Personaggi nella storia di Zelo

Giuseppe Natale Gellera,Gilera_logo

più noto come Giuseppe Gilera nato a Zelo Buon Persico il 21 dicembre 1887 è stato un imprenditore italiano, fondatore della azienda automobilistica italiana Gilera.

Nasce alle ore sei antimeridiane a Zelo Buon Persico, piccolo paese a sud-est di Milano da Santo Gellera (Gillera nell’atto di battesimo) e da Giuseppa Farina, sesto di sette figli.

Zelo: Onorata la memoria di Giuseppe Gellera, il fondatore della celebre casa motociclistica italiana Il comune non dimentica il suo mito: Giuseppe Gellera, Gilera, il fondatore dell’omonima casa motociclistica. Durante la sagra, celebrata sotto la pioggia, è stata scoperta una targa in suo onore. La si può vedere in piazza Italia, lì dove prima era la casa natale di Gellera. Lo confermano anche i racconti della Sig.ra Omacini Adelaide, moglie di Mario Oreglio detto Mario Moro nipote di Diamante Gellera che a sua volta era cugina di Giuseppe Natale Gellera, la casa natale si trovava in Corte Vecchia o Bassa con accesso (oggi da Via Falcone), con una moltitudine di famiglie che si dividevano le case coloniche. Ora tutto è diverso, si è trasformato: non c’è più la cascina, c’è un palazzo che ospita sul suo muro un rettangolo d’oro con su scritta una dedica. 

Alla manifestazione erano presenti i nipoti del fondatore della casa motociclistica Massimo e Fabio Lucchini, con il cugino Silvano Grana (figlio di Rosolino, ottimo pilota degli anni ‘30), che hanno testimoniato il loro apprezzamento per l’iniziativa. Il Sindaco di Zelo B. P. Paolo Della Maggiore: «È stato bello riallacciare i legami con il paese natio da parte degli avi. Per noi è un’appuntamento importante e i Lucchini/Gilera si sono dimostrati molto disponibili, accompagnandoci in questa Sagra 2010 che ha visto la partecipazione anche di una delegazione del Registro Storico Gilera». Questo è il secondo memorial in onore di Giuseppe Gellera “imprenditore italiano e fondatore

annullo

Nel 1896 Giuseppe è con la famiglia a Milano e nel 1899 inizia a lavorare come apprendista alla F.I.V. Edoardo Bianchi, nel 1909 passa alle dipendenze di Ernesto Bucher come meccanico motociclista: lavora lì per quattro anni, poi compie una breve esperienza presso la Motorêve diGinevra, nella filiale italiana di via Magenta a Milano. Nel frattempo frequenta i corsi di disegno serali all’Accademia di Belle Arti di Brera e nel 1909, a 22 anni, costruisce la sua prima moto, la VT 317.

Giuseppe Gilera durante un allenamento nel 1910

Tra il 1908 e il 1912 partecipa a diverse corse motociclistiche: vince per tre anni consecutivi la ComoBrunate, gara in salita; è primo, nel 1911, al Trotter di Milano e si impone, a media record, nel 1912 al circuito di Cremona.

Il 7 maggio 1914 Giuseppe si sposa a Cremona con Ida Grana originaria diCastelnuovo Bocca d’Adda (LODI) e, dopo un figlio perduto, nascono Giliola (6 luglio 1915), Olga (7 luglio 1921) e Ferruccio (25 marzo 1930 – 9 ottobre 1956)

Nel 1916 Giuseppe si trasferisce ad Arcore: per un anno circa la piccola officina viene ospitata presso i capannoni dell’industria del legno Bestetti, poi trova la prima sede propria in Borgo Milano, attuale via Casati.

Nel 1917 Giuseppe è vittima di un grave incidente stradale mentre ritorna a casa in moto di sera: probabilmente non vede un carretto dal quale sporge un palo e nell’impatto si perfora un polmone che gli verrà rimosso. Viene curato dal dottor Krenzlin prima nel sanatorio di Prasomaso (nell’altaValtellina), ma poi egli gli suggerisce l’aria pulita di un paesino sopraVarennaEsino Lario. Qui Giuseppe passerà parecchio tempo mentre Ida manda avanti la piccola officina ad Arcore.

Nell’autunno del 1923 acquista un terreno ad Arcore in via Cesare Battisti 68 dove viene costruito il nuovo stabilimento che resterà la sede definitiva della Moto Gilera e dove, a fianco, Giuseppe costruisce, nei due anni successivi, la propria nuova casa.

Nel 1930 partecipa alla gara Como – San Maurizio e vince nella categoria veterani; è probabilmente l’ultima gara. (dato non certo)

Nel novembre del 1934, insieme con quattro soci, costituisce la Società Anonima Cooperativa Idroelettrica delle Valli di Esino Lario (Sacivel) per assicurare al comune la fornitura dell’elettricità: la centrale elettrica sarà anche dotata di due motori diesel che Giuseppe va ad acquistare a Gallipoli e fa portare a Esino.

Nel 1938 viene aperta un’officina di moto a Tripoli, in Libia e viene mandato Valentino Grana, cognato di Giuseppe, a sovrintendere all’attività; quest’ultimo rimarrà a Tripoli e verrà fatto prigioniero; ritornerà solo dopo laseconda guerra mondiale a Genova mentre l’officina cessò ogni attività con l’occupazione inglese.

Nel 1943 la fabbrica di Arcore viene requisita dai tedeschi, la famiglia è sfollata ad Esino. Giliola convince un colonnello delle SS a non rastrellare diversi uomini di Esino, tra i quali suo padre, e a non portarli in Germania[senza fonte]. Nel frattempo la casa di Arcore è occupata da un militare tedesco, il signor Lang, che vive nella torretta: i rapporti con i Gilera rimarranno comunque buoni e Lang diventerà un funzionario dellaVolkswagen incontrandosi a Stoccarda nell’immediato dopoguerra con Giuseppe e Giliola, di ritorno da Assen.

Nel 1945 ? a seguito di forti disordini nel dopoguerra Giuseppe viene estromesso dalla sua azienda ma verrà richiamato dopo pochi mesi; durante questa pausa rivolge la sua attenzione al mare (sarà una delle grandi passioni della sua vita) e acquista in successione tre piccoli mercantili che vengono battezzati Gilera I°Giliola e Sant’Ambrogio, con i quali darà vita a commerci marittimi nel Mar Mediterraneo.

Nel 1952 è il primo viaggio di Giuseppe e Ida a Buenos Aires. Qui incontrano il generale Peron e vengono gettate le basi che porteranno alla costituzione della Gilera Argentina S.A.C.& I. e sarà proprio in Argentina che il 9 ottobre del 1956, per una malattia tropicale, muore il ventiseienne figlio Ferruccio, erede designato al timone aziendale.

Nel 1958 Giuseppe viene nominato Cavaliere del Lavoro dal presidenteGronchi e vi è una grande cerimonia nello stabilimento di Arcore mentre, nello stesso anno, cominciano i primi scioperi nell’azienda.

Nel 1964 per sostenere la loro attività, Giuseppe e Ida effettuano un consistente aumento di capitale conferendo numerosi beni personali ma ciò non impedirà che, il 19 novembre 1969, la Piaggio acquisti i beni ed ilmarchio della Moto Gilera. Giuseppe e Ida abbandonano l’azienda fondata 57 anni prima, ma continuano ad abitare nella casa posta in adiacenza al comparto produttivo.

Nell’agosto del 1971, durante una crociera, Giuseppe ha un primo malore, dal quale si riprende; pochi mesi dopo, il 20 novembre, la sua vita giunge al termine.

Notizie su Luigi Carlo (“Luisin”) Gellerafrancobollo_gilera_1
Nasce a Zelo Buon Persico il 4 dicembre 1891, ultimo figlio di Felice Santino e Giuseppina Farina.
Fu stretto collaboratore di suo fratello maggiore Giuseppe, che seguì a Milano, lavorando con lui nella prima officina di corso XXII marzo 42.
Rivelò presto passione e talento per le corse di velocità e regolarità, prima su moto sciolte, poi con il sidecar.
Iniziò l’attività nel 1912, nella corsa in salita Como – Brunate e la concluse nel 1939 vincendo la Medaglia d’argento alla XXIma Sei Giorni Internazionale di regolarità.
Numerosissime le corse vinte nel periodo di attività, tra le quali spiccano le due vittorie (vaso d’Argento) nella Sei giorni internazionale del 1930 e 1931 e la vittoria nella durissima gara Milano Taranto (1.300 Km.) del 1939 con il sidecar a media record : aveva 48 anni.
 Fu anche finissimo meccanico specialista dei motori monociclindrici.gilera
Gli venne assegnata, ancor giovane, una medaglia al valor civile per aver salvato un ragazzo dalle acque di un fiume.
Come tutti gli altri fratelli di Giuseppe, non mutò mai il cognome da Gellera in Gilera ma, in campo sportivo, fu sempre chiamato Gilera.
E’ morto ad Arcore nel 1957.

Registro Storico di Arcore

segreteria@registrostoricogilera.org

targa GILERA

DOTT. SACCHI ALBERTO
SACCHI  ALBERTO
nato a Tortona il 22.08.1899
coniugato con Lossani Maria a Pavia il 26.05.1927
immigrato a Zelo B.P. il 21.03.1928 dal Comune di Alessandria
è stato medico condotto dal 1928 al 1970
deceduto a Zelo B.P. il 09.10.1970 nella sua abitazione
(ha abitato in via Roma n. 28, Via Roma n. 40 e in Via Dante n.66, dove è deceduto – n. civici di allora).
Moglie: LOSSANI MARIA
nata a Cava Manara il 09.07.1897
immigrata a Zelo B.P. il 21.03.1928 dal Comune di Alessandria
era casalinga ed è stata insegnante elementare

emigrata a Bottanuco (Bg) il 01.12.1972

 

Figlia: SACCHI CARLA
nata a Zelo Buon Persico il 15.01.1928
coniugata con Invernizzi Mario a Tortona il 06.04.1953
iscritta a Zelo B.P. dalla nascita
è stata farmacista
emigrata a Bottanuco (Bg) il 17.08.1967
ha abitato in Via Roma e poi in Via Adda n.11 – Fraz. Bisnate

 

 

Figlio: SACCHI ADOLFO
nato a Zelo Buon Persico il 13.05.1930
coniugato con Bocca Maria a Pavia il 25.08.1975
iscritto a Zelo B.P. dalla nascita
è stato anche lui medico (dentista)
emigrato a Roma il 24.07.1976
deceduto a Roma il 27.02.2010

Don Antonio Arioli:

Nato a Zelo il fondatore dei Legnanesi
Arioli Don Antonio è nato a Zelo B. P. il 12 Novembre 1918, parroco di Rescaldina è stato il fondatore della compagnia teatrale “I LEGNANESI”

Dall’anagrafe del Comune di Zelo B. P. non si è trovato il cartellino anagrafico quindi non sappiamo quando se ne sia andato da Zelo, però è stato trovato l’atto di nascita:
ARIOLI ANTONIO nato a Zelo Buon Persico (Molinazzo) il 12/11/1918 alle ore 13,00. Figlio di Domenico Arioli (lattaio) e di Valsecchi Margherita (casalinga).


Chi avesse informazioni può rivolgersi all’Ufficio Anagrafe.

E’ deceduto all’ospedale di Legnano don Antonio Arioli, il sacerdote fondatore la Compagnia teatrale dei Legnanesi.
Da tempo ammalato, nell’ultimo mese il suo fisico si è indeblito ancor più. Nato a Zelo B. P. Aveva 92 anni. Risiedeva a Rescalda dove dal 1959 al 1997 era stato parroco. 

“Ci ha lasciati un sacerdote che ha svolto la sua missione in maniera esemplare – commenta il dr. Massimo Gasparri, già sindaco di Rescaldina e medico che ha assistito don Antonio fino alla fine – ma ci lascia soprattutto un uomo dalla risorse infinite e di una umanità unica”.

“Quando il 25 aprile 1959 è arrivato a Rescalda – prosegue il medico – mancava tutto. E’ stato lui a far costruire la sala cinematografica, la posta, la banca, la farmacia, poi l’attuale chiesa, la cui forma architettonica vuol essere in omaggio al Cervino. Appassionato di montagna, ha scalato più di una volta il Monte Bianco. Un personaggio straordinario”.

Anche don Gianni Proserpio, che gli è succeduto come parroco, ha un ricordo particolare: “L’espressione “mettersi a riposo” gli era oscura – afferma il sacerdote – . Diceva ancora una messa al giorno, mi sostituiva quando ero assente, visitava gli ammalati, si recava in chiesa un’ora prima della funzione e pregava, pregava. Aveva una fede grandissima. Per il 60° di sacerdozio gli avevo proposto un volo in elicottero sul Resegone, dove lui aveva piantato una croce. Mi ha risposto: “Cosa credi? Posso andarci con le mie gambe!”.

Ma la fama più costante nel tempo che ha seguito don Antonio si riferisce alla fondazione del gruppo iniziale che avrebbe dato vita alla compagnia dialettale “I Legnanesi”.

Siamo nel 1947 – leggiamo nel volume La Teresa – Storie grame di povertcrist a cura di Renato Besana e Giorgio D’Ilario –  in piena ricostruzione, Milano è ancora lontana per la gente che vuole godersi uno spettacolo. Musazzi decide così di sopperire a questa esigenza e inventa la formula del suo teatro. All’inizio solo monologhi, poi scrive un canovaccio che prevede anche personaggi femminili, ma il coadiutore della parrocchia del Santo Redentore, don Antonio Arioli, lo blocca: “Tu sei matto! Sa po nó, sa po nó” . Il card. Schuster aveva infatti diramato una disposizione che impediva agli uomini di recitare insieme alle donne negli oratori parrocchiali.(…) Musazzi aggira l’ostacolo: tutte le parti femminili saranno recitate da uomini travestiti da donne. Il primo spettacolo, E un dì nacque Legnarello,  va in scena l’8 dicembre 1949.Il successo è crescente ma quando Musazzi chiede a don Arioli almeno un rimborso spese, si sente rispondere che “negli oratori si lavora gratis”.
Ancora di recente, esattamente il 3 aprile scorso, don Antonio ha avuto la forza di presenziare a uno spettacolo della “sua” compagnia al Teatro della Galleria. Con la sala affollata, quando Antonio Provasio ha annunciato la presenza di don Antonio, tutto il teatro è esploso in uno scrosciante applauso.
Don Antonio, seppur visibilmente emozionato e commosso, con estrema lucidità, a dispetto dei suoi quasi 93 anni, ha raccontato come è nata la Compagnia, il rapporto di amicizia e di stima che l’ha unito a Felice Musazzi. Lui e l’attore: due persone la cui genuinità ha dato vita alla genialità di un progetto che ancora oggi vive di una incredibile attualità.
“Un sacerdote che qui a Legnanello ricorderemo sempre – ci dichiara Stefano Quaglia, animatore della parrocchia Santo Redentore – forse un po’ burbero, ma umano, sensibile, trascinatore, unico. Il suo passaggio in parrocchia ha lasciato esempi importanti per la comunità. Non lo abbiamo mai dimenticato eppure da quando ci ha lasciati per Rescalda sono trascorsi più di quarant’anni”.

“I rescaldesi – leggiamo in “Partecipare” periodico di Rescaldina – hanno avuto il privilegio, forse irripetibile, di avere, come parroco, una persona ineguagliabile che ha lasciato un segno positivo in tutte le tappe del proprio percorso di vita e di sacerdozio. Ogni rescaldese, con il profondo amore che nutre per il suo “Don”, deve esserne orgoglioso.

Grazie “Don”! “.

 

Giuseppe Sabbioni Campione del Mondo in Belgio

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Campione di Tiro al Piattello Giuseppe Sabbioni nasce a Mignete frazione di Zelo Buon Persico il 24 dicembre 1928, ultimo di sei fratelli, per necessità economiche della famiglia si avvicina molto presto al mondo del lavoro, facendo il fattorino.
Raggiunta la maggiore età, con il consenso dei genitori, ottiene il porto d’armi e imbraccia ufficialmente per la prima volta un fucile. Giuseppe racconta che all’epoca andare a caccia oltre ad essere un divertimento, in breve tempo si trasforma nella sua più grande passione, ed è anche un modo per portare sostentamento alimentare alla famiglia.

Vinti 16 GranpremiSabbioni4
All’età di ventidue anni, noti ormai i sempre positivi risultati in ambito venatorio, Giuseppe intraprende l’attività sportiva del tiro al piattello. Inizialmente si esibisce in modo amatoriale nelle feste popolari e nelle sagre di paese. Accortosi che è in grado di ottenere costantemente i punteggi più alti, appoggiato dagli amici osa di più. Nel 1978 partecipa e vince la prima gara importante della sua nuova carriera: un gran premio della FITAV (Federazione Italiana Tiro a Volo).
In tutta la sua carriera vincerà ben 16 gran premi, 11 campionati italiani, un campionato mondiale (Belgio). Giuseppe racconta come questo sport è un’attività molto costosa, in passato come oggigiorno. Per poter diventare un buon tiravolista è necessario sparare circa 2000 piattelli l’anno, quindi un costo non indifferente specie per la realtà economica di allora.

CAMPIONE DEL MONDO IN BELGIOSabbioni3
Vinti 11 Campionati Italiani e 1 Mondiale

Si emoziona ancora parlando del suo colpo di fortuna: “nel 1983 vinsi un campionato italiano a Brescia e dopo le premiazioni venni avvicinato da un signore di nome “Maiocchi””, proprietario dell’omonima casa produttrice di munizione (cartucce). Maiocchi mi chiese: “ Signor Sabbioni, lei che cartucce usa?” e io risposi: “ le più economiche sul mercato”. Fu così che il Sig. Maiocchi strinse un accordo con Giuseppe che prevedeva un crescente premio in munizioni ad ogni campionato italiano e gran premio vinto.

Sabbioni alle Olimpiadi di Los Angeles

Senza tralasciare la sua professione di Guardia Giurata Venatoria svolta per oltre quarantenni e l’impegno come istruttore di tiro a volo nei poligoni milanesi, dopo tante ore e sacrifici di allenamento nell’ottobre del 1983, Giuseppe vince a Bologna un Granpremio che gli comporta la selezione alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984. La carriera tiravolistica di Giuseppe termina nel 1985 dopo un intervento chirurgico alla spalla, costringendolo a lasciare sia l’attività sportiva sia l’attività amatoriale della caccia.

Sabbioni

CRENNA ANDREA

Discorso letto alle ore 10,45 in piazza a Zelo Buon Persico, in occasione della posa della targa dedicata a CRENNA ANDREA

Vorrei prima di tutto ringraziare tutte le associazioni presenti: l’Anpi, i reduci ed i combattenti, l’aeronautica, la banda e la protezione civile.
Un ringraziamento particolare va all’amministrazione comunale di Zelo Buon Persico ed in particolare al sindaco Paolo della Maggiore ed all’assessore alla cultura Castoldi Luciano.
Un ringraziamento speciale va ai soci della nostra associazione il Gruppo Storico e Culturale di Zelo Buon Persico perché con il loro impegno rendono possibile tutto questo.

E’ d’obbligo ricordare alcuni momenti importanti di quel periodo storico – il 1848- l’anno della rivoluzione direi “europea “.
Il 1848 fù l’anno in cui si può affermare prese maggior vigore l’idea della possibilità da parte delle genti di questo continente , di creare Altre Entità, differenti dagli stati monarchici.
Anche se si dovette attendere tempi migliori prima che questo potesse attuarsi completamente.
Ebbene anche il nostro paese fece la sua parte.

UN paese, Zelo Buon Persico, stanco di un governo austriaco che imponeva una forte tassazione per il mantenimento di un ‘opera _ IL PONTE IN LGNO DI BISNATE _ nel 1847.

E fu proprio in quei giorni che dalle nostre terre e da quelle limitrofe, partirono 40 volontari per portare soccorso ai cittadini di milano , una città in rivolta, che con la loro lotta selle barricate stavano cercando di cacciare lo straniero dalle nostre città, e dalla Lombardia.

Fu un coadiutore di Paullo , Don Carlo Moro che partì con i volontari, e si portò sotto le mura di Milano, a dare man forte.

Il nostro concittadino Crenna Andrea a cui oggi dedichiamo questa targa, lavorava presso Porta Tosa ( Porta Vittoria ) in un’osteria. Non sappiamo se in questi giorni fosse al seguito, di Don Carlo Moro, o se avesse già combattuto sulle barricate a Milano, ma sappiamo che proprio in quei giorni venne ferito, e morì il 29 Marzo 1848.

Il nome del nostro concittadino e posto già sul monumento ai caduti in Piazza 5 giornate, è posto già sul monumento ai caduti in largo augusto, insieme a tutti gli altri cittadini Milanesi e delle altre province Lombarde che a centinaia perirono per liberare Milano.

Per questo motivo abbiamo sentito il dovere , di porre anche il suo nome e di vederlo campeggiare, sul monumento ai caduti , nella nostra cittadina.
Siamo lieti di poterlo posizionare alla base del monumento perché tutti quelli che vennero dopo di lui, combatterono grazie anche al suo sacrificio.
Per difendere un idea di stato, che proprio in questi giorni, sentiamo il bisogno di RICOSTRUIRE.
Mancava un pezzo di storia in questo monumento, oggi chiudiamo un cerchio, completiamo una pagina, e siamo felici di essere stati, i promotori e di essere qui insieme a voi ad attuare tutto questo.

Piercarlo Pizzi
presidente del Gruppo Storico e Culturale di Zelo Buon Persico

Giornata dell’Unità d’Italia 17 Marzo ore 10,30 – Targa ad Andrea Crenna

L’Amministrazione Comunale di Zelo B. P., il Gruppo Storico e Culturale, le Associazioni ANPI, Combattenti e Reduci, Aeronautica Militare e il corpo bandistico G. Verdi di Zelo

Vi invitano: Domenica 17 Marzo 2013 – Ritrovo: ore 10,30 in Piazza Italia

Alzabandiera
Discorso del Sindaco di Zelo B. P. Paolo Della Maggiore
Inaugurazione targa ad Andrea Crenna
Deposizione di fiori
Spari a salve

Una targa per ricordare che l’Italia “è stata fatta” anche attraverso notevoli sacrifici, tra cui la vita dello zelasco Andrea Crenna

Tra i “ribelli per amore della libertà” spicca Don Carlo Moro, un prete di Paullo, il quale organizzò una colonna di giovani che si batterono con coraggio a Porta Tosa-Porta Vittoria, ed ancora a Paullo.
Tra i caduti del marzo 1848, l’Amministrazione di Zelo B. P. ricorda il suo giovane concittadino ventunenne Andrea Crenna morto per le ferite riportate durante le fatidiche 5 Giornate di Milano.
È in questa data che nel 1861, è stato proclamato il Regno d’Italia. Per questo motivo è stata creata un’occasione nuova per tenere viva nella società civile e nelle istituzioni la memoria dell’anniversario.

L’intento è quello di promuovere a Zelo, come accade anche negli altri paesi del mondo, il rispetto dei simboli civili che rappresentano la nostra comunità nazionale ed il nostro Stato.

Assessore alla Cultura Luciano Castoldi

 Crenna Andrea di Zelo Buon Persico cameriere d’anni 23 caduto durante le Cinque Giornate di Milano. 
Tra i “ribelli per amore della libertà” spicca Don Carlo Moro, un prete di Paullo, il quale organizzò una colonna di giovani che si batterono con coraggio a Porta Tosa-Porta Vittoria, quindi a Melegnano e ancora a Paullo (tra i caduti delle Cinque Giornate si ricordano una dozzina di persone di Calvairate e il giovane Andrea Crenna di Zelo Buon Persico.
Il contributo del Sud Est Milano all’unità nazionale: da Paullo e Zelo B.P. una colonna di giovani capitanata da Don Carlo impegnò gli austriaci a porta Tosa
Così come è avvenuto e avviene nel resto della Penisola, anche nella nostra zona in queste settimane si sono svolte o sono tuttora in corso varie manifestazioni per i 150 anni dell’Unità, culminate con la festa solenne del 17 marzo scorso, data di proclamazione dello Stato italiano.
Per cominciare, una premessa: sbaglia chi crede che fuori di Milano, in campagna – tale erano allora i dintorni della metropoli – si vivesse in una specie di oscura terra d’avorio o di triste prigione, avulsi da tutto ciò che succedeva intorno, estranei a qualsiasi moto di novità o miglioramento. Niente affatto! A volte addirittura erano gli umili campagnoli a suonare la sveglia, ad annunciare il progresso. Le idee buone e brillanti non sono prerogativa di nessuno: albergano ovunque ci siano delle intelligenze e delle sensibilità. L’anelito alla libertà accomuna gli spiriti nobili, ovunque essi risiedano. E l’unità fa la forza. Lo dimostra appunto il Risorgimento italiano, lo prova l’epopea garibaldina. Fin tanto che la richiesta di indipendenza dallo straniero e le brame di Unità rimasero confinate nell’ambito delle élites, di pochi cospiratori intellettuali, il fallimento era assicurato; quando invece il Risorgimento allargò la base ai ceti popolari di città e campagna, finalmente trionfò (avverrà lo stesso con il “secondo Risorgimento d’Italia”, vero movimento di popolo: la Resistenza e la liberazione dai nazifascisti).

Le avvisaglie del successo, di questa felice e virtuosa unione, cominciarono a manifestarsi con le epiche Cinque Giornate di Milano, 18-22 marzo 1848. Tutte le località del Sud Est Milano presero parte attiva alla rivoluzione, e i patrioti provenienti per esempio da Peschiera, Mediglia, San Donato, Melegnano, Vizzolo, Segrate e così via diedero un contributo determinante alla vittoria.
Tra i “ribelli per amore della libertà” spicca Don Carlo Moro, un prete di Paullo, il quale organizzò una colonna di giovani che si batterono con coraggio a Porta Tosa-Porta Vittoria, quindi a Melegnano e ancora a Paullo (tra i caduti delle Cinque Giornate si ricordano una dozzina di persone di Calvairate e il giovane Andrea Crenna di Zelo Buon Persico, mentre negli scontri di Melegnano i morti furono 12, dei quali uno abitava a Balbiano, e il Conte Carlo Porro a Milano). Altri patrioti di Segrate e dintorni furono guidati all’attacco di Porta Orientale da Don Giovanni Parravicini di Redecesio, coadiutore del prevosto di Segrate.
Tornati in Milano gli Austriaci (la resa degli alleati piemontesi venne firmata dentro la Cascina Roma di San Donato), non si diedero per vinti e domi i nostri eroi: sotto la cenere continuava a covare la voglia di libertà (tra i ricercati dal regime austriaco spiccavano diversi abitanti dei nostri paesi: Paolo Binaghi di Sesto Ulteriano, Francesco Bondioli, Pietro Maestri, Carlo Ottolini, Giuseppe Panzara, Giacomo Pavesi Domenico Pecorini, Carlo Spernazzati di Melegnano, Carlo Pizzamiglio di Colturano, Natale Griffini di Calvenzano, futuro combattente a Roma).
Desiderio di libertà che sfociò nei moti repubblicani del 1853, anche quella volta, ahimè, repressa nel sangue, con l’impiccagione di molti valorosi e anni e anni di galera comminati agli oppositori, tra i quali spiccavano il calzolaio Antonio Casati di Calvairate, il cameriere medigliese Elia Cordini, Andrea Brianzoli di Melegnano, nonché Luigi Magnifico di Vizzolo Predabissi, già incarcerato nel 1847 per avversione agli austriaci. Alcuni degli irriducibili emigrarono in Piemonte arruolandosi nell’esercito sabaudo, decisi a continuare la battaglia. Fra coloro che andarono in esilio, i fratelli Antongini impiantarono a Borgosesia una filatura di lane, facendo arrivare da Linate i macchinari di una fabbrica che qui aveva funzionato dal 1834 al ’45: con quelle macchine anni dopo confezionarono le leggendarie camicie rosse dei garibaldini, e poi finanziarono la spedizione dei Mille garantendo loro la traversata dallo scoglio di Quarto e Marsala. Per fortuna, ormai la liberazione stava dietro l’angolo. Nel 1859 si ritorna in armi contro l’occupante d’Austria, avendo per alleati i Francesi. In questo frangente, l’intero territorio tornò a essere l’epicentro degli avvenimenti bellici: siccome gli austriaci, abbandonata Milano, si erano portati a Melegnano seguendo la via Emilia, Napoleone III ordina alle sue truppe di snidarli e di liberare il grosso borgo sulle rive del Lambro. Di quel feroce combattimento dell’8 giugno 1859, che provocò circa 1250 caduti, abbiamo diverse cronache; i caduti sono ricordati nel Monumento-Ossario, dove ogni anno si tiene la commemorazione civica; tra la popolazione melegnanese si registrò per fortuna un solo morto: Lorenzo Negri, di 17 anni.
Una cronaca in particolare racconta il tentativo di aggiramento compiuto dai soldati del maresciallo Mac Mahon, prossimo presidente della Repubblica francese, passando sulle nostre terre, da Linate a Bettola, Bettolino, Mediglia (ove sostarono e si cibarono all’osteria sulla piazzetta), Colturano e infine Melegnano. Una colonna di zuavi è guidata dal fittabile di Triginto, Gaetano Vittadini, che in seguito diverrà uno dei primi Sindaci di Mediglia dell’Italia unita.
Ben più celebre di lui è il generale Giuseppe Dezza, nato a Melegnano nel 1830, garibaldino della prima ora, partecipe della spedizione dei Mille (è effigiato in un busto sotto al porticato del Palazzo Municipale); è lui che riceve Vittorio Emanuele II sulla strada di Teano per l’incontro con l’Eroe dei Due Mondi; altri illustri patrioti nostrani furono i fratelli Secondi, e poi molti altri. Per l’appassionata partecipazione al Risorgimento, Melegnano il 5 maggio 1982 è stata dichiarata “città garibaldina”: l’allora sindaco Michele Bellomo ricevette dal presidente del Consiglio Spadolini l’ambito riconoscimento (Garibaldi fu in visita alla città il 26 marzo 1862, accolto trionfalmente). Non meno decisivo il contributo offerto dai sangiulianesi: nell’esercito italiano che combatté nell’Italia meridionale nel 1860-61, una dozzina provenivano da San Giuliano, mentre un quintetto di loro partecipò in Roma alla presa di Porta Pia, il 20 settembre 1870, concorrendo alla fine del dominio temporale del Pontefice; altro combattente garibaldino fu Deodato Pisati, contadino nativo di Ossago ma trasferitosi poi a Triginto e più tardi a Tribiano.
La conquista di Roma segnò anche la conclusione, sul piano simbolico, del primo Risorgimento: come si espresse il premier Cavour, fatta l’Italia, a quel punto bisognava fare gli italiani. A mio modesto parere, credo che, tutti insieme, di strada se ne sia fatta parecchia: non si spiegherebbe altrimenti perché l’Italia di oggi, che ha alle spalle la Roma imperiale, il Paese delle cento città comunali e gli splendori del Rinascimento, geni universali come Leonardo, poeti e scrittori del calibro di Dante e Manzoni, figure luminose come Carlo Cattaneo o Sandro Pertini e tantissimi altri – non è retorica, ma la pura verità, che deve riempirci di orgoglio -, venga annoverata tra le Nazioni più importanti al mondo. E perciò: buon 150°, Italia!

Prof. Sergio Leondi

 

Attilio Lombardo campione ItalianoSOCCER-LOMBARDO

Nato in provincia di Caserta ma trasferitosi fin da bambino a Zelo Buon Persico, iniziò a giocare nella squadra giovanile dell’Oratorio di Zelo, mosse i primi passi nel mondo del calcio professionistico in Serie C2, appena diciottenne, con la maglia del Pergocrema, passando poi nel 1985 alla Cremonese in serie B.

 

Sampdoria

Passò poi alla Sampdoria nel 1989, sotto la guida di Vujadin Boškov, dove vinse la Coppa delle Coppe lombardo alla Sampdoria1989-1990, lo storico scudetto nel 1990-1991, la Supercoppa Italiana nel 1991 e la Coppa Italia 1993-1994giocando insieme a giocatori indimenticati come Gianluca VialliRoberto ManciniPietro Vierchowod,Gianluca PagliucaMoreno ManniniFausto PariLuca PellegriniSrecko KatanecDavid Platt e Ruud Gullit. Fu fra i giocatori cardini di quella squadra che diede lustro alla città di Genova, arrivando a conquistare anche la finale di Coppa dei Campioni nel 1991-1992, persa nei supplementari per un gol di Ronald Koeman.


Juventus
lombardo alla Juventus

Lombardo passò nell’estate 1995 alla Juventus, infortunandosi però gravemente ad un gamba durante il precampionato (frattura di tibia e perone): fu un infortunio che ne minò la carriera all’apice e lo costrinse a stare a lungo fermo. In bianconero vinse la Champions League1995-1996 e lo scudetto1996-1997.

Nel 1997, dopo l’avventura bianconera, si trasferì in Inghilterra, giocando una stagione e mezza al Crystal Palace. All’inizio del 1998 assume la carica diallenatore fino al termine della stagione. Torna in Italia nel gennaio1999, precisamente alla Lazio dove rimane fino a gennaio 2001, contribuendo alla conquista dello scudetto 1999-2000, il terzo della sua carriera dopo quello con la Sampdoria e con la Juventus nel 1996-97.

gennaio del 2001 tornò alla Sampdoria, in Serie B, dove chiuse la carriera nel 2002. È uno dei 5 calciatori (insieme a Giovanni FerrariSergio GoriPietro Fanna e Aldo Serena) ad aver conquistato tre scudetti con tre società differenti.


NazionaleLombardo alla Lazio

Lombardo vestì anche 18 volte la maglia della nazionale, a partire dal 1990 fino al 1997, durante la sua avventura inglese; tuttavia, in azzurro non ebbe mai molta fortuna, poiché gli si preferivano giocatori del calibro di Roberto DonadoniGianluigi Lentini e Angelo Di Livio.


Allenatore

Dopo la parentesi sulla panchina del Crystal Palace, al ritiro dal calcio giocato inizia ad allenare le giovanili della Sampdoria: prima per tre stagioni gli Allievi Nazionali e nella stagione 2005/2006 la formazione Primavera.Lombardo in Inghilterra

Nella stagione 2006/07 è stato l’allenatore della squadra svizzera dell’FC Chiasso. La sua esperienza oltre il Ticino è terminata nel mese di maggio, quando ha rassegnato le dimissioni, ufficialmente per mancanza di stimoli.

La stagione successiva lavora come osservatore per la Sampdoria, ma il 24 aprile2008 diventa l’allenatore del Castelnuovo Garfagnana (serie C2 girone B), sostituendo il dimissionario Barburi, a soli 180′ dalla fine del campionato, e diventando il quarto allenatore (considerando anche la parentesi di Ceccarelli, vice di Barbuti) di una stagione molto tormentata per il Castelnuovo che riesce a salvarsi solo ai play-out.

Il 28 maggio2008 firma con il Legnano in Prima Divisione.

Terminato il rapporto con i milanesi, il 4 luglio2009 Lombardo viene nominato ufficialmente nuovo allenatore dello Spezia, squadra militante in Lega Pro Seconda Divisione. Il giorno 12 ottobre2009 si dimette dalla carica di allenatore dopo un pareggio contro l’Olbia. Lascia la squadra al terzo posto in classifica.

 

 La Maratoneta Olimpionica di Zelo2 G foglio 12-5, 6-11
In redazione ci siamo chiesti ma chi è quell’atleta che incontriamo tutti i giorni sulle nostre strade, che corre, e corre velocemente?
Così abbiamo iniziato a seguirla, prima con Alberto il nostro fotografo, poi siamo arrivati noi, cercando di conoscerla meglio. Si chiama Antonella Bizioli e da alcuni anni risiede a Zelo B. P.

 Conosciamo Antonella Bizioli
Sposata con Umberto, 48 anni, mamma di Guendalina (12 anni), laureata in Pedagogia alla Cattolica di Milano. Ex insegnante. Oggi pubblicista presso la rivista “Correre”.  Olimpionica a Seul nel 1988; Medaglia d’argento a squadre nella Coppa del Mondo di Maratona di Londra nel 1991.
Ha vinto la Maratona di Venezia nel 1991; di Cesano Boscone nel 1988; è arrivata seconda nella Maratona di Honolulu nel 1991; ha vinto la mezza Maratona di Telaviv nel 1992 e ha fatto il record della corsa.
– Ha corso 18 Maratone.
– Primato Personale  (2: 31’20)
– E’ stata primatista Italiana sui 21 Km.  (1: 11’43)
E’ tesserata per la S. S. SNAM di San Donato Milanese.

I Migliori risultatiAntonella Coppa del Mondo Londra
1987  La Maratona di Roma
12° Bizioli Antonella (Ita)  2:38:52
1988  Olimpiadi di Seul
23° Bizioli Antonella (Ita)  2:38:52
1989 Maratona di Monza
1° Antonella Bizioli  1:12:30
Maratona d’Italia “ Memorial Ferrari”
2° Bizioli A. (ITA) nel 1989    02.35.45
3° Bizioli A. (ITA) nel 1990    02.34.54
Sgambada con gli amici 11 Km
1998 6a edizione CORRIFERRARA
3° Bizioli Antonella         1:17:18
STRA’ (VENEZIA) Maratona d’Italia
1° Bizioli A. nel 1988      2:31.21
1° Bizioli A. nel 1991      2:36.56
1998 Giro delle Valli – Novellara
3° Bizioli Antonella   50 3’38
1991 La Maratona di Venezia
1° Antonella Bizioli ITA 2.36.56
2003 Corrilambro

NEW YORK  . . . un appuntamento irrinunciabile.Antonella Cesano Boscone
Quella del 1998 è stata un’edizione in cui hanno spiccato i colori d’Italia, con la vittoria di Franca Fiacconi, ma anche per la presenza di Antonella Bizioli che classificatasi al primo posto nella categoria femminile dei 13 km. della Maratona di Cernusco sul Naviglio, “da Cernusco a New York”, edizione 1998 organizzata dal Lions Club Cernusco sul Naviglio, negli States ci è sbarcata veramente, con un biglietto premio, viaggio andata e ritorno ed iscrizione alla più famosa 42 km. Arrivata a New York comincia una rocambolesca caccia al pettorale “fantasma”. Nessuna traccia del pettorale numero 1984 assegnatole dall’organizzazione della NewYork City Marathon. Finalmente dopo interminabili controlli, formulari da compilare ecco apparire il tanto sospirato pettorale. Il numero assegnatole però non le consente di partire tra l’elite dei maratoneti, infatti i pettorali a 4 cifre non danno diritto alle prime posizioni di partenza. Senza perdersi d’animo, con “un avvio lento e difficile”, gambe contratte, respirazione quasi affannata, ma lo sconforto è tale, come ricorda la stessa Bizioli, che “sulla moquette del Queensboro Bridge, messa alle corde dal mal di fegato, decido di chiudere baracca e burattini e dire basta”. Ma la stoffa del vero atleta emerge proprio nei momenti di maggiore difficoltà. È allora che si gioca il tutto per tutto. È un crescendo “…e sulla lunghissima First Avenue, quella che porta diritta a Manhattan, finalmente le mie gambe si ricordano di come s’interpreta una maratona, il ritmo gradualmente aumenta e riprendo a lottare con grinta”. Da questo momento per Antonella Bizioli tutto diventa più facile, guadagna posizioni preziose arrivando a correre gomito a gomito con un pettorale F42 (una di quelle partite in pole position). L’incitamento del marito che l’ha moralmente assistita in tutta la sua permanenza nella Grande Mela arriva proprio a proposito. Ormai è fatta Antonella Bizioli si classifica 2a nella categoria Master. In fondo ad Antonella quel pettorale numero 1984 che si è guadagnata classificandosi al primo posto della Maratona “da Cernusco a New York”, si è rivelato un buon portafortuna.

 

GIAMPAOLO RIZZOTTO

La “bandiera” del ciclismo amatoriale: «La bicicletta è una cosa meravigliosa» 
Esempio vivente della semplicità fatta persona, punto di riferimento di tutti coloro che amano la vita intesa con rettitudine e dedizione totale alle “cause buone”. Si chiama Gianpaolo Rizzotto, classe 1945, nativo di Gottolengo (Brescia), sangue misto veneto-bresciano (papà Luigi, morto 18 anni fa, era di Bolzano Vicentino, mamma Maria è bresciana, ha 94 anni), una grande vocazione sportiva (è il presidente provinciale lodigiano in carica di Acsi, la federazione dei ciclisti amatoriali) ed umanitaria (frequenta attivamente, specie da quando è in pensione, come volontario, la associazione Filo d’Argento di Zelo Buon Persico). Paolo – come viene chiamato da tutti – è davvero un personaggio a tutto tondo, capace di suscitare profonda simpatia in tutti i suoi interlocutori proprio per via di quella sua disarmante semplicità mista a convinzioni profonde e ad una convinta determinazione sulle cose da fare. La sua grande passione, sin da ragazzo, è il ciclismo. Già atleta nella Federciclo, da due anni è presidente della federazione provinciale lodigiana degli amatori, l’Acsi. Ma non ha mai smesso di gareggiare anche in età avanzata, rallentando solo negli ultimi tempi per seguire i saggi consigli dei medici. Sposato da 39 anni con la signora Maria Pia Tortorelli, ha due figlioli, Marco e Marzia, entrambi coniugati. Rizzotto, abbiamo dimenticato qualcosa nella sua scheda personale?«Volendo fare i pignoli aggiungerei che ho conosciuto mia moglie, che è pugliese di San Giovanni Rotondo, in una festa di amici a Pioltello, qui nella zona. Tra le cose che mi sono piaciute in lei è che… sopportava la mia smisurata passione per il ciclismo. Per me la bicicletta è una “cosa” meravigliosa: Maria Pia mi ha sempre sostenuto, così come i miei due figli, entrambi militanti nella federazione ciclistica amatoriale come giudici di gara, al pari di mio genero e di mia nuora. Insomma, siamo davvero una famiglia di sostenitori delle due ruote per amatori». Già, lei appartiene ad una famiglia parecchio numerosa… «I miei genitori erano persone semplici, gente di campagna, quindi amavano la prole numerosa. Io sono il primo di otto fratelli, dopo di me sono nati Ivan, che milita nella mountain bike e quest’anno ha vinto il titolo provinciale nella sua categoria, Riccardo, Loredana, unica femmina della combriccola, Renato, Oscar, Domenico, purtroppo venuto prematuramente a mancare due anni fa quando era presidente della nostra società ciclistica, infine Giuseppe. Tenga conto che ci sono poi fior di nipoti: Claudio, figlio di Ivan, è campione lombardo di mountain bike e vincitore finale della Columbus Cup, mentre Christian, rampollo di Giuseppe, vanta il titolo provinciale lodigiano e quello lombardo sempre nella mountain bike. Mi consenta di fare ancora un breve riferimento a mio fratello Domenico: era un pozzo di iniziative, sempre in fermento, la sua scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile: noi continuiamo, tutti quanti, a masticare ciclismo amatoriale nel suo ricordo». Bene, Paolo, fatte le presentazioni entriamo nel merito del suo personaggio… «Immagino che si riferisca prima di tutto alle mie esperienze di corridore. Ho cominciato a 16 anni: lavoravo in una azienda di giocattoli a Milano ed abitavo a Pantigliate, andata e ritorno li facevo in bici, consideravo quel pedalare come i miei allenamenti. Correvo per puro diletto e senza grandi pretese, mi piaceva cercare, nel mio piccolo, di imitare le gesta dei grandi Coppi e Bartali. Francamente non ho mai pensato di diventare un fuoriclasse: diciamo che lavoravo molto di fantasia, ma devo comunque dire che qualche buon risultato l’ho pure ottenuto. Da Pantigliate poi la mia famiglia ha “migrato” nelle cascine di Caleppio, Mezzate di Peschiera Borromeo, Comazzo. Quando mi sono sposato risiedevo con i genitori proprio a Mezzate, ma da 23 anni tengo casa a Zelo Buon Persico. Le famiglie di tutti gli altri miei fratelli sono sparpagliate nella zona». Ad un certo punto della sua carriera atletica scopre il “fuoristrada”… «Dapprima il ciclocross. Ricordo che quando già ero tra i dilettanti correvo nelle classiche di cross al fianco di fuoriclasse tipo Renato Longo, che poi avrebbe vinto due titoli mondiali tra i professionisti, ed i fratelli Guerciotti. Arrivai a un passo dalla nazionale, ma i soliti problemi di lavoromi frenarono. Al punto tale che, lo dico senza rammarico, ad un certo punto fui costretto addirittura a lasciare la federazione ciclistica per passare tra gli amatori Udace perché continuare a coniugare la “pagnotta” con il ciclismo agonistico era diventato insostenibile. Ho iniziato a correre con la maglia della Europhon, poi sono stato con il Ciclo Lombardo, quando conobbi i fratelli Guerciotti accettai volentieri di correre con la loro GBC. Passato tra gli amatori sono finito nel G.C. Comazzo e quindi nella Fratelli Rizzotto». Vale a dire la società ciclistica di base fondata dalla sua famiglia…«Sì, proprio così. Grazie alla Coop Lombardia e ad altri validissimi sponsor siamo riusciti, con i miei fratelli, a fondare un gruppo sportivo. È accaduto nel 1967, quindi ben 46 anni fa. Proprio nell’anno di fondazione ho ottenuto la grande soddisfazione di vincere la prima maglia di campione italiano ciclocross dell’Udace: la data è quella del 15 gennaio 1967 a Tarcento, in provincia di Udine, naturalmente ci andammo con i nostro mezzi facendo sacrifici enormi. Non dimenticherò mai quella esperienza». Un evento, pensiamo, che venne festeggiato alla grande… «Ma con la semplicità dei nostri poveri mezzi. Devo dire che, lasciati i progetti della Federciclo per le ragioni che ho ricordato, quella maglia mi regalò una gioia immensa, rappresentava il coronamento dei famosi miei sogni che si erano avverati in un freddo pomeriggio friulano. Visto che ci siamo mi consenta di aggiungere che nel corso degli anni la Fratelli Rizzotto Coop Lombardia ha maturato altri risultati eccellenti, tra cui ricordo 5 titoli mondiali, 8continentali, 35 maglie tricolori, 30 titoli lombardi ed una serie infinita di campionati provinciali. Le cito un riferimento tra i tanti: per ben tre anni di fila la Fratelli Rizzotto Coop Lombardia è risultata la migliore società nel Gran Premio Nazionale Industria e Commercio, un distintivo prestigiosissimo». In effetti, negli anni il suo sodalizio ha tenuto davvero banco… «Noi ci rivolgiamo in modo speciale alle discipline fuoristrada, cioè ciclocross e mountain bike, vale a dire, secondo gli esperti, il ciclismo del domani. Però non disdegnamo l’attività agonistica su strada e le cosiddette cicloturistiche: le nostre maglie giallo-verdi sono sempre temute e rispettate. In questi anni contiamo ben 55 iscritti tra agonisti e cicloturisti, di sicuro una delle società più numerose in circolazione, ma anche tra le prime come numero di gare organizzate. Rispondiamo volentieri agli inviti che ci vengono da svariati paesi, anche fuori provincia, per organizzare manifestazioni ciclistiche, specie nel “fuoristrada”». Lei, Paolo, successivamente a quel famoso trionfale titolo tricolore, ne ha vinto un altro, anche se dopo parecchi anni…«Sì, è stato nel 2005, ancora nel ciclocross, questa volta a Staffetta in coppia con Claudio Guarnieri, piacentino, da anni la nostra punta di diamante: Quello che conta per me è però valorizzare con ogni possibile mezzo la disciplina del ciclismo. In questi ultimi anni abbiamo aperto una bella finestra collaborativa, tanto per fare un esempio, con la Federciclo lodigiana organizzando in fondo alla stagione agonistica diverse prove promozionali di mountain bike riservate a bambini e bambine dai 7 ai 14 anni, aperte anche ai cosiddetti “non tesserati”, vale a dire a giovani non ancora inseriti in formazioni agonistiche. Devo dire che questa collaborazione viene molto apprezzata ed intende chiudere una lunga fase di diatribe tra le federazioni». Rizzotto, tanto tuonò con il suo entusiasmo che è arrivato alla carica di presidente provinciale…«Mi creda, per volere delle società ciclistiche amatoriali del Lodigiano, non certo per vocazione personale, Fosse dipeso da me avrei continuato ad operare ai miei soliti livelli: organizzazione di base e pratica agonistica. Invece, conclusa l’epopea del grande Piero Benelli di Lodi, a cui si deve la nascita e lo sviluppo esponenziale davvero ragguardevole delle attività cicloamatoriali nel comprensorio, i dirigenti hanno voluto che assumessi l’incarico di presidente provinciale di quella che oggi si chiama non più Udace, ma Acsi. Devo rammentare che con Benelli ho fatto due mandati quadriennali come vice presidente. Da lui ho imparato molto, e ho subitoproposto di designarlo come presidente onorario. Tengo poi a ricordare che mio vice è Giuseppe Donati, altro dirigente di enorme spessore, colui che, con i suoi collaboratori, ha fatto grande la Cicloamatori Turano». Vogliamo quantificare la “forza” del comitato provinciale Acsi di Lodi?«Contiamo 33 società di base, con ben 910 tesserati tra atleti e dirigenti. Nell’annata abbiamo coordinato ben 58 eventi ciclistici, i quali hanno fatto registrare la cifra record di partecipanti di oltre settemila pedalatori. Tra gli eventi proposti ci sono stati il campionato europeo su strada organizzato dalla Mulazzanese con oltre 500 partecipanti, il campionato europeo di mountain bike, il “continentale” di cicloturismo, due tappe del campionato italiano Marathon Bike Off Road, che è una delle manifestazioni più popolari in Italia, ancora tre tappe del campionato italiano mediofondo di cicloturismo, la prova unica del campionato italiano invernale di mountain bike e il campionato lombardo di mountain bike».

Primo Campione Italiano Udace di ciclocross
Tutto è cominciato tra le mura domestiche della famiglia Rizzotto, dove papà Luigi e mamma Maria hanno cresciuto ben 8 figli e con loro un’unica grande passione: il Ciclismo.
Gianpaolo Rizzotto è nato a Gottolengo (BS) il 6 Maggio del 1945, nelle categorie dilettantistiche correva con miti del ciclocross quali Renato Longo (2 mondiali prof. vinti) e i fratelli Guerciotti. Gli ottimi risultati gli hanno permesso di arrivare alle porte della squadra nazionale. poi purtroppo per problemi lavorativi ha dovuto interrompere l’attività agonistica e passare a quella amatoriale. Specialità preferita il ciclocross, ma negli ultimi anni molta MTB. Le squadre di appartenenza sono state: Europhon, Ciclo Lombardo, G.B.C., Comazzo e Fratelli Rizzotto Coop Lombardia.
I principali titoli conseguiti da Gianpaolo:
• 1° Campione Italiano Udace di Cross.
• Diverse maglie nazionali e internazionali.
• Campione Italiano 2005 cross staffetta in coppia con Claudio Guarnieri (Alfiere della Rizzotto).
• Svariati titoli provinciali.
• Attualmente corre nelle fila della Società F.lli Rizzotto della quale è il factotum. Inoltre riveste la carica di vice presidente provinciale Udace e collabora come volontario con il Filo d’Argento di Zelo B. P.
Nel 1967 nasce la società F.lli Rizzotto
Proprio nell’anno di fondazione la nuova Società ha ottenuto la soddisfazione di vincere la prima maglia tricolore. Infatti il primogenito  della stirpe, il nostro Gianpaolo, il 15 gennaio 1967 a Tarcento (UD) è entrato nella storia del ciclismo amatoriale come il primo Campione Italiano Udace di ciclocross. Nel corso degli anni la società ha raggiunto importanti risultati tra i quali ricordiamo 5 titoli Mondiali, 8 Europei, 35 Nazionali, 30 Regionali, oltre ad infiniti titoli Provinciali. Per ben tre anni è stata la miglior Società nel Gran premio Nazionale Industria e Commercio.
L’attività della Società è rivolta sopratutto alle discipline fuoristrada (ciclocross e MTB), ma anche nelle specialità in linea le ormai mitiche maglie giallo-verdi sono temute e rispettate.
Oggi la società conta ben 55 iscritti tra agonisti e cicloturisti, sono una delle squadre più numerose affiliate ai Comitati di Milano e Lodi, nonchè una società tra le prime per il numero di gare organizzate. L’attività svolta copre tutte le fasce di età, si parte a pedalare a 12 anni e si può continuare fino agli 80.
 Per info G. R. tel.  339 1396798.

 

Intervista a MARINO GUERCETTI

intervista