Ma voi consapevolmente avete scelto le tazze migliori. E subito, avete cominciato a guardare le tazze degli altri.
Godetevi il vostro caldo cioccolato!!
Il vecchio saggio sorrise compiaciuto e disse: “Una notte mi addormentai con il cuore turbato, anch’io cercavo, inutilmente, una risposta a queste domande. Poi feci un sogno. Sognai una bicicletta a due posti. Vidi che la mia vita era come una corsa con una bicicletta a due posti: un tandem. E notai che Dio stava dietro e mi aiutava a pedalare. Non so quando avvenne che Dio mi suggerì di scambiarci i posti. Acconsentii e da quel momento la mia vita non fu più la stessa. Dio rendeva la mia vita più felice ed emozionante.
Per una vita riuscita non è sufficiente “pedalare”,ma è necessario sapere chi è alla “guida”…
So che devo ringraziarti per molte cose.
Per prima cosa ti ringrazio di non essere mai stato rapinato prima,
e in un mondo come questo è quasi un miracolo.
In secondo luogo voglio dirti grazie
perché mi hanno portato via solo il portafoglio che,
come sempre, conteneva solo pochi soldi, e una vecchia borsa piena di carta.
Ti voglio ringraziare anche, Signore,
perché non c’erano con me mia moglie e mia figlia,
che si sarebbero spaventate molto e anche per il fatto che ora
non devono piangere per me.
Infine, Signore, voglio ringraziarti in modo particolare,
perché io sono stato il derubato e non il ladro»Per eliminare il male dal mondo basterebbe decidere di non esserne mai noi la causa…
quando ho sete, mandami qualcuno che ha bisogno di acqua;
quando ho freddo, mandarmi qualcuno da riscaldare;
quando sono nella sofferenza, mandami qualcuno da consolare;
quando la mia croce diviene pesante, dammi la croce di un altro da condividere;
quando sono povero, portami qualcuno che è nel bisogno;
quando non ho tempo, dammi qualcuno da aiutare per un momento;
quando mi sento scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando sento il bisogno di essere compreso,
quando vorrei che qualcuno si prendesse cura di me,
quando penso a me stesso, rivolgi i miei pensieri ad altri.
Ma dopo un poco – il Padreterno non ha ancora fatto in tempo a cominciare un lavoro – si sente un ticchettio ai vetri.
“Al solito!” dice il Padreterno sconsolato. “Non ha trovato dove posarsi…”
Quanti “vorrei” nella vita spirituale …
La madre glielo negò; la piccola zanzara continuò ad insistere …
Finalmente la mamma cedette, ma prima di lasciarla partire le disse, decisa: “Fa’ attenzione agli applausi! Le mani che applaudono ti potrebbero schiacciare!”
La superbia non paga mai.
Il superbo parte a cavallo e torna a piedi.
Il gallo canta anche il mattino in cui vien messo in pentola..
Perché non fai niente per quelli che muoiono di fame?
Perché non fai niente per quelli che sono malati?
Perché non fai niente per quelli che non conoscono l’amore?
Perché non fai niente per quelli che subiscono le ingiustizie?
Perché non fai niente per quelli che sono vittime della guerra?
Perché non fai niente per quelli che non ti conoscono?
Io non capivo, Signore.
Allora tu mi hai risposto:
Io ho fatto tanto;
Io ho fatto tutto quello che potevo fare:
Io ho creato te!
Ora capisco, Signore.
Io posso sfamare chi ha fame.
Io posso visitare i malati.
Io posso amare chi non è amato.
Io posso combattere le ingiustizie.
Io posso creare la pace.
Io posso far conoscere te.
Ora ti ascolto, Signore.
Ogni volta che incontro il dolore tu mi chiedi.
Perché non fai niente?
Aiutami, Signore, ad essere le tue mani.
CRESIMA._LETTERA_DI_UN_PADRINO
DISCORSO_DI_SUA_SANTITÀ_BENEDETTO_XVI_A_VERONA
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LA FATICA DI EDUCARE. LA LOTTA PER MATURARE
di Marco Pappalardo
Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore si sforzava per uscire da quel piccolo buco.
Dopo molto tempo sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione.
Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.
Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo, la farfalla uscì immediatamente.
Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.
L’uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all’altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.
Non successe nulla! La farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.
Non fu mai capace di volare.
Un aneddoto di poco conto forse, ma che ci aiuta a comprendere il senso in campo educativo della libertà dell’educatore e dell’educando, per non cadere nell’errore dell’uomo della storiella (gentile e di buone intenzioni); egli non aveva capito che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinché la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare.
Sì, spiccare il volo; è quello che ogni educatore dovrebbe desiderare per coloro che gli sono stati affidati, dopo essere stato il più possibile un modello e un esempio, dopo aver pensato al giovane nell’oggi, osservato le sue caratteristiche e su queste aver costruito un percorso per condurlo al cambiamento.
In ambito educativo la difficoltà maggiore sta proprio nel riuscire ad osservare, individuare, vedere e circoscrivere ciò che è possibile tirar fuori da chi si sta educando.
L’azione educativa può tendere verso la libertà nei seguenti casi: – in certe circostanze ed in certi periodi;
– per una novità occorsa, casuale o accidentale;
– in un certo spazio ed in un certo luogo;
– in funzione di uno scopo;
– aggiungendo o perdendo qualcosa di sè;
– attraverso varie fasi emotive;
– grazie a persone significative ed esperienze ordinarie e non;
– con fatica e sofferenza;
– nella fiducia e nell’accettazione della realtà ;
– in un rapporto di pari dignità ;
– in una dinamica comunitaria.
L’azione educativa è, per sua natura, sempre attraversata dal fremito del cambiamento e basta vedere i ragazzi, nel breve o nel lungo periodo, per rendersene conto.
Tutto sta nel segno della crescita e ogni intervento tenderà a sostenerla, nella libertà e con la consapevolezza che l’errore può dare buoni frutti; si progetta verso la ricerca del bene che può apparire più difficile da raggiungere e indicando che la via facile conduce spesso al male facile.
Allo stesso tempo cambiano anche gli educatori: aumentano le esperienze, le capacità educative, le competenze, le relazioni, i sogni.
La relazione educativa è ricca ed efficace solo se si fonda sulla libertà e sulla responsabilità: in questo caso produce un cambiamento positivo e la crescita di tutti gli attori in campo.
Ci viene in aiuto il film «Les choristes»: Clément Mathieu – insegnante di musica ma assunto come sorvegliante in un istituto di rieducazione per minori – è un uomo che crede al cambiamento, nel lato buono delle cose, nella possibilità che anche i ragazzi difficili abbiano sempre «un punto accessibile al bene» (Don Bosco) e che valorizzarli sia il modo migliore per non precludere loro la speranza nel futuro.
Questo ottimismo lo induce a concedere varie opportunità di crescita ai suoi giovani allievi e dalla loro maturazione e soddisfazione trarrà arricchimento lui stesso.
«Percepisco – afferma Mathieu – negli sguardi dei miei ragazzi il desiderio di libertà, di costruirsi capanne in cima agli alberi, e di non poterlo fare».
La forza di questa riflessione sta tutta in quell’iniziale percepisco, nel cogliere il bisogno, nel credere che «chi nasce tondo può morire quadrato», nel sentire un desiderio del cuore, nel trovare la chiave di volta, il codice giusto.
LE MANI
Racconto
Dicono che Dio, quando creò l’uomo e la donna, dimenticò un particolare: le mani.
Appena se ne accorse, vi pose rimedio da eccellente artista qual è: modellò mani bellissime, tenere e delicate per la donna, forti e grandi per l’uomo.
Cominciarono ad usarle. A volte le usavano bene altre volte male.
Allora Dio decise di incarnarsi, per avere lui stesso le mani e insegnare loro come dovevano usarle.
Mostrò loro come benedire, accarezzare, curare, regalare, donarsi.
Permise che inchiodassero le sue mani per dimostrare che era possibile tenerle sempre aperte, pronte ad accogliere…
Dimostrò così che due chiodi non avrebbero mai potuto inchiodare la libertà!
Durante l’anno CATECHISTICO, che ora inizia, puoi usare le mani come fa Dio: alzarle in preghiera, asciugare una lacrima, indicare un cammino, esprimere amore.
Se le tue mani sapranno essere strumenti di pace vivi ed efficaci, se da esse si sprigionerà qualche scintilla di luce, che anno luminoso sarà questo per la terra!
Chiedi alla Madonna di starti sempre accanto come stava accanto a Gesù nella casa di Nazaret e di aiutarti a compiere con le mani tanti gesti di bontà e di amore.
HO FATTO TE
Racconto
Un giorno per la strada vidi una bambina che tremava dal freddo dentro il suo vestitino leggero
e con scarse prospettive di poter consumare un pranzo decente.
Mi arrabbiai e dissi a Dio:
«Perchè permetti queste cose? Perchè non fai niente per risolverle?».
Per un certo tempo, Dio mantenne il silenzio.
Ma quella notte, improvvisamente, mi rispose:
«Certo che ho fatto qualcosa. Ho fatto te!».
Dio, nostro Padre, creatore del cielo e della terra, potente nell’amore non ci obbliga a scegliere ciò che è a Lui gradito, ma ci lascia liberi di aderire o meno al progetto che ha su di noi.
La libertà di scelta che il Signore ci lascia è un grande dono.
Il comandamento nuovo che Gesù ci ha dato «Amatevi come Io vi ho amato» completa la Legge antica: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Amerai il prossimo tuo come te stesso».
Noi saremo giudicati sull’amore che abbiamo saputo dare, perciò non chiedere mai a Dio perchè non interviene nelle cose e nelle situazioni che non ti piacciono.
Dio ha fatto te e il progetto che ha su di te è che tu, in piena libertà scelga di amare e di donarti come ha fatto Gesù.
Il Signore della Vita viene a rinnovare la sua presenza in mezzo a noi
perché non abbiamo imparato ad amare e perdonare
e ancora non sappiamo godere della gioia che ci ha portato.
UNA VISITA A SORPRESA
Racconto
Un giorno un giovane solitario venne a sapere che Dio stava per venire a trovarlo.
Si mise a correre affannato attraverso tutte le camere, salì e scese per le scale, si arrampicò fin sul tetto, si precipitò in cantina.
Vide la sua casa con altri occhi, adesso che doveva venire Dio.
«Impossibile! Povero me!», si lamentava.
«Non posso ricevere visite in questa indecenza. È tutto sporco! Non c’è un solo posto adatto per riposare. Non c’è neppure aria per respirare».
Spalancò porte e finestre.
«Fratelli! Amici!», invocò.
«Qualcuno mi aiuti a mettere in ordine! Ma in fretta!».
E cominciò a spazzare con energia la sua casa.
Attraverso la spessa nube di polvere che si sollevava, vide uno che era venuto a dargli aiuto.
In due era più facile.
Buttarono fuori le cianfrusaglie, le ammucchiarono e le bruciarono.
Si misero in ginocchioni e strofinarono vigorosamente le scale e i pavimenti.
Ci vollero molti secchi d’acqua, per pulire tutti i vetri.
Stanarono anche la sporcizia che si annidava negli angoli più nascosti.
«Non finiremo mai!», sbuffava l’uomo.
«Finiremo!», diceva l’altro, con calma.
Continuarono a lavorare, fianco a fianco, per tutto il giorno.
E, finalmente, la casa pareva messa a nuovo, lustra e profumata di pulito.
Quando scese il buio, andarono in cucina e apparecchiarono la tavola.
«Adesso», disse l’uomo, «può venire il mio Visitatore! Adesso può venire Dio.
Dove starà aspettando?».
«Io sono già qui!», disse l’altro, e si sedette al tavolo.
«Siediti e mangia con me!».
Dio non ci lascia mai soli nel compito di «far pulizia» nella nostra casa-anima.
È con noi, dalla nostra parte.
Ci incoraggia con la sua parola, ci affianca e agisce con la sua grazia.
Il sacramento della Riconciliazione è opera contemporanea di Dio e del cristiano, che si incontrano per star bene insieme e «mangiare alla stessa tavola».
UNA STORIA DI CAMPAGNA
Racconto
1 Andavano tranquilli per le vie della campagna un padre con il figlio per recarsi in città. Il figlio andava a piedi per lasciare al padre anziano un posto sul cavallo per non farlo faticar. Ma la gente che passava non capracconti la cortesia e additando il padre in sella sotto voce commentò: “Guarda un po’ che aguzzino, lui in sella e quello là deve starsene ai suoi piedi alla sua giovane età: Ma che mondo, ma che mondo di villani è questo qua, se così continuiamo, dove mai si finirà!”. |
2 Sentendo queste voci, scese il padre dal cavallo, poi mise in sella il figlio e lui a piedi camminò. La strada lo stancava, ma non si rammaricava e al figlio sorrideva per non farlo preoccupar. Ma la gente che passava non capracconti la buona azione e additando il figlio in sella con disprezzo sentenziò: “Guarda un po’ quel ragazzino con quell’aria da pascià che non ha alcun rispetto per la veneranda età. Ma che mondo, ma che mondo di poltroni è questo qua … se così continuiamo, dove mai si finirà”. |
3 Udendo quel commento, salracconti il padre sul cavallo e assieme al figlio, in sella, il viaggio continuò. Insieme eran felici e parlavano con gioia rendendo grazie a Dio, che il cavallo un dracconti creò. Ma la gente che passava non udracconti il ringraziamento e, indignata a quella vista, furiosa apostrofò: “Guarda un po’ che sfruttatori quel ragazzo e il suo papà, con quel peso sulla groppa il cavallo scoppierà! Ma che mondo, ma che mondo di imprudenti è questo qua se così continuiamo, dove mai si finirà”. |
4 Arrivò come una freccia l’aspra voce a quel bersaglio e il duo, giù da cavallo, la via a piedi continuò. Quella strana situazione non turbava il loro cuore, che con lieto buonumore la fatica sopportò. Ma alla gente che passava sembrò strano quel corteo e, scuotendosi la testa, sorridendo malignò: “Guarda un pò che gente sciocca che arriva qui in città, hanno la cavalcatura e a piedi se ne va!?! Ma che mondo, ma che mondo semplicione è questo qua, se così continuiamo, dove mai si finirà!”. |
5 Per la grande confusione di giudizi e di commenti la povera famiglia non sapeva più che far: no a piedi, no a cavallo, no da soli o in compagnia; meglio sopra, meglio sotto; bravo chi ci capirà. Ma il buon senso alla fine cominciò a prevalere ed il padre saggiamente a suo figlio commentò. |
“Non bisogna mai ascoltare i giudizi della gente, quando parla con malizia, quando non ha carità. Basta avere un cuore buono con gli estranei e con i tuoi, poi vivendo onestamente ‘ama’ e fa quello che vuoi!”. Basta avere un cuore buono con gli estranei e con i tuoi, poi vivendo onestamente ‘ama’ e fa quello che vuoi!”.