Da leggere per la propria formazione

La vita è come il cioccolato caldo
Un gruppo di laureati, affermati nelle loro carriere, discutevano sulle loro vite durante una riunione. Decisero di fare visita al loro vecchio professore universitario, ora in pensione, che era sempre stato un punto di riferimento per loro.
Durante la visita, si lamentarono dello stress che dominava il loro lavoro, vite e relazioni sociali.
Volendo offrire ai suoi ospiti un cioccolato caldo, il professore andò in cucina e ritornò con una grande brocca e un assortimento di tazze.  Alcune di porcellana, altre di vetro, di cristallo, alcune semplici, altre costose, altre di squisita fattura. Il professore li invitò a servirsi da soli il cioccolato. Quando tutti ebbero in mano la tazza con il cioccolato caldo, il professore espose le sue considerazioni.
Noto che sono state prese tutte le tazze più belle e care, mentre sono state lasciate sul tavolino quelle di poco valore. La causa dei vostri problemi e dello stress è che per voi è normale volere sempre il meglio. La tazza da cui state bevendo non aggiunge nulla alla qualità del cioccolato caldo. In alcuni casi la tazza è molto bella, e alcune nascondono anche quello che bevete. Quello che ognuno di voi voleva in realtà era il cioccolato caldo. Voi non volevate la tazza …
Ma voi consapevolmente avete scelto le tazze migliori. E subito, avete 
cominciato a guardare le tazze degli altri.
Ora amici, vi prego di ascoltarmi: La vita è il cioccolato caldo… Il vostro lavoro, il denaro, la posizione nella società sono le tazze. Le tazze sono solo contenitori per accogliere e contenere la vita. La tazza che avete non determina la vita, non cambia la qualità della vita che state vivendo. Qualche volta, concentrandovi solo sulla tazza, voi non riuscite ad apprezzare il cioccolato caldo che Dio vi ha dato. Ricordatevi sempre questo: Dio prepara il cioccolato caldo, Egli non sceglie la tazza. La gente più felice non ha il meglio di ogni cosa, ma apprezza il meglio di ogni cosa che ha!! –
Vivere semplicemente…
Amare generosamente…
Preoccuparsi profondamente…
Parlare gentilmente…
Lasciate il resto a Dio.
E ricordate:
La più ricca persona non è quella che ha di più,
ma quella che ha bisogno del minimo.

Godetevi il vostro caldo cioccolato!!
LA BICICLETTA DI DIO
 
In una calda sera di fine estate, un giovane si recò da un vecchio saggio: Maestro, come posso essere sicuro che sto spendendo bene la mia vita? Come posso essere sicuro che tutto ciò che faccio è quello che Dio mi chiede di fare?”.
Il vecchio saggio sorrise compiaciuto e disse: “Una notte mi addormentai con il cuore turbato, anch’io cercavo, inutilmente, una risposta a queste domande. Poi feci un sogno. Sognai una bicicletta a due posti. Vidi che la mia vita era come una corsa con una bicicletta a due posti: un 
tandem. E notai che Dio stava dietro e mi aiutava a pedalare. Non so quando avvenne che Dio mi suggerì di scambiarci i posti. Acconsentii e da quel momento la mia vita non fu più la stessa. Dio rendeva la mia vita più felice ed emozionante.
Che cosa era successo da quando ci scambiammo i posti?
Capii che quando guidavo io, conoscevo la strada. Era piuttosto noiosa e prevedibile. Era sempre la distanza più breve tra due punti.
Ma quando cominciò a guidare lui, conosceva bellissime scorciatoie, su per le montagne, attraverso luoghi rocciosi a gran velocità a rotta di collo. Tutto quello che riuscivo a fare era tenermi in sella!
Anche se sembrava una pazzia, lui continuava a dire: «Pedala, pedala!».
Ogni tanto mi preoccupavo, diventavo ansioso, e chiedevo: «Signore, ma dove mi stai portando?».
Egli si limitava a sorridere e non rispondeva.
Tuttavia, non so come, cominciai a fidarmi.
Presto dimenticai la mia vita noiosa ed entrai nell’avventura, e quando dicevo: «Signore, ho paura…», lui si sporgeva indietro, mi toccava la mano e subito una immensa serenità si sostituiva alla paura. Mi portò da gente con doni di cui avevo bisogno; doni di guarigione, accettazione e gioia. Mi diedero i loro doni da portare con me lungo il viaggio. Il nostro viaggio, vale a dire, di Dio e mio. E ripartimmo. Mi disse: «Dai via i regali, sono bagagli in più, troppo peso».
Così li regalai a persone che incontrammo, e trovai che nel regalare ero io a ricevere, e il nostro fardello era comunque leggero. Dapprima non mi fidavo di lui. Pensavo che l’avrebbe condotta al disastro. Ma lui conosceva i segreti della bicicletta, sapeva come farla inclinare per affrontare gli angoli stretti, saltare per superare luoghi pieni di rocce, volare per abbreviare passaggi paurosi. E io sto imparando a star zitto e pedalare nei luoghi più strani, e comincio a godermi il panorama e la brezza fresca sul volto con il mio delizioso compagno di viaggio, la mia potenza superiore. E quando sono certo di non farcela più ad andare avanti, lui si limita a sorridere e dice: «Non ti preoccupare, guido io, tu pedala!»”.
Per una vita riuscita non è sufficiente “pedalare”,ma è necessario sapere chi è alla “guida”…
Il grembo
In un grembo vennero concepiti due gemelli.
Passavano le settimane e i bambini crescevano. Nella misura in cui cresceva la loro coscienza, aumentava la gioia: «Di’, non è fantastico che siamo stati concepiti? Non è meraviglioso che viviamo?».
I gemelli iniziarono a scoprire il loro mondo.
Quando scoprirono il cordone ombelicale che li legava alla madre dando loro nutrimento, cantarono di gioia: «Quanto grande è l’amore di nostra madre che divide con noi la sua stessa vita!».
A mano a mano che le settimane passavano, però, trasformandosi poi in mesi, notarono improvvisamente come erano cambiati. «Che cosa significa?», chiese uno.
«Significa», rispose l’altro, «che il nostro soggiorno in questo mondo presto volgerà alla fine».
«Ma io non voglio andarmene», ribatté il primo, «vorrei restare qui per sempre».
«Non abbiamo scelta», replicò l’altro, «ma forse c’è una vita dopo la nascita!».
«E come può essere», domandò il primo, dubbioso, «perderemo il nostro cordone di vita e come faremo a vivere senza di esso? E per di più altri prima di noi hanno lasciato questo grembo e nessuno di loro è tornato a direi che c’è una vita dopo la nascita. No, la nascita è la fine!».
Così uno di loro cadde in un profondo affanno e disse: «Se il concepimento termina con la nascita, che senso ha la vita nell’utero? È assurda. Magari non esiste nessuna madre dietro tutto ciò».
«Ma deve esistere», protestò l’altro, «altrimenti come avremmo fatto a entrare qua dentro? E come faremmo a sopravvivere?».
«Hai mai visto nostra madre?», domandò l’uno.
«Magari vive soltanto nella nostra immaginazione. Ce la siamo inventata, perché così possiamo comprendere meglio la nostra esistenza».
E così gli ultimi giorni nel grembo della madre furono pieni di mille domande e di grande paura.
Infine, venne il momento della nascita.
Quando i gemelli ebbero lasciato il loro mondo, aprirono gli occhi.
Gridarono. Ciò che videro superava i loro sogni più arditi.
Un giorno, finalmente, nasceremo…
Il lavoro
Un giovane adolescente entrò in un negozio, prese una cassetta di bibite e la avvicinò al telefono. Salì sulla cassetta in modo da poter raggiungere i bottoni del telefono e digitò un numero. Il proprietario del negozio lo osservava e ascoltò la sua conversazione.
Il ragazzo: “Signora, mi può offrire il lavoro di tagliare il suo giardino?”
La signora: “Ma io ho già qualcuno che mi taglia il prato”
Il ragazzo: “Ma io glielo taglierò a metà del prezzo di chi glielo taglia adesso”
La signora: “Ma io sono molto soddisfatta di chi me lo taglia adesso”
Il ragazzo (con più perseveranza): “Ma io le pulisco anche il marciapiede così ogni domenica avrà il miglior giardino di tutta Palm Beach.
La signora:”No, grazie”.
Con un sorriso sul volto, il giovane ragazzo abbassò la cornetta. Il proprietario del negozio che aveva ascoltato tutto si avvicinò al ragazzo e disse : “Ragazzo, mi piace il tuo atteggiamento, mi piace il tuo spirito positivo e mi piacerebbe offriti un lavoro.”
Il ragazzo: “No grazie”
Il proprietario del negozio: “Ma tu stavi insistendo per uno..”
Il ragazzo:” No Signore, io stavo controllando la mia performance al lavoro che ho già, io sono il ragazzo che lavora per la signora!”
Questo è quello che dovremmo fare almeno ogni tanto…
Rapinato!…
 
Il professor Matthew  stava rincasando dall’Università, quando a pochi metri da casa sua si trovò davanti una canna di pistola puntata contro gli occhi. Dietro la pistola c’era un rapinatore con il volto coperto che gli intimò di consegnargli borsa e portafoglio.
Lo fece e il rapinatore si dileguò rapidamente nell’oscurità. Ancora spaventato dalla spiacevole esperienza, quella sera si sedette alla scrivania e scrisse questa preghiera:
«Signore, oggi sono stato derubato.
So che devo ringraziarti per molte cose.
Per prima cosa ti ringrazio di non essere mai stato rapinato prima,
e in un mondo come questo è quasi un miracolo.
In secondo luogo voglio dirti grazie
perché mi hanno portato via solo il portafoglio che,
come sempre, conteneva solo pochi soldi, e una vecchia borsa piena di carta.
Ti voglio ringraziare anche, Signore,
perché non c’erano con me mia moglie e mia figlia,
che si sarebbero spaventate molto e anche per il fatto che ora
non devono piangere per me.
Infine, Signore, voglio ringraziarti
 in modo particolare,
perché io sono stato il derubato e non il ladro
»Per eliminare il male dal mondo basterebbe decidere di non esserne mai noi la causa…

La principessa
C’era una volta un re che aveva una figlia di grande bellezza e straordinaria intelligenza. La principessa soffriva però di una misteriosa malattia. Man mano che cresceva, si indebolivano le sue braccia e le sue gambe, mentre vista e udito si affievolivano. Molti medici avevano invano tentato di curarla.
Un giorno arrivò a corte un anziano signore, del quale si diceva che conoscesse il segreto della vita. Tutti i cortigiani si affrettarono a chiedergli di aiutare la principessa malata. Il vecchio diede alla fanciulla un cestino di vimini, con un coperchio chiuso e disse: “Prendilo e abbine cura. Ti guarirà”.
Piena di gioia e attesa, la principessa aprì il coperchio, ma quello che vide la sbalordì dolorosamente. Nel cestino giaceva infatti un bambino, devastato dalla malattia, ancor più miserabile e sofferente di lei.
La principessa lasciò crescere nel suo cuore la compassione. Nonostante i dolori prese in braccio il bambino e cominciò a curarlo. Passarono i mesi: la principessa non aveva occhi che per il bambino. Lo nutriva, lo accarezzava, gli sorrideva. Lo vegliava di notte, gli parlava teneramente. Anche se tutto questo le costava una fatica intensa e dolorosa.
Quasi sette anni dopo, accadde qualcosa di incredibile. Un mattino, il bambino cominciò a sorridere e a camminare. La principessa lo prese in braccio e cominciò a danzare, ridendo e cantando. Leggera e bellissima come non era più da gran tempo.
Senza accorgersene era guarita anche lei.
 
Signore, quando ho fame mandami qualcuno che ha bisogno di cibo;
quando ho sete, mandami qualcuno che ha bisogno di acqua;
quando ho freddo, mandarmi qualcuno da riscaldare;
quando sono nella sofferenza, mandami qualcuno da consolare;
quando la mia croce diviene pesante, dammi la croce di un altro da condividere;
quando sono povero, portami qualcuno che è nel bisogno;
quando non ho tempo, dammi qualcuno da aiutare per un momento;
quando mi sento scoraggiato, mandami qualcuno da incoraggiare;
quando sento il bisogno di essere compreso,
dammi qualcuno che ha bisogno della mia comprensione;
quando vorrei che qualcuno si prendesse cura di me,
mandami qualcuno di cui prendermi cura;
quando penso a me stesso, rivolgi i miei pensieri ad altri.
COME DOPO IL DILUVIO
 
Il Padreterno, dalla sua finestra, guarda verso la terra e tiene sulla mano la bianca colomba dello Spirito Santo. Con un lieve gesto l’affida al cielo e la bianca colomba si cala ad ali aperte giù, giù, giù…
Ma dopo un poco – il Padreterno non ha ancora fatto in tempo a cominciare un lavoro – si sente un ticchettio ai vetri.
“Al solito!” dice il Padreterno sconsolato.  
“Non ha trovato dove posarsi…”
Uomini del futuro
L’adolescente scriveva i suoi propositi chino sul tavolo, mentre la mamma stirava la biancheria. “Se vedessi qualcuno in procinto di annegare mi butterei subito in acqua per soccorrerlo. Se si incendia la casa salverei i bambini. Durante un terremoto non avrei certo paura a buttarmi tra la macerie pericolanti per salvare qualcuno. Poi dedicherei la mia vita per aiutare tutti i poveri del mondo…”.
La mamma: “Per piacere, vammi a prendere un po’ di pane qui sotto”.
“Mamma, non vedi che piove?”

Quanti “vorrei” nella vita spirituale …
 
Una bambina di 12 anni ha scritto: “Siamo noi gli uomini del futuro, tocca a noi migliorare la situazione. La cosa più grave è star lì a far niente, a guardare questo povero mondo che si sbriciola. Noi diciamo viva la pace e facciamo la guerra, abbasso la droga e ne aumentiamo il commercio, basta col terrorismo e uccidiamo i giusti. Però non è detto che a ciò non si possa mettere fine. Io volevo dire questo: se sei triste per l’odio nel mondo, non piangere e non perdere la speranza, ma fa’ qualcosa, anche di piccolo”.
Partire
Partire, andare, lasciare tutto, uscire da noi stessi, spaccare la corteccia dell’egoismo che ci rinchiude nel nostro piccolo io.
E’ smetterla di girare attorno a noi stessi, come se fossimo noi il centro del mondo e della vita.
E’ non lasciarsi intrappolare dai problemi del mondo piccino cui apparteniamo.
E’ partire continuamente anche senza percorrere chilometri di strada.
E’ soprattutto accorgersi degli altri, scoprirli, incontrarli, come fratelli e sorelle.
E se, per incontrarli e amarli, è necessario solcare i mari della nostra indifferenza, volare per i cieli dei nostri sogni, allora la strada è partire e raggiungere i confini del mondo.
Il melone
 
Il melone è una gioia della natura. È dolce è soave è gradevole. Tutti lo mangiano con molto piacere e nessuno se ne pente.
Il melone è molto umile. Non si sviluppa su grandi alberi ma raso terra.
Nei mercati con tanta frutta ben disposta il melone se ne sta ammucchiato senza protestare.
Il melone va sulle tavole di tutti ricchi e poveri giovani e vecchi.
Il melone ama farsi dividere quasi mai è mangiato da una persona sola come ad esempio la mela la pera… Quasi sempre lo si mangia insieme ad altre persone con la famiglia con gli amici. Il melone non è egoista!
Se gli uomini avessero le qualità del melone, sarebbero molto più allegri, più pacifici e più amici…
 
QUARESIMA 33La zanzara
 
Una volta una giovane zanzara chiese alla madre il permesso di uscire per andare a teatro.
La madre glielo negò; la piccola zanzara continuò ad insistere …
Finalmente la mamma cedette, ma prima di lasciarla partire le disse, decisa: “Fa’ attenzione agli applausi! Le mani che applaudono ti potrebbero schiacciare!”

La superbia non paga mai.
Il superbo parte a cavallo e torna a piedi.
Il gallo canta anche il mattino in cui vien messo in pentola..
Niente è più misero eppur più superbo dell’uomo.(Plinio il Vecchio)
Non è compito mio!
 
quaresima 20Questa è la storia di quattro persone di nome:
– OGNUNO
– QUALCUNO
– CIASCUNO
– NESSUNO
C’era un lavoro importante da fare e OGNUNO era sicuro cheQUALCUNO l’avrebbe fatto. CIASCUNO avrebbe potuto farlo, maNESSUNO lo fece.
QUALCUNO si arrabbiò perché era un dovere di OGNUNO.  OGNUNOpensò che CIASCUNO poteva farlo, ma NESSUNO capì che CIASCUNOnon l’avrebbe fatto. Finì che OGNUNO incolpò QUALCUNO perché NESSUNO fece ciò cheCIASCUNO avrebbe potuto fare.
Quante volte ci è capitato di trincerarci dietro queste scuse pur di non assolvere il nostro dovere?
 
Perché non fai niente?
 
Tante volte Ti ho chiesto Signore:
Perché non fai niente per quelli che muoiono di fame?
Perché non fai niente per quelli che sono malati?
Perché non fai niente per quelli che non conoscono l’amore?
Perché non fai niente per quelli che subiscono le ingiustizie?
Perché non fai niente per quelli che sono vittime della guerra?
Perché non fai niente per quelli che non ti conoscono?
Io non capivo, Signore.
Allora tu mi hai risposto:
Io ho fatto tanto;
Io ho fatto tutto quello che potevo fare:
Io ho creato te!
Ora capisco, Signore.
Io posso sfamare chi ha fame.
Io posso visitare i malati.
Io posso amare chi non è amato.
Io posso combattere le ingiustizie.
Io posso creare la pace.
Io posso far conoscere te.
Ora ti ascolto, Signore.
Ogni volta che incontro il dolore tu mi chiedi.
Perché non fai niente?
Aiutami, Signore, ad essere le tue mani.

CRESIMA._LETTERA_DI_UN_PADRINO

CRISTIANESIMO_E_ISLAM

DISCORSO_DI_SUA_SANTITÀ_BENEDETTO_XVI_A_VERONA

Educare al senso religioso

FAMIGLIA

Favorire il dono della Fede

Genitore come educatore

Gente impegnata quindi felice

GESU è comunione

GESU è Dio

GESU è il Salvatore

GESU è il Signore

GESU_oggi

L’uomo che piace a Dio

LETTERA_APOST_ANNO_EUCARISTIA

Noi la fede il tempo

PRIMA_MEDIA-INCONTRO_Genitori

TEMPO sulla Vita

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LA FATICA DI EDUCARE. LA LOTTA PER MATURARE

di Marco Pappalardo

Un giorno, apparve un piccolo buco in un bozzolo; un uomo che passava per caso, si mise a guardare la farfalla che per varie ore si sforzava per uscire da quel piccolo buco.

Dopo molto tempo sembrava che essa si fosse arresa ed il buco fosse sempre della stessa dimensione.
Sembrava che la farfalla ormai avesse fatto tutto quello che poteva, e che non avesse più la possibilità di fare niente altro.
Allora l’uomo decise di aiutare la farfalla: prese un temperino ed aprì il bozzolo, la farfalla uscì immediatamente.
Però il suo corpo era piccolo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e si muovevano a stento.
L’uomo continuò ad osservare perché sperava che, da un momento all’altro, le ali della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere il corpo, e che essa cominciasse a volare.
Non successe nulla! La farfalla passò il resto della sua esistenza trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e con le ali poco sviluppate.
Non fu mai capace di volare.

Un aneddoto di poco conto forse, ma che ci aiuta a comprendere il senso in campo educativo della libertà dell’educatore e dell’educando, per non cadere nell’errore dell’uomo della storiella (gentile e di buone intenzioni); egli non aveva capito che passare per lo stretto buco del bozzolo era lo sforzo necessario affinché la farfalla potesse trasmettere il fluido del suo corpo alle sue ali, così che essa potesse volare.
Sì, spiccare il volo; è quello che ogni educatore dovrebbe desiderare per coloro che gli sono stati affidati, dopo essere stato il più possibile un modello e un esempio, dopo aver pensato al giovane nell’oggi, osservato le sue caratteristiche e su queste aver costruito un percorso per condurlo al cambiamento.
In ambito educativo la difficoltà maggiore sta proprio nel riuscire ad osservare, individuare, vedere e circoscrivere ciò che è possibile tirar fuori da chi si sta educando.

L’azione educativa può tendere verso la libertà nei seguenti casi: – in certe circostanze ed in certi periodi;
– per una novità occorsa, casuale o accidentale;
– in un certo spazio ed in un certo luogo;
– in funzione di uno scopo;
– aggiungendo o perdendo qualcosa di sè;
– attraverso varie fasi emotive;
– grazie a persone significative ed esperienze ordinarie e non;
– con fatica e sofferenza;
– nella fiducia e nell’accettazione della realtà ;
– in un rapporto di pari dignità ;
– in una dinamica comunitaria.

L’azione educativa è, per sua natura, sempre attraversata dal fremito del cambiamento e basta vedere i ragazzi, nel breve o nel lungo periodo, per rendersene conto.

Tutto sta nel segno della crescita e ogni intervento tenderà a sostenerla, nella libertà e con la consapevolezza che l’errore può dare buoni frutti; si progetta verso la ricerca del bene che può apparire più difficile da raggiungere e indicando che la via facile conduce spesso al male facile.
Allo stesso tempo cambiano anche gli educatori: aumentano le esperienze, le capacità educative, le competenze, le relazioni, i sogni.
La relazione educativa è ricca ed efficace solo se si fonda sulla libertà e sulla responsabilità: in questo caso produce un cambiamento positivo e la crescita di tutti gli attori in campo.

Ci viene in aiuto il film «Les choristes»: Clément Mathieu – insegnante di musica ma assunto come sorvegliante in un istituto di rieducazione per minori – è un uomo che crede al cambiamento, nel lato buono delle cose, nella possibilità che anche i ragazzi difficili abbiano sempre «un punto accessibile al bene» (Don Bosco) e che valorizzarli sia il modo migliore per non precludere loro la speranza nel futuro.
Questo ottimismo lo induce a concedere varie opportunità di crescita ai suoi giovani allievi e dalla loro maturazione e soddisfazione trarrà arricchimento lui stesso.

«Percepisco – afferma Mathieu – negli sguardi dei miei ragazzi il desiderio di libertà, di costruirsi capanne in cima agli alberi, e di non poterlo fare».
La forza di questa riflessione sta tutta in quell’iniziale percepisco, nel cogliere il bisogno, nel credere che «chi nasce tondo può morire quadrato», nel sentire un desiderio del cuore, nel trovare la chiave di volta, il codice giusto.

LE MANI

Racconto

Dicono che Dio, quando creò l’uomo e la donna, dimenticò un particolare: le mani.
Appena se ne accorse, vi pose rimedio da eccellente artista qual è: modellò mani bellissime, tenere e delicate per la donna, forti e grandi per l’uomo.
Cominciarono ad usarle. A volte le usavano bene altre volte male.
Allora Dio decise di incarnarsi, per avere lui stesso le mani e insegnare loro come dovevano usarle.
Mostrò loro come benedire, accarezzare, curare, regalare, donarsi.
Permise che inchiodassero le sue mani per dimostrare che era possibile tenerle sempre aperte, pronte ad accogliere…
Dimostrò così che due chiodi non avrebbero mai potuto inchiodare la libertà!

Durante l’anno CATECHISTICO, che ora inizia, puoi usare le mani come fa Dio: alzarle in preghiera, asciugare una lacrima, indicare un cammino, esprimere amore.

Se le tue mani sapranno essere strumenti di pace vivi ed efficaci, se da esse si sprigionerà qualche scintilla di luce, che anno luminoso sarà questo per la terra!

Chiedi alla Madonna di starti sempre accanto come stava accanto a Gesù nella casa di Nazaret e di aiutarti a compiere con le mani tanti gesti di bontà e di amore.

 

HO FATTO TE

Racconto

Un giorno per la strada vidi una bambina che tremava dal freddo dentro il suo vestitino leggero
e con scarse prospettive di poter consumare un pranzo decente.
Mi arrabbiai e dissi a Dio:
«Perchè permetti queste cose? Perchè non fai niente per risolverle?».
Per un certo tempo, Dio mantenne il silenzio.
Ma quella notte, improvvisamente, mi rispose:
«Certo che ho fatto qualcosa. Ho fatto te!».

Dio, nostro Padre, creatore del cielo e della terra, potente nell’amore non ci obbliga a scegliere ciò che è a Lui gradito, ma ci lascia liberi di aderire o meno al progetto che ha su di noi.

La libertà di scelta che il Signore ci lascia è un grande dono.
Il comandamento nuovo che Gesù ci ha dato «Amatevi come Io vi ho amato» completa la Legge antica: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Amerai il prossimo tuo come te stesso».

Noi saremo giudicati sull’amore che abbiamo saputo dare, perciò non chiedere mai a Dio perchè non interviene nelle cose e nelle situazioni che non ti piacciono.
Dio ha fatto te e il progetto che ha su di te è che tu, in piena libertà scelga di amare e di donarti come ha fatto Gesù.

 

Il Signore della Vita viene a rinnovare la sua presenza in mezzo a noi
perché non abbiamo imparato ad amare e perdonare
e ancora non sappiamo godere della gioia che ci ha portato.

 

UNA VISITA A SORPRESA

Racconto

Un giorno un giovane solitario venne a sapere che Dio stava per venire a trovarlo.
Si mise a correre affannato attraverso tutte le camere, salì e scese per le scale, si arrampicò fin sul tetto, si precipitò in cantina.
Vide la sua casa con altri occhi, adesso che doveva venire Dio.
«Impossibile! Povero me!», si lamentava.
«Non posso ricevere visite in questa indecenza. È tutto sporco! Non c’è un solo posto adatto per riposare. Non c’è neppure aria per respirare».
Spalancò porte e finestre.
«Fratelli! Amici!», invocò.
«Qualcuno mi aiuti a mettere in ordine! Ma in fretta!».
E cominciò a spazzare con energia la sua casa.
Attraverso la spessa nube di polvere che si sollevava, vide uno che era venuto a dargli aiuto.
In due era più facile.
Buttarono fuori le cianfrusaglie, le ammucchiarono e le bruciarono.
Si misero in ginocchioni e strofinarono vigorosamente le scale e i pavimenti.
Ci vollero molti secchi d’acqua, per pulire tutti i vetri.
Stanarono anche la sporcizia che si annidava negli angoli più nascosti.
«Non finiremo mai!», sbuffava l’uomo.
«Finiremo!», diceva l’altro, con calma.
Continuarono a lavorare, fianco a fianco, per tutto il giorno.
E, finalmente, la casa pareva messa a nuovo, lustra e profumata di pulito.
Quando scese il buio, andarono in cucina e apparecchiarono la tavola.
«Adesso», disse l’uomo, «può venire il mio Visitatore! Adesso può venire Dio.
Dove starà aspettando?»
.
«Io sono già qui!», disse l’altro, e si sedette al tavolo.
«Siediti e mangia con me!».

Dio non ci lascia mai soli nel compito di «far pulizia» nella nostra casa-anima.

È con noi, dalla nostra parte.
Ci incoraggia con la sua parola, ci affianca e agisce con la sua grazia.
Il sacramento della Riconciliazione è opera contemporanea di Dio e del cristiano, che si incontrano per star bene insieme e «mangiare alla stessa tavola».

 

UNA STORIA DI CAMPAGNA

Racconto

Andavano tranquilli per le vie della campagna un padre con il figlio per recarsi in città. Il figlio andava a piedi per lasciare al padre anziano un posto sul cavallo per non farlo faticar. Ma la gente che passava non capracconti la cortesia e additando il padre in sella sotto voce commentò: “Guarda un po’ che aguzzino, lui in sella e quello là deve starsene ai suoi piedi alla sua giovane età: Ma che mondo, ma che mondo di villani è questo qua, se così continuiamo, dove mai si finirà!”. una storia di campagna immagine 1
Sentendo queste voci, scese il padre dal cavallo, poi mise in sella il figlio e lui a piedi camminò. La strada lo stancava, ma non si rammaricava e al figlio sorrideva per non farlo preoccupar. Ma la gente che passava non capracconti la buona azione e additando il figlio in sella con disprezzo sentenziò: “Guarda un po’ quel ragazzino con quell’aria da pascià che non ha alcun rispetto per la veneranda età. Ma che mondo, ma che mondo di poltroni è questo qua … se così continuiamo, dove mai si finirà”. una storia di campagna immagine 2
Udendo quel commento, salracconti il padre sul cavallo e assieme al figlio, in sella, il viaggio continuò. Insieme eran felici e parlavano con gioia rendendo grazie a Dio, che il cavallo un dracconti creò. Ma la gente che passava non udracconti il ringraziamento e, indignata a quella vista, furiosa apostrofò: “Guarda un po’ che sfruttatori quel ragazzo e il suo papà, con quel peso sulla groppa il cavallo scoppierà! Ma che mondo, ma che mondo di imprudenti è questo qua se così continuiamo, dove mai si finirà”. una storia di campagna immagine 3
Arrivò come una freccia l’aspra voce a quel bersaglio e il duo, giù da cavallo, la via a piedi continuò. Quella strana situazione non turbava il loro cuore, che con lieto buonumore la fatica sopportò. Ma alla gente che passava sembrò strano quel corteo e, scuotendosi la testa, sorridendo malignò: “Guarda un pò che gente sciocca che arriva qui in città, hanno la cavalcatura e a piedi se ne va!?! Ma che mondo, ma che mondo semplicione è questo qua, se così continuiamo, dove mai si finirà!”. una storia di campagna immagine 4
Per la grande confusione di giudizi e di commenti la povera famiglia non sapeva più che far: no a piedi, no a cavallo, no da soli o in compagnia; meglio sopra, meglio sotto; bravo chi ci capirà. Ma il buon senso alla fine cominciò a prevalere ed il padre saggiamente a suo figlio commentò.

“Non bisogna mai ascoltare i giudizi della gente, quando parla con malizia, quando non ha carità. Basta avere un cuore buono con gli estranei e con i tuoi, poi vivendo onestamente ‘ama’ e fa quello che vuoi!”. Basta avere un cuore buono con gli estranei e con i tuoi, poi vivendo onestamente ‘ama’ e fa quello che vuoi!”.una storia di campagna immagine 5