inoltre, si tende a leggere troppo in fretta. Ricordiamo che chi ascolta ha bisogno di tempo per poter organizzare i suoni che sente in una frase dotata di senso. E questo dipende dalle pause e anche dalla velocità con cui si parla. La velocità, in particolare, dovrebbe essere decisamente più lenta che nella comune conversazione. Il lettore incomincia a leggere alla giusta velocità quando ha l’impressione di essere così lento da sembrare ridicolo! La velocità dovrebbe variare leggermente secondo la dimensione dell’edificio in cui si legge (più l’edificio è grande, più la lettura dovrebbe essere lenta, a causa della distanza che la voce deve percorrere, anche se la sonorizzazione è eccellente). La velocità dovrebbe variare anche secondo il ‘tipo’ di testo che si legge (ad es. un salmo dovrebbe essere letto più lentamente del racconto del passaggio del Mar Rosso). Quando c’è un rumore che disturba (aereo, porte, bambini, sirene dei pompieri o della polizia) bisognerebbe semplicemente interrompere la lettura finché il rumore sia cessato.

IL VOLUME

Nella lettura in pubblico si dovrebbe parlare con un volume più alto di quello che si usa nella comune conversazione: bisognerebbe parlare ad alta voce, un po’ come quando si è in collera…. ma senza esserlo! Inoltre bisognerebbe parlare spingendo la voce “in avanti”, cioè non si dovrebbe trattenere il suono della voce in fondo alla gola, ma al contrario proiettarlo lontano, davanti a sé, come quando si chiama qualcuno che è lontano. D’altra parte, in pubblico, bisognerebbe sempre parlare rivolgendosi alle persone che sono più lontane.

L’INTONAZIONE

Si dovrebbe evitare la cantilena che ricorda il modo di recitare le poesie. D’altra parte si dovrebbero evitare anche gli sbalzi eccessivi dei toni. Si tratta piuttosto di trovare un’intonazione abbastanza sobria quanto alle variazioni, ma molto sostenuta ed interiore. Capita spesso che le vocali o addirittura le sillabe finali di una parola non vengano pronunciate chiaramente, soprattutto se si è al termine della frase; succede così che si sente ‘Cris’ invece di ‘Cristo’, o ‘Signo’ invece di ‘Signore’. Contrariamente a quanto si pensa e si fa abitualmente, infatti, la finale di una frase non è quasi mai caratterizzata da una caduta della voce, ma dal mantenimento della stessa intonazione fino al punto fermo.

IL COLORE

Il lettore che proclama la Parola di Dio non dovrebbe esimersi dal ‘dare colore’, cioè dall’interpretare la lettura: l’importante è farlo nel modo giusto, con un estremo senso della misura. Non si dovrebbe né leggere in modo piatto (come se non ci interessasse ciò che leggiamo), né eccedere nel colore (per il solo timore di essere monotoni o per voler dare un’interpretazione troppo personale): non dobbiamo dimenticare che la Parola che leggiamo è di Dio, non nostra.

IL COMPORTAMENTO

Il comportamento del lettore incomincia nel momento in cui ci si sposta verso l’ambone (cioè il luogo da cui si proclamano le letture). Non si dovrebbe partire dal proprio posto prima che sia concluso ciò che precede (orazione, lettura o canto)! Uno spostamento calmo prepara l’uditorio ad ascoltare con attenzione. Arrivato all’ambone, il primo gesto del lettore dovrebbe essere riservato al microfono: quando è necessario lo si regoli alla propria altezza. Il secondo gesto dovrebbe essere per il Lezionario (il libro): ci si dovrebbe assicurare che sia aperto alla pagina giusta. A questo punto il lettore si dovrebbe mettere nella posizione di lettura: diritto, la testa alta perché la voce arrivi bene, le mani posate ai lati del libro o del leggio o tenute in basso (non in tasca).

Ancora qualche consiglio

Non si deve dire: ” Prima lettura “, ” Salmo responsoriale “, ” Seconda lettura ” ma si inizia subito con l’annuncio della lettura (ad esempio ” Dal libro del profeta Isaia “).
Quando alla fine delle letture si dice: ” Parola di Dio “, bisognerebbe fare uno stacco, cambiare tono e mettere in evidenza le parole ” di Dio “, in modo da suscitare la risposta dei fedeli.
Terminata la lettura, prima di allontanarsi, il lettore dovrebbe fare una breve pausa, attendere la risposta dell’assemblea (cioè “Rendiamo grazie a Dio” e non scappare subito via come alla fine di un compito sgradevole.

 

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