Le nuove LEGGI per tutti noi

IL GOBS ACT

Cominciamo dal significato. “Jobs Act” è un’espressione in lingua inglese che significa letteralmente “legge sull’occupazione“. La chiamiamo tutti così perché la politica ha bisogno di usare espressioni sempre nuove, in grado di diffondersi come virus nel mondo dell’informazione, e la lingua inglese è oggi percepita come qualcosa che richiama la modernità e la capacità di rispondere alle sfide della globalizzazione.

In quanto alla forma, si tratta di una legge delega, ovvero di un provvedimento che contiene solo indicazioni di carattere generale, e concede al Governo deleghe per mettere a punto strumenti legislativi più specifici, idecreti attuativi.

In quanto ai contenuti, nonostante il dibattito sulla legge si sia concentrato quasi del tutto sull’articolo 18, essa costituisce una riforma ampia del mercato del lavoro, che comprende cinque deleghe su altrettanti aspetti chiave. Eccole in sintesi.

Ammortizzatori sociali

Aspi (istituita dalla riforma del lavoro della ministra Fornero) sarà estesa anche ai Co.co.pro e la sua copertura dipenderà dalla storia contributiva del singolo lavoratore. La Cassa integrazione verrà ridimensionata e non sarà comunque applicabile in caso si chiusura definitiva dell’azienda.

Servizi per il lavoro e politiche attive

Scopo di questa delega è di riordinare i servizi per il lavoro (ad esempio i Centri per l’Impiego) e garantire la fruizione di servizi essenziali in materia di “politiche attive”, cioè le iniziative messe in campo dalle istituzioni per promuovere l’occupazione e l’inserimento lavorativo. A tal fine, viene istituita l’Agenzia nazionale per l’occupazione, a costo zero, che si occuperà del monitoraggio di questo ambito, cioè servizi per il lavoro e politiche attive, valorizzando al contempo le sinergie tra pubblico e privato, per riformare il meccanismo di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Rapporti di lavoro e contratti

La questione che la legge affronta è quella del “dualismo” tra forme di lavoro molto tutelate (come i contratti a tempo indeterminato), a volte insostenibili per le imprese, e contratti eccessivamente precari per i lavoratori (come ad esempio i co.co.pro.). Per superare tale dualismo, gli attuali contratti di lavoro verranno riordinati, eventualmente eliminandone alcune tipologie. Inoltre verrà introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio: poche tutele per i neoassunti, ma poi sempre di più col passare degli anni. Viene anche introdotto in via sperimentale un compenso minimo valido per qualsiasi tipo di contratto. Sarà anche possibile il “demansionamento“, cioè assegnare un lavoratore a mansioni diverse da quelle per cui era stato assunto e verranno introdotticontrolli a distanza sugli impianti, ma per sorvegliare le strutture, non i lavoratori.

Semplificazione delle procedure e degli adempimenti

Questa delega mira a ridurre gli atti amministrativi in materia di lavoro, in modo da alleggerire il carico degli adempimenti per le imprese e i cittadini. Il principio guida è che le varie Amministrazioni pubbliche devono scambiarsi le informazioni tra loro e non chiederle alle persone, se non è strettamente necessario.

Mamme lavoratrici

Una delega ad hoc è dedicata alla conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, specie in relazione alla maternità, un tema scottante considerato che l’Italia è uno dei Paesi europei dove le donne lavorano di meno. Dunque si prevedono provvedimenti come: l’estensione dell’indennità di maternitàanche alle lavoratrici precarie (“parasubordinate“); l’istituzione di uncredito di imposta per le lavoratrici, anche autonome con figli minori e/o disabili; la promozione del telelavoro; la facilitazione di accordi collettivi mirati a una maggiore flessibilità degli orari di lavoro, così come loscambio di giorni di ferie tra lavoratori per le attività di cura dei figli; la promozione dell’integrazione di servizi per le cure parentali tra pubblico e privato (ad esempio quelli forniti dalle aziende).​

 

Il BONUS BEBE’

Il bonus bebè 2015 è il provvedimento dedicato all’incentivazione alla natalità e al sostegno delle spese inerenti all’infanzia; approvato nel testo della legge di stabilità dello scorso dicembre, riguarda i figli nati o adottatidal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2017. Per ogni bambino rientrante nei criteri citati, viene emesso un assegno mensile per un periodo di tre anni a partire dal mese di nascita o di adozione; punto di riferimento della reale necessità del nucleo familiare di appartenenza è l’Isee, la situazione economica equivalente.

Chi può richiederlo​

Il bonus bebè può essere richiesto non solo da cittadini italiani e degli stati membri dell’Unione europea ma anche dai cittadini di stati extracomunitari con regolare permesso di soggiorno. Per beneficiare del contributo, è necessario che l’Isee annuo del nucleo familiare richiedente sia inferiore a:

  • 25mila euro per un bonus pari a 80 euro mensili (960 euro/anno)
  • 7mila euro per un bonus pari a 160 euro mensili (1920 euro/anno)
Come e quando richiedere il bonus bebè
Per ricevere il bonus bebè 2015 è necessario presentare domanda all’Inpsche si occuperà direttamente dell’erogazione. Per farlo, è possibile presentare la documentazione alla sede territoriale competente o, se si è in possesso del pin Inps, collegarsi al sito internet dell’istituto entro 90 giorni dalla nascita del figlio per beneficiare di tutte le mensilità del bonus; in caso contrario, ovvero una volta superati i termini, l’istituto erogherà solo gli assegni a partire dal mese di presentazione. Dal secondo anno in poi, invece, a far fede sarà solo il valore dell’Isee del nucleo familiare; senza presentare domanda, dunque, ​l’Inps provvederà a erogare il bonus a chi rientrerà nei valori stabiliti dal decreto, sospendendolo qualora non fossero rispettati.
Buoni acquisto
Oltre al bonus, la legge di stabilità 2015 ha messo a disposizione delle madri con figli a carico dei buoni acquisto per un valore di mille euro, riservati esclusivamente a beni e servizi in favore dei nuclei familiari; per accedervi, è indispensabile possedere i seguenti requisiti:
  • quattro o più figli minori a carico
  • Isee del nucleo familiare inferiore a 8500 euro

 

GLI ASSEGNI FAMILIARI 

Gli assegni familiari propriamente detti sono un sostegno economico per le famiglie con basso reddito di alcune categorie di lavoratori. Si distinguono dagli “assegni per il nucleo familiare”, perché questi ultimi sono riservati ai lavoratori dipendenti. Hanno diritto agli assegni familiari i lavoratori autonomi del settore agricolo (coltivatori diretti, coloni, mezzadri), ipensionati da lavoro autonomo (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri).

L’importo degli assegni familiari, erogati dall’Inps, è di 10,21 euro al mese per ogni familiare a carico. Per i coltivatori diretti, coloni e mezzadri non pensionati, l’assegno è pari a 8,18 euro mensili.

L’erogazione degli assegni familiari prevede restrizioni, per quanto riguarda la composizione familiare ed i limiti di reddito:

  • i familiari vengono considerati a carico, e cioè non economicamente autosufficienti, se hanno redditi mensili non superiori a un determinato importo, aggiornato annualmente, che per l’anno 2012 (l’ultimo fissato dall’Inps) è stato fissato in 676,75 euro per il coniuge e per ciascun figlio o equiparato, oppure in 1.184,31 euro per due genitori;
  • i familiari per i quali possono essere richiesti gli assegni sono: il coniuge, i figli (legittimi, legittimati, adottivi, affiliati, naturali, legalmente riconosciuti) minori o maggiorenni se inabili al lavoro; i figli maggiorenni fino a 21 anni, se studenti delle scuole superiori o apprendisti e fino a 26 anni se studenti universitari; i fratelli, le sorelle ed i nipoti;
  • il limite di reddito varia secondo la tipologia delle famiglie: se regolare, se presente una persona vedova, separata, divorziata, non sposata, o se presente una persona invalida. Tutte le tabelle sono presenti sul sito dell’Inps.

La domanda per gli assegni familiari va fatta alla sede territoriale dell’Inps, compilando l’apposito modulo ed allegando i documenti indicati sul modulo stesso.

Un’altro contributo per le famiglie con fligli, diverso dall’assegno familiare e con esso cumulabile, è l’assegno per i nuclei familiari con tre figli minori, concesso dai Comuni ed erogato dall’Inps.

 

Il BONUS elettricità e gas

Un risparmio del 20 per cento sulle bollette elettriche a favore delle famiglie a basso reddito. È il bonus sociale, sostegno economico, stabilito dall’Autorità per l’energia e il gas. Vediamo requisiti, tempi e modi per ottenere il beneficio.

Possono accedere al bonus tutti i clienti domestici intestatari di un contratto di fornitura elettrica, per la sola abitazione di residenza, con potenza impegnata fino a 3 kW per un numero di familiari con la stessa residenza fino a 4, o fino a 4,5 kW, per un numero di familiari con la stessa residenza superiore a 4. Altri requisiti specifici sono:

  • avere un nucleo familiare con indicatore Isee non superiore a 7500 euro;
  • avere un nucleo familiare con più di 3 figli a carico e Isee non superiore a 20.000 euro;
  • convivere con un malato grave che debba usare macchine elettromedicali per il mantenimento in vita.

Il risparmio netto per il 2013 è di:

  • 71 euro per una famiglia di 1 o 2 persone;
  • 91 euro per 3 o 4 persone;
  • 155 euro per più di 4 persone;
  • per i soggetti in gravi condizioni di salute il valore del bonus per l’anno 2013 è differenziato sulla base del “numero di apparecchiature medico-terapeutiche salvavita utilizzate e al tempo giornaliero del loro utilizzo”.

La domanda deve essere presentata al proprio comune di residenza. Per maggiori informazioni sulle condizioni e le modalità del bonus elettrico, è possibile chiamare il numero verde 800 166 654, attivo dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 18.

Anche per quanto riguarda le bollette del gas, le famiglie a basso reddito possono beneficiare di agevolazioni economiche. Possono accedere al beneficio le famiglie con un indicatore Isee non superiore a 7.500 euro all’anno e le famiglie numerose, con 4 o più figli a carico, con l’Isee non superiore a 20.000 euro.

Per richiedere i bonus occorre compilare l’apposita modulistica (disponibile sul sito bonusenergia.anci.it) e consegnarla al proprio Comune di residenza o presso i centri di assistenza fiscale Caf.

 

 

L’assegno per il nucleo familiare

L’assegno per il nucleo familiare è un contributo, concesso dal Comune e pagato dall’Inps, che serve per aiutare le famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente con redditi al di sotto di determinate fasce stabilite per legge. L’assegno spetta in misura diversa in rapporto al numero dei componenti e al reddito del nucleo familiare.

Il diritto all’assegno è subordinato al reddito complessivo del nucleo familiare, che non deve superare i limiti annui indicati dalla legge. I limiti di reddito familiare hanno valore dal 1° luglio di ogni anno al 30 giugno dell’anno successivo: sono stabiliti per legge e rivalutati ogni anno, in base all’inflazione calcolata dall’Istat.

L’importo dell’assegno è calcolato in rapporto a specifici livelli di redditoed al numero dei componenti il nucleo familiare. Per il 2013-2014, ad esempio, una famiglia di 4 persone (genitori più 2 figli minori) ha diritto a percepire un assegno nella misura 3.100 euro annui, se il suo reddito complessivo non supera 14.198,48 euro. Tale cifra scende gradualmente al salire della disponibilità economica.

La richiesta va fatta al proprio datore di lavoro, nel caso in cui il richiedente svolga un’attività lavorativa dipendente non agricola, e alla sede dell’Inps, nel caso in cui il richiedente sia pensionato, disoccupato, operaio agricolo, addetto ai servizi domestici e famigliari, etc.

A chi spetta

L’assegno per il nucleo familiare spetta a lavoratori dipendenti in attività, disoccupati indennizzati, lavoratori cassintegrati, lavoratori in mobilità e impiegati in lavori socialmente utili, lavoratori assenti per malattia o maternità, lavoratori richiamati alle armi, lavoratori in aspettativa per cariche pubbliche elettive e sindacali, lavoratori dell’industria o marittimi in congedo matrimoniale, persone assistite per tubercolosi, pensionati ex lavoratori dipendenti, caratisti imbarcati sulla nave da loro stessi armata, agli armatori e ai proprietari armatori, soci di cooperative.

L’assegno spetta inoltre ai lavoratori parasubordinati iscritti alla gestione separata Inps. Per tutti gli altri lavoratori, sono previsti gli assegni famigliari.

Coppie di fatto

Le coppie di fatto, per quanto riguarda i figli naturali legalmente riconosciuti e conviventi, hanno diritto all’assegno per il nucleo familiare. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n.14783 del 18 giugno 2010.

Già l’Inps, con una circolare del 19 marzo 2008, aveva chiarito che, nel caso di figli naturali riconosciuti da entrambi i genitori, non legati dal matrimonio e non conviventi con i figli, questa prestazione può essere richiesta, purché almeno uno dei genitori sia titolare di una posizione economicamente tutelata.

Altri contributi

Un’altro contributo per le famiglie con fligli, diverso dall’assegno per il nucleo familiare e con esso cumulabile, è l’assegno per i nuclei familiari con tre figli minori, concesso anch’esso dai Comuni ed erogato dall’Inps.

 

TASSE Scolastiche e contributi per le iscrizioni

Al momento dell’iscrizione annuale a scuola, vengono richiesti due distinti tipi di pagamenti:

    1. un contributo scolastico, da versatre direttamente alla scuola dove viene iscritto l’alunno. Tale contributo varia da scuola a scuola ed èvolontario. La scuola non può richiederne il versamento obbligatorio, a nessun titolo; Intrage consiglia di pagarlo comunque, se non si hanno problemi economici particolari, ma si sappia che non è obbligatorio;
  1. una tassa scolastica vera e propria, da versare allo Stato, e in particolare al “centro operativo di Pescara” dell’Agenzia delle Entrate. L’importo della tassa scolastica è fisso.

 

Le tasse scolastiche

​Per legge la scuola dell’obbligo è sempre gratuita, per cui, a partire dal 16° anno d’età, quando cioè finisce l’obbligo scolastico, è richiesto il pagamento di imposte specifiche, che descriviamo di seguito.

 

  • Tassa di iscrizione: viene richiesta all’atto dell’iscrizione ad un corso di studi secondari, dopo il compimento dei 16 anni da parte dello studente, e vale per l’intera durata del ciclo. L’importo e di 6,04 euro.
  • Tassa di frequenza: deve essere pagata ogni anno, dopo il compimento dei 16 anni da parte dello studente. In caso di trasferimento di uno studente da istituto statale ad altro statale, il pagamento e’ riconosciuto valido dalla nuova scuola. L’importo e’ di15,13 euro.
  • Tassa di esame: deve essere pagata nella scuola secondaria superiore al momento della presentazione della domanda per gli esami di idoneita’, integrativi, di licenza, di qualifica, di Stato (ex maturita’). L’importo e’ di 12.09 euro.​
  • Tassa di diploma: va pagata per poter ritirare il titolo di studio, come il diploma di maturita’. L’importo e di 15,13 euro.

Per quanto riguarda le modalità di pagamento, è bene sapere che la legge impone a tutte le amministrazioni pubbliche di indicare l’IBAN per effettuare qualsiasi versamento a loro dovute tramite bonifico bancario, in modo da evitare al cittadino di recarsi all’ufficio postale. Per quanto riguarda il contributo volontatio, ogni scuola deve indicare il proprio IBAN. Per il pagamento delle tasse scolastiche, l’IBAN da utilizzare è il seguente:

Agenzia delle Entrate – Centro operativo di Pescara – Tasse scolastiche
IBAN: IT45 R 0760103200 000000001016

Fondo NUOVI nati e sospensione rate mutuo

Prestiti a tasso fisso per i neo-genitori e sospensione delle rate del mutuo per dodici mesi per le famiglie in difficoltà. Sono due provvedimenti che mirano a favorire l’accesso al credito dei cittadini, in una difficile congiuntura economica. Vediamo nel dettaglio le misure.

Fondo di credito per i nuovi nati

Un prestito di 5 mila euro a tasso fisso per cinque anni, TAEG al 5,97%: lo possono chiedere i genitori di figli nati o adottati nel 2012,2013 e 2014. Lo ha stabilito il Governo, con un decreto del 10 settembre 2009. Questa iniziativa, collegata alla manovra anti-crisi, stanzia risorse finanziarie per le famiglie in difficoltà.

L’agevolazione deve essere richiesta entro il 30 giugno dell’anno successivo alla nascita o all’adozione del minore. Nel caso di potestà o affido condiviso è ammesso un solo prestito. Per i genitori di bambini affetti da una malattia rara è prevista un ulteriore beneficio: il tasso di interesse annuale si abbatte fino allo 0,5 per cento, ma è necessario allegare alla domanda un documento rilasciato da una struttura sanitaria pubblica, che attesti il tipo di patologia di cui soffre il minore.

Sospensione rate mutuo per 12 mesi

Sospensione delle rate del mutuo, agevolazioni per ottenere prestitidalle banche, sostegni in caso di perdita di lavoro. Sono alcune misure previste dal Piano famiglie, promosso dall’Abi, Associazione bancaria italiana, che ha l’obiettivo di favorire cerdito e liquidità alle famiglie. Dal 1° gennaio 2010, i cittadini in difficoltà possono richiedere la sospensione delle rate del mutuo fino a 18 mesi. La famosa moratoria è periodicamente rifinanziata. L’ultima scadenza è prevista per il 31 marzo 2013.

La misura è diretta a famiglie in condizioni disagiate a causa di: perdita del posto di lavoro a tempo indeterminato o termine di un contratto a tempo determinato o parasubordinato; decesso di un membro della famiglia percettore di reddito; componenti del nucleo familiare in situazione di cassa integrazione.

Comunione o Separazione legale dei beni?

Una coppia sposata può trovarsi in un regime patrimoniale di comunione o separazione dei beni. A coloro che si sposano, viene automaticamente applicato il regime della comunione dei beni, salvo chi invece dichiara espressamente, in sede di matrimonio, di scegliere la separazione dei beni. In ogni caso, è possibile cambiare idea dopo il matrimonio. Vediamo di cosa si tratta in entrambi i casi.

La comunione dei beni

La comunione dei beni è il regime legale previsto dal codice civile, nel caso in cui non vi sia stata una scelta diversa da parte dei coniugi (articolo 159). La comunione dei beni rappresenta il sistema privilegiato dal legislatore, in quanto, nella pratica, realizza una parità dei coniugi, consentendo loro una gestione e una titolarità comune del patrimonio familiare.

La comunione dei beni si applica automaticamente, nel momento della stipulazione del matrimonio, oppure successivamente, a richiesta dei due coniugi.

Questi sono i beni che rientrano nella comunione:

  • tutti i beni acquistati durante il matrimonio dai due coniugi, anche separatamente;
  • le aziende costituite dopo il matrimonio e gestite da entrambi i coniugi;
  • il reddito di un’attività separata dei coniugi;
  • il reddito di un bene proprio di uno dei coniugi (ad esempio il canone di locazione di un appartamento comprato prima del matrimonio da uno dei coniugi);
  • il reddito di un’azienda costituita prima del matrimonio ma gestita da entrambi i coniugi.

Questi sono invece i beni che non rientrano nella comunione:

  • tutti i beni acquistati prima del matrimonio da uno dei due coniugi;
  • i beni che vengono ereditati o acquistati per donazione da uno dei due coniugi durante il matrimonio;
  • tutti i beni personali (gioielli, indumenti, libri…);
  • tutti i beni che servono all’esercizio della professione di uno dei due coniugi (è necessario dimostrare in tal caso un rapporto diretto ed obiettivo con l’attività);
  • risarcimento di danni patrimoniali e non;
  • pensione corrisposta per la perdita totale o parziale della capacità lavo
  • rativa;
  • vendita dei beni che non erano precedentemente di comproprietà dei due coniugi (articolo 179 del codice civile).
La separazione dei beni

La separazione dei beni contempla un regime patrimoniale diverso, e si haquando ciascuno dei coniugi è il solo proprietario dei beni acquistati durante il matrimonio. Egli ha quindi il diritto di goderli e amministrarli, salvo naturalmente l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia, in relazione alle proprie sostanze e capacità di lavoro.

La separazione dei beni può essere chiesta senza alcuna spesa, al momento della celebrazione del matrimonio, oppure in seguito, rivolgendosi a un notaio. Deve però sussistere il consenso di entrambi i coniugi. Il notaio provvede a trascrivere l’intervenuta separazione dei beni a margine dell’atto di matrimonio (tale trascrizione è molto importante nei confronti dei terzi).

Se il passaggio dalla comunione alla separazione dei beni è richiesto solo da uno dei due coniugi, occorre rivolgersi al tribunale. La legge contempla diversi motivi di scioglimento della comunione, che può avvenire (articolo 193 codice civile) in caso di: interdizione, inabilitazione, cattiva amministrazione del patrimonio da parte di uno dei coniugi, sperpero e disordine nella gestione degli affari.

 

Filtri di protezione INTERNET per bambini

Per proteggere i bambini da contenuti indesiderati presenti sul web, esistono vari metodi, riconducibili a due approcci principali:

  • gli approcci educativi, che mirano a responsabilizzare i ragazzi, a condividere con loro le esperienze di navigazione, e a dar loro gli strumenti conoscitivi e culturali per proteggersi in autonomia;
  • gli strumenti di controllo e di filtro automatico dei contenuti, che consentono al genitore, i primi, di “spiare” l’attività on line dei figli e, i secondi, di impedire che i bambini accedono a determinati tipi di siti.

Ogni genitore sceglie, in base ai propri criteri, quale dei due approcci privilegiare e quale mix tra i due eventualmente adottare. In questa pagina, offriamo una rapida panoramica sui filtri, relativi perciò al secondo approccio.

Criteri generali

I ragazzi sono mediamente più abili dei genitori, ad usare il computer. Per cui, una volta adottata la logica – dopotutto basata sulla sfiducia – dei filtri, bisogna aspettarsi che il ragazzo provi ad aggirarli.

Molti prodotti in circolazione sono basati sul filtro di parole chiave e liste di siti, ma fanno riferimento prevalentemente alla lingua inglese.

Dal momento che le esigenze di navigazione del minore si evolvono molto rapidamente, è molto più facile controllare a posteriori, che filtrare a priori.

Per il controllo dei siti visitati, molti genitori hanno l’abitudine di consultare la cronologia del browser, ma i ragazzi più “furbi” imparano prestissimo a ripulire la cronologia prima che il computer vada nelle mani del genitore.

Cosa si può fare
  1. Come criterio generale, si può configurare il computer in modo che abbia più “utenze“, ciascuna con la sua password, una per ciascun componente della famiglia, e ciascuna con i permessi appropriati. Questo si può fare sia con Windows, sia col Mac. Entrambi i sistemi operativi hanno una funzionalità di controllo genitori (“parental control“), che consente, tra le altre cose, di stabilire un linite di tempo giornaliero per la navigazione, un limite di orario, di impostare un filtro rispetto ai siti visitabili, di controllare a posteriore i siti visitati.
  2. Per i più piccoli, una soluzione può essere quella di installare degli appositi browser per bambini, i quali si basano non su liste di siti proibiti ma, al contrario, su liste di siti visitabili (“white list“). Uno dei più noti è KidZui, che però è in inglese, lingua che per molti genitori rappresenta un ostacolo, mentre pe i bambini può essere un’opportunità in più. Altrimenti, initaliano, c’è Il Veliero.
  3. Un’alternativa è un sistema di reportistica come YuControl (in italiano), che consente al genitore di essere informato in tempo reale e/o periodicamente sulla navigazione web effettuata dal figlio.
  4. Lo stesso browser Firefox offre molte estensioni su questo tema, tra le quali R-Kiosk, che trasforma la visione del browser Internet a tutto schermo senza possibilità di utilizzare menù e tasti funzione, e Pro-Con, che permette di stabilire quali siti possono essere visitati e quali no.
  5. Un altro ambito da tenere sotto controllo è YouTube, dove è possibile impostare la “Modalità di protezione“, che impedisce l’accesso a video con determinate parole chiave. Il link per attivarla si trova proprio in fondo alla pagina. Ma gli stessi gestori del sito avvertono che non possono assicurare una precisione al 100 per cento, rispetto ai contenuti filtrati.
  6. Infine, per chi teme soprattutto le chat e ritiene che il piccolo non saprà cavarsela da solo, l’unica soluzione è impedire al computer di accedere a determinati siti, con l’aiuto di un programma tipo BinarySwitch Eclipse, su Windows, valido sia per Explorer che per Firefox. Sul Mac lo stesso risultato si ottiene configurando le singole utenze.

 

 

Politiche attive 

Per “Politiche attive del lavoro” si intendono tutte le iniziative messe in campo dalle istituzioni, nazionali e locali, per promuovere l’occupazione e l’inserimento lavorativo.

La sua base teorica è il Welfare to work. Esso nasce per colmare le lacune del Welfare State, il sistema progettato dallo Stato inglese ai tempi della prima Rivoluzione industriale per assistere masse di diseredati che abbandonavano le campagne per fornire manodopera alle fabbriche.

Con il passare del tempo ed il susseguirsi di periodiche crisi economiche – le cui conseguenze dirette sono disoccupazione ed emarginazione sociale – sono stati approntati diversi modelli, passando da un approccio universalistico ad uno tagliato su misura del singolo individuo.

La dicotomia più nota è quella tra politiche passive e politiche attive. Le prime puntano a contrastare la disoccupazione e i disagi ad essa connessi predisponendo misure di supporto come il sostegno al reddito. Le seconde si articolano lungo le quattro direttrici indicate primanell’Agenda di Lisbona e poi nella Strategia Europea per l’Occupazione (SEO) :

  1. Occupabilità: migliorare le capacità di un individuo di inserirsi nel mercato del lavoro
  2. Adattabilità: aggiornare le conoscenze individuali per renderle compatibili con le esigenze del mercato
  3. Imprenditorialità: sviluppare qualità e spirito imprenditoriali per avviare un’azienda e contribuire all’autoimpiego
  4. Pari opportunità: favorire politiche di uguaglianza per aumentare i tassi di occupazione femminile.

Gli strumenti per realizzare questi obiettivi sono: la formazione, la riqualificazione, gli strumenti di orientamento, l’alternanza scuola lavoro, i tirocini e le work experiences.

 

Handicap e integrazione nel lavoro

Nel contesto di una politica sociale tesa alla lotta contro l’esclusione, che afferma i principi democratici e irrinunciabili del diritto di cittadinanza, si inseriscono le disposizioni di legge per garantire agevolazioni ai disabili e ai parenti che li assistono.

Il diritto al lavoro dei disabili riceve apposita tutela. I datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad inviare agli Uffici competenti, da individuarsi nelle Amministrazioni Provinciali (centri per l’impiego locale) di ogni regione , un prospetto dal quale risulti il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, il numero e i nominativi dei lavoratori computabili nella quota di riserva, nonché i posti di lavoro e le mansioni disponibili per i lavoratori disabili. Legge numero 68 del 12 marzo 1999, all’articolo 9, comma 6.

La persona disabile che lavora può usufruire dei permessi(rispettivamente, permessi “ad ore” e permessi “a giorni”). Il tipo di permesso richiesto, a giorni o ad ore, può essere senz’altro cambiato da un mese all’altro previa semplice modifica della domanda a suo tempo avanzata. Legge numero 104 del 5 febbraio 1992, articolo 33, comma 6

I permessi di cui sopra, risultano coperti da contribuzione figurativa, oppure possono formare oggetto di versamenti volontari. Il lavoratore disabile, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso. Legge numero 1204 del 30 dicembre 1971, articolo 10.

datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori portatori di handicap in misura percentuale al numero dei dipendenti. Per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti l’obbligo di assunzione si applica solo in caso di nuove assunzioni.

Per i servizi di polizia, della protezione civile e della difesa nazionale, il collocamento dei disabili è previsto nei soli servizi amministrativi. Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni. Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute.