Messaggi di Papa Francesco

 

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2018

Insieme ai giovani,portiamo il Vangelo   Testimoniare l’amore Risultati immagini per papa francesco

Ringrazio tutte le realtà ecclesiali che vi permettono di incontrare personalmente Cristo vivo nella sua Chiesa: le parrocchie, le associazioni, i movimenti, le comunità religiose, le svariate espressioni di servizio missionario. Tanti giovani trovano, nel volontariato missionario, una forma per servire i “più piccoli” (cfr Mt 25,40), promuovendo la dignità umana e testimoniando la gioia di amare e di essere cristiani. Queste esperienze      ecclesiali   fanno sì che la formazione di ognuno non sia soltanto preparazione per il proprio successo professionale, ma sviluppi e curi un dono del Signore per meglio servire gli altri. Queste forme lodevoli di servizio missionario  temporaneo sono un inizio fecondo e, nel discernimento vocazionale, possono aiutarvi a decidere per il dono totale di voi stessi come missionari. Da cuori giovani sono nate le Pontificie Opere Missionarie, per sostenere l’annuncio del Vangelo a tutte le genti, contribuendo alla crescita umana e culturale di tante popolazioni assetate di Verità. Le preghiere e gli aiuti materiali, che generosamente sono donati e distribuiti attraverso le POM, aiutano la Santa Sede a far sì che quanti ricevono per il proprio bisogno possano, a loro volta, essere capaci di dare testimonianza nel proprio ambiente. Nessuno è così povero da non poter  dare ciò che ha, ma prima ancora ciò che è. Mi piace ripetere l’esortazione che ho rivolto ai giovani cileni: «Non pensare mai che non hai niente da dare o che non hai bisogno di nessuno. Molta gente ha bisogno di te, pensaci. Ognuno di voi pensi nel suo cuore: molta gente ha bisogno di me».  Cari giovani, il prossimo Ottobre missionario, in cui si svolgerà il Sinodo a voi dedicato, sarà un’ulteriore occasione per renderci discepoli missionari sempre più appassionati per Gesù e la sua missione, fino agli estremi confini della terra. A Maria   Regina degli Apostoli, ai santi Francesco Saverio e Teresa di Gesù Bambino, al beato Paolo Manna, chiedo di intercedere per tutti noi e di accompagnarci sempre.                                            FRANCESCO

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE 2018

Insieme ai giovani, portiamo il Vangelo a tuttiRisultati immagini per papa francesco

Cari giovani, insieme a voi desidero riflettere sulla missione che Gesù ci ha affidato. Rivolgendomi a voi intendo includere tutti i cristiani, che vivono nella Chiesa l’avventura della loro esistenza come figli di Dio. Ciò che mi spinge a parlare a tutti, dialogando con voi, è la certezza che la fede cristiana resta sempre giovane quando si apre alla missione che Cristo ci   consegna. «La missione rinvigorisce la fede», scriveva san Giovanni Paolo II, un Papa che tanto amava i giovani e a loro si è molto dedicato. L’occasione del Sinodo, ci offre l’opportunità di comprendere meglio, alla luce della fede, ciò che il     Signore Gesù vuole dire a voi giovani e, attraverso di voi, alle comunità cristiane.                                       La vita è una missione   Ogni uomo e donna è una missione, e questa è la ragione per cui si trova a vivere sulla terra.  Essere attrattied essere inviati sono i due movimenti che il nostro cuore, soprattutto quando è giovane in età, sente come forze interiori dell’amore che promettono futuro e spingono in avanti la nostra esistenza. Nessuno come i giovani sente quanto la vita irrompa e attragga. Vivere con gioia la propria responsabilità per il mondo è una grande sfida. Conosco bene le luci e le ombre dell’essere giovani, e se penso alla mia giovinezza e alla mia famiglia, ricordo l’intensità della speranza per un futuro migliore. Il fatto di trovarci in questo mondo non per nostra decisione, ci fa intuire che c’è un’iniziativa che ci precede e ci fa esistere. Ognuno di noi è chiamato a riflettere su questa realtà: «Io sono una missione in questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 273).

Vi annunciamo Gesù Cristo  La Chiesa, annunciando ciò che ha gratuitamente ricevuto (cfr Mt 10,8; At 3,6), può  condividere con voi giovani la via e la verità che conducono al senso del vivere su questa terra. Gesù Cristo, morto e    risorto per noi, si offre alla nostra libertà e la provoca a cercare, scoprire e annunciare questo senso vero e pieno. Cari giovani, non      abbiate paura di Cristo e della sua Chiesa! In essi si trova il tesoro che riempie di gioia la vita. Ve lo dico per esperienza: grazie alla fede ho trovato il fondamento dei miei sogni e la forza di realizzarli. Ho visto molte sofferenze, molte povertà sfigurare i volti di tanti fratelli e sorelle. Eppure, per chi sta con Gesù, il male è provocazione ad amare  sempre di più. Molti uomini e donne, molti giovani hanno generosamente donato sé stessi, a volte fino al martirio, per  amore del Vangelo a servizio dei fratelli. Dalla croce di Gesù impariamo la logica divina dell’offerta di noi stessi (cfr 1 Cor 1,17-25) come annuncio del Vangelo per la vita del mondo (cfr Gv 3,16). Essere infiammati dall’amore di Cristo consuma chi arde e fa crescere,     illumina e riscalda chi si ama (cfr 2 Cor 5,14). Alla scuola dei santi, che ci aprono agli orizzonti vasti di Dio, vi invito a domandarvi in ogni circostanza: «Che cosa farebbe Cristo al mio posto?». 

GIUBILEO 2015

Prende il via con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro il Giubileo della Misericordia, il giubileo straordinario voluto da Papa Francesco. Ecco quali sono e come partecipare ai principali eventi che si terranno a partire dall’8 dicembre 2015. Si apre l’8 dicembre 2015 alle ore 9,30 la Porta Santa della Basilica di San Pietro, dando il via al Giubileo della Misericordia voluto da Papa Francesco che durerà fino al 20 novembre 2016. Durante tutto l’anno sono molti gli eventi a cui è chiamata a partecipare la popolazione di fede cattolica che per l’occasione sarà presente nella città eterna.

L’apertura delle Porte Sante

Come già anticipato, la prima porta ad aprirsi per il giubileo straordinario è quella di San Pietro, in concomitanza con la festività dell’Immacolata Concezione; la cerimonia inizia alle ore 9,30 alla presenza del Santo Padre per la grande preghiera con i fedeli presenti.

Domenica 13 dicembre, durante la mattinata, è la volta di San Giovanni in Laterano mentre nel pomeriggio, insieme al cardinale James Harvey, i fedeli possono affrontare il passaggio in preghiera della Porta Santa di San Paolo fuori le Mura. Ultima ad aprirsi, nel primo giorno del 2016, è la Porta Santa di Santa Maria Maggiore: è di nuovo il Papa che, durante il pomeriggio della giornata, presenzia alla sua apertura accompagnando il corteo religioso.

Come partecipare agli eventi del Giubileo

Per partecipare ai principali eventi del Giubileo è necessario effettuare una prenotazione, tenendo in considerazione la disponibilità residua di posti per ogni singolo avvenimento; attraverso il sito messo a disposizione della Santa Sede, www.iubilaeummisericordiae.va, singoli e gruppi possono prenotarsi con alcuni giorni d’anticipo sull’apertura delle Porte Sante e le Udienze Giubilari che si terranno durante tutto il 2016.

Lo stesso vale per il pellegrinaggio verso la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano: attraverso una rapida registrazione, i pellegrini possono scegliere il giorno desiderato e l’orario in cui si svolgerà il percorso tra i luoghi sacri della religione cattolica in serenità e con il giusto clima di raccoglimento che richiede l’esperienza.

Per le emergenze

Per tutte le emergenze, si ricorda che è partita da Roma e provincia il servizio di numero unico 112 per le principali emergenze: Carabinieri (già 112) Vigili del Fuoco (ex 115), ​Servizio Sanitario di ​Urgenza ed Emergenza (ex 118) e Polizia di Stato (113).

Anno Santo della Misericordia 2015-2016

“… Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia. E’ un cammino che inizia con una conversione spirituale; e dobbiamo fare questo cammino.

Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia.

Lo vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: “Siate misericordiosi come il Padre” (cfr Lc 6,36). E questo specialmente per i confessori! Tanta misericordia!

Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, Domenica di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo e volto vivo della misericordia del Padre. Affido l’organizzazione di questo Giubileo al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, perché possa animarlo come una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia.

Sono convinto che tutta la Chiesa, che ha tanto bisogno di ricevere misericordia, perché siamo peccatori, potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare consolazione ad ogni uomo e ad ogni donna del nostro tempo. Non dimentichiamo che Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre. Non ci stanchiamo di chiedere perdono. Affidiamo fin d’ora questo Anno alla Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguardo e vegli sul nostro cammino: il nostro cammino penitenziale, il nostro cammino con il cuore aperto, durante un anno, per ricevere l’indulgenza di Dio, per ricevere la misericordia di Dio. …”

(dall’Omelia di papa Francesco del 13 marzo 2015)

Papa Francesco al Parlamento Europeo:

Il 25 novembre il vescovo di Roma ha tenuto un discorso a Strasburgo davanti ai rappresentanti di oltre 500 milioni di cittadini. E’ un discorso ben articolato, accolto con molto favore dai presenti. Il Papa sostiene che l’Europa non è più il centro del mondo. È un continente stanco, passato a essere da «Europa madre» a «Europa nonna». Un’unione di popoli che in molti casi sembra aver smarrito la sua identità, le sue radici generate dal cristianesimo e quelle ragioni dello stare insieme che hanno regalato un lungo periodo di pace a nazioni e popoli abituati a combattersi lungo i secoli.
Un’Europa che pare oggi aver declinato alla sua responsabilità sulla scena internazionale, incapace di parlare con una voce sola, di essere ancora un faro di civiltà, di intervenire fattivamente e concretamente con tutte le «armi» della diplomazia là dove ci sarebbe un grande bisogno di lei.“Sento perciò il dovere di richiamare l’importanza dell’apporto e della responsabilità europei allo sviluppo culturale dell’umanità” Il Papa partendo poi da un’immagine tratta da un poeta italiano Clemente Rebora spiega l’importanza del ruolo europeo partendo dal paragone delle radici. “per camminare verso il futuro serve il passato, necessitano radici profonde, e serve il coraggio di non nascondersi davanti al presente e alla sue sfide”.
Ma perché queste radici siano feconde Francesco presenta due suggerimenti: la multipolarità cioè un’armonia costruttiva per non distruggere l’originalità culturale e religiosa dei popoli e la trasversalitàcioè la possibilità di un dialogo anche inter-generazionale perché la diversità di opinioni e di pensiero sia al servizio dei popoli armonicamente uniti.

«Vi è oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali – sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (μονάς), sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé».

«Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa».

Nella Chiesa tanti santi della vita quotidiana

È davvero cristiano chi mette in pratica la Parola di Dio, non basta dire di avere fede: commentando il Vangelo sulla casa costruita sulla roccia o sulla sabbia, Papa Francesco invita a non essere “cristiani di apparenza”, cristiani truccati, perché appena arriva un po’ di pioggia il trucco va via. Non basta – ha detto – appartenere a una famiglia molto cattolica o a un’associazione o essere un benefattore, se non si segue poi la volontà di Dio.“Tanti cristiani delle apparenze” – ha osservato – “crollano alle prime tentazioni”, perché “non c’è sostanza lì”, hanno costruito sulla sabbia. Invece, ci sono tanti santi “nel popolo di Dio – non necessariamente canonizzati, ma santi – tanti uomini e donne” che “mettono in pratica l’amore di Gesù. Tanti”. Hanno costruito la casa sulla roccia, che è Cristo:“Pensiamo ai più piccoli, eh? Agli ammalati che offrono le loro sofferenze per la Chiesa, per gli altri. Pensiamo a tanti anziani soli, che pregano e offrono. Pensiamo a tante mamme e padri di famiglia che portano avanti con tanta fatica la loro famiglia, l’educazione dei figli, il lavoro quotidiano, i problemi, ma sempre con la speranza in Gesù, che non si pavoneggiano, ma fanno quello che possono”.Sono i “santi della vita quotidiana!”, ha esclamato il Papa:“Pensiamo a tanti preti che non si fanno vedere ma che lavorano nelle loro parrocchie con tanto amore: la catechesi ai bambini, la cura degli anziani, degli ammalati, la preparazione ai novelli sposi… E tutti giorni lo stesso, lo stesso, lo stesso. Non si annoiano perché nel loro fondamento c’è la roccia. E’ Gesù, è questo che dà santità alla Chiesa, è questo che dà speranza!”.“Dobbiamo pensarci tanto alla santità nascosta che c’è nella Chiesa” – ha affermato Francesco – “cristiani che rimangono in Gesù. Peccatori, eh? Tutti lo siamo. E anche alcune volte qualcuno di questi cristiani fa qualche peccato grave, ma si pentono, chiedono perdono, e questo è grande: la capacità di chiedere perdono, di non confondere peccato con virtù, di sapere bene dove è la virtù e dove è il peccato. Questi sono fondati sulla roccia e la roccia è Cristo. Seguono il cammino di Gesù, seguono Lui”.

“I superbi, i vanitosi, i cristiani di apparenza” – ha sottolineato Francesco – “saranno abbattuti, umiliati”, mentre “i poveri saranno quelli che trionferanno, i poveri di spirito, quelli che davanti a Dio si sentono niente, gli umili, e portano avanti la salvezza mettendo in pratica la Parola del Signore”. “Oggi ci siamo, domani non ci saremo” – ha detto poi citando San Bernardo: “Pensa, uomo, cosa sarà di te: pasto dei vermi”. “Ci mangeranno i vermi, a tutti” – ricorda il Papa – “Se non abbiamo questa roccia, finiremo calpestati”:

In questo tempo di preparazione al Natale chiediamo al Signore di essere fondati saldi nella roccia che è Lui, la nostra speranza è Lui. Noi siamo tutti peccatori, siamo deboli ma se mettiamo la speranza in Lui potremo andare avanti. E questa è la gioia di un cristiano: sapere che in Lui c’è la speranza, c’è il perdono, c’è la pace, c’è la gioia. E non mettere la nostra speranza in cose che oggi sono e domani non saranno”.

 

Il 7 Giugno 2014 Papa Francesco incontra le società sportive 

Tutti gli sportivi devono sentirsi “convocati” per il 7 giugno. Dopo 70 anni di quotidiano impegno educativo per il Csi non sarà solo un traguardo ma una tappa fondamentale nel nostro cammino missionario di educare i giovani attraverso lo sport”.

Protagonisti saranno i ragazzi, i dirigenti, gli allenatori delle società sportive di tutta Italia. Vogliamo riempire la piazza con i colori delle tute di tutte le società sportive e con la passione educativa che ogni giorno scen

 

de in campo su migliaia di campetti di parrocchia e di periferia di tutto il Paese.

“E’ davvero bello che dopo il mondo del professionismo, il Papa abbia voglia di incontrare le società sportive di base fino all’ultima società, all’ultima periferia. Dimostrazione enorme di quanto creda nello sport come promozione di umanità”.

 

Super Papa Francesco!super francesco

Non sappiamo di cosa si tratti. Di una rivoluzione. Di un piccolo cambiamento. Di una semplice evoluzione. Fatto sta che dal giorno dell’elezione al soglio pontificio, papa Francesco procede con passo deciso. E non smette di stupire.

Ecco cosa abbiamo visto su una strada di Roma vicino al Vaticano”. La rivoluzione “gentile”, adesso,  è anche super.

Papa Francesco che prende il volo in perfetto stile Superman. E’ il curioso graffito che qualcuno ha disegnato su un muro dalle parti del Vaticano. Croce di ferro al collo, nella mano sinistra Bergoglio impugna l’ormai celebre borsa da lavoro  sulla quale compare la scritta “valori” e dalla quale spunta la sciarpa del San Lorenzo, la squadra del cuore del pontefice argentino. Un murales fatto con gusto e senza alcuna volgarità. E per una volta nessuno ha gridato al vandalismo.

La preghiera sulle dita della mano

Vent’anni fa circa, Papa Francesco, Vescovo di Buenos Aires, scrisse una preghierache diventò molto popolare in Argentina, una preghiera molto semplice che rispecchia il carattere e lo “stile” del Santo Padre. In particolare, la preghiera ha ancora enorme successo in quanto, da allora in poi, costituisce uno tra i primi elementi di dottrina impartiti ai fanciulli avviati alla catechesi. Insomma, un’orazione semplice e significativa costituita da cinque elementi, da ripetere “sulla punta delle dita”.

La preghiera sulle dita della mano

II pollice è il dito più vicino a te. Così inizia a pregare per chi ti è più vicino. Sono le persone che più facilmente tornano nei nostri ricordi. Pregare per le persone a noi care è “un dolce obbligo”.

Il dito seguente è l’indice. Prega per chi insegna, educa e medica, quindi per maestri, professori, medici e sacerdoti. Questi hanno bisogno di sostegno e saggezza perché possano indicare la via giusta agli altri. Non dimenticarli mai nelle tue preghiere.

Il dito seguente è il più alto. Ci fa ricordare i nostri governatori. Prega per il presidente, per i parlamentari, per gli imprenditori e per gli amministratori. Sono loro che dirigono il destino della nostra patria e che guidano l’opinione pubblica. Hanno bisogno della guida di Dio.

Il quarto dito è il dito anulare. Nonostante possa sorprendere i più, è questo il nostro dito più debole, e qualunque insegnante di pianoforte lo può confermare. Bisogna ricordarsi di pregare per i più deboli, per coloro che hanno tanti problemi da affrontare o che sono affaticati dalle malattie. Hanno bisogno delle tue preghiere di giorno e di notte. Non saranno mai troppe le preghiere per queste persone. Inoltre ci invita a pregare per i matrimoni.

E per ultimo c’è il nostro dito mignolo, il più piccolo tra tutte le dita, piccolo come bisogna sentirsi dì fronte a Dio e agli altri. Come dice la Bibbia “gli ultimi saranno i primi”. Il mignolo ti ricorda che devi pregare per te stesso. Solo quando avrai pregato per gli altri quattro gruppi, potrai vedere nella giusta ottica i tuoi bisogni e pregare meglio per te.

(Traduzione di Geòrgia Consueto Loperfido)

Misericordina, la “medicina”photo (6)

“Misericordina” (misericordium) 59 granuli per il cuore. 50% Corona Divinae Misericordiae e 50% Imago Iesu Misericordis. La scatoletta è bianca con il disegno di un cuore umano con le spine e una diagramma dei batti del cuore. Dentro il foglio con le istruzioni per l’uso. Così, in forma di medicina e’ stato riproposto dai seminaristi di Danzica, in Polonia il messaggio sulla Divina Misericordia. E stamattina all’Angelus in Piazza San Pietro la “medicina polacca” e’ stata distribuita ai fedeli. E’ una iniziativa alla vigilia della chiusura dell’Anno della Fede con un invito a rivolgersi per i problemi del mondo al Signore.

Il Papa stesso dopo le recita della preghiera mariana l’ha definita: “aiuto spirituale per la nostra anima e per diffondere ovunque l’amore, il perdono e la fraternità.” Scherzando il Papa ha detto: “è una medicina speciale per concretizzare i frutti dell’ Anno della Fede.” E ha invitato tutti: “Non dimenticatevi di prenderla perchè fa bene al cuore all’ anima a tutta la vita!”

Questa insolita iniziativa in Piazza San Pietro e’ stata voluta da Mons. Konrad Krajewski, che  per 14 anni è stato uno dei cerimonieri del Papa e da agosto è elemosiniere di Sua Santita’. La “medicina” è stata portata da arcivescovo di Danzica, mons. Slawoj Leszek Glodz. Krajewski l’ha presentata a Papa Francesco che ne è rimasto entusiasta e ha chiesto di offrirla alla gente per la chiusura dell’Anno della Fede.

Tutto e’ cominciato a Danzica nell’autunno del 2011 dall’idea del seminarista Blazej Kwiatkowski per realizzare un ricordo per i giovani in occasione della giornata- ritiro della gioventù che propone regolarmente il seminario frequentato da centinaia di persone. “Come ogni anno avevamo bisogno di qualche regalo-ricordo – racconta Blazej – e quindi abbiamo pensato di proporre la Coroncina della Divina Misericordia in un modo insolito, mettendola in una scatola con un nome che assomiglia una vera medicina da farmacia. Abbiamo aggiunto un’immaginetta di Gesu’ Misericordioso e un foglio illustrativo con delle spiegazioni su come usarla, come recitare la Coroncina, in modo simile ad un foglio illustrativo di una medicina normale.

“Abbiamo aggiunto alcuni estratti del Diario di Sr. Faustyna. Tutto è pensato in modo di poterla regalare senza tante spiegazione perchè tutto è scritto all’interno. E’ una “medicina” per le persone in difficoltà, che combattono con il peccato, con le tentazioni, per coloro che hanno problemi a perdonare, e anche per coloro che vogliono ringraziare e lodare Dio, la Sua Misericordia. C’e scritto anche che questa “medicina” non ha scadenza, o controindicazioni. In caso di dubbio, bisogna consultare un sacerdote o una suora o un catechista.”

“E’ uscita una cosa molto bella. Anche il nome “misericordina granuli per il cuore” ha un senso particolare. In latino ” misericordium” significa Misericordia e da altra parte e’ un riferimento al “cor” – il cuore”. L’abbiamo chiamata medicina spirituale perché proprio la preghiera e la Divina Misericordia sono per l’anima dell’uomo come la medicina per il copro. Qui, c’e anche riferimento al cuore nel senso spirituale e morale.”

L’edizione vaticana della “misericordina” ha due particolari elementi. Nella scatola i fedeli trovano un vero Rosario papale con lo stemma di Papa Francesco realizzato dalla stessa fabbrica del  nord Italia. La forma è piu’ semplice, di quello che viene regalato agli ospiti ricevuti dal Santo Padre in udienze private nel Palazzo Apostolico.

A comporre la scatoletta con i rosari è stata la Guardia Svizzera Pontificia sotto la guida del sergente Marcel Riedi e con l’aiuto delle famiglie delle guardie e delle Suore Albertine ( che si occupano della cucina della Guardia) e dipendenti laici vaticani. Molte guardie lavoravano dopo i turni notturni o fino alle prime ore dell’alba. L’impegno si e’ svolto nel mese di ottobre, mese del Rosario, nell’atmosfera della preghiera con la recita del Rosario.

In Piazza San Pietro ai presenti sono state regalate 25 mila scatole.

 

Papa Francesco 2014 

 

 –  Le omelie di Papa Francesco

Entusiasmo

L’entusiasmo è contagioso. Ma voi sapete da dove viene questa parola: entusiasmo? Viene dal greco e vuol dire “avere qualcosa di Dio dentro” o “essere dentro Dio”. L’entusiasmo, quando è sano, dimostra questo: che uno ha dentro qualcosa di Dio e lo esprime gioiosamente. Siete aperti – con questo entusiasmo – alla speranza e desiderosi di pienezza, desiderosi di dare significato al vostro futuro, alla vostra intera vita, di intravedere il cammino adatto per ciascuno di voi e scegliere la via che vi porti serenità e realizzazione umana. Cammino adatto, scegliere la via… cosa significa questo? Non stare fermi – un giovane non può stare fermo! – e camminare. Ciò indica andare verso qualcosa; perché uno può muoversi e non essere uno che cammina, ma un “errante”, che gira, gira, gira per la vita… Ma la vita non è fatta per “girarla”, è fatta per “camminarla”, e questa è la vostra sfida!Da un lato, siete alla ricerca di ciò che veramente conta, che rimane stabile nel tempo ed è definitivo, siete alla ricerca di risposte che illuminino la vostra mente e scaldino il vostro cuore non soltanto per lo spazio di un mattino o per un breve tratto di strada, ma per sempre. La luce nel cuore per sempre, la luce nella mente per sempre, il cuore riscaldato per sempre, definitivo.
Dall’altro lato, provate il forte timore di sbagliare – è vero, chi cammina può sbagliare –, provate la paura di coinvolgervi troppo nelle cose – l’avete sentita, tante volte -, la tentazione di lasciare sempre aperta una piccola via di fuga, che all’occorrenza possa aprire sempre nuovi scenari e possibilità. Io vado in questa direzione, scelgo questa direzione, ma lascio aperta questa porta: se non mi piace, torno e me ne vado. Questa provvisorietà non fa bene; non fa bene perché ti fa venire la mente buia e il cuore freddo.
…Tuttavia, cari giovani, il cuore dell’essere umano aspira a cose grandi, a valori importanti, ad amicizie profonde, a legami che si irrobustiscono nelle prove della vita anziché spezzarsi. L’essere umano aspira ad amare e ad essere amato.
Questa è la nostra aspirazione più profonda: amare e essere amato; e questo, definitivamente.

Papa Francesco ai giovani di Abruzzo-Molise, 5 luglio 2014

CONSIGLI DI PAPA FRANCESCO PER UN MATRIMONIO DI SUCCESSO:

Delle coppie di fidanzati hanno chiesto al Papa durante l’udienza di stamani dei consigli per affrontare la vita matrimoniale e vivere insieme il nuovo percorso di vita.

Il Papa ha detto: Il matrimonio è un lavoro di tutti i giorni, un lavoro “artigianale”! L’uomo aiuta la moglie ad essere una donna migliore, e la donna aiuta il marito ad essere un uomo migliore.

Il segreto per un matrimonio di successo è racchiuso in tre parole: “PERMESSO, GRAZIE, SCUSA”.

PERMESSO: la cortesia è una delle caratteristiche di Dio, sorella della carità. Dobbiamo saper entrare con cortesia nella vita degli altri.
La cortesia preserva l’amore.

GRATITUDINE: è un sentimento importante, “un fiore che cresce in terra nobile”. E’ necessaria la nobiltà d’animo per nutrire gratitudine. Dobbiamo avere coscienza che l’altra persona è un “dono di Dio”. E al dono si dice “grazie!”.

SCUSA: chiediamo scusa, perché tutti commettiamo degli sbagli, tutti, alzi la mano che non li commette mai! Ogni persona fa uno sbaglio almeno una volta al giorno! La Bibbia dice che anche il giusto sbaglia sette volte al giorno. E allora PERDONIAMO, sempre! Per questo, dobbiamo dire sempre SCUSA! Non come Adamo, il quale, quando Dio gli chiese “ma tu hai mangiato il frutto?”, rispose “è stata quella lì, è colpa sua”. Non dobbiamo fare come Adamo, incolpare gli altri, dobbiamo riconoscere le nostre colpe, dobbiamo chiedere scusa e riconoscere i nostri errori! Mai finire la giornata senza la pace!

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2014

Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9)

Cari fratelli e sorelle,

in occasione della Quaresima, vi offro alcune riflessioni, perché possano servire al cammino personale e comunitario di conversione. Prendo lo spunto dall’espressione di san Paolo: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor8,9). L’Apostolo si rivolge ai cristiani di Corinto per incoraggiarli ad essere generosi nell’aiutare i fedeli di Gerusalemme che si trovano nel bisogno. Che cosa dicono a noi, cristiani di oggi, queste parole di san Paolo? Che cosa dice oggi a noi l’invito alla povertà, a una vita povera in senso evangelico?

La grazia di Cristo

Anzitutto ci dicono qual è lo stile di Dio. Dio non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi…». Cristo, il Figlio eterno di Dio, uguale in potenza e gloria con il Padre, si è fatto povero; è sceso in mezzo a noi, si è fatto vicino ad ognuno di noi; si è spogliato, “svuotato”, per rendersi in tutto simile a noi (cfr Fil 2,7; Eb 4,15). È un grande mistero l’incarnazione di Dio! Ma la ragione di tutto questo è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La carità, l’amore è condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha fatto questo con noi. Gesù, infatti, «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato» (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22).

Lo scopo del farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice san Paolo – «…perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Non si tratta di un gioco di parole, di un’espressione ad effetto! E’ invece una sintesi della logica di Dio, la logica dell’amore, la logica dell’Incarnazione e della Croce. Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico. Non è questo l’amore di Cristo! Quando Gesù scende nelle acque del Giordano e si fa battezzare da Giovanni il Battista, non lo fa perché ha bisogno di penitenza, di conversione; lo fa per mettersi in mezzo alla gente, bisognosa di perdono, in mezzo a noi peccatori, e caricarsi del peso dei nostri peccati. E’ questa la via che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra miseria. Ci colpisce che l’Apostolo dica che siamo stati liberati non per mezzo della ricchezza di Cristo, ma per mezzo della sua povertà. Eppure san Paolo conosce bene le «impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef3,8), «erede di tutte le cose» (Eb 1,2).

Che cos’è allora questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi? È proprio il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano che si avvicina a quell’uomo lasciato mezzo morto sul ciglio della strada (cfrLc 10,25ss). Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana di questo Messia povero. Quando Gesù ci invita a prendere su di noi il suo “giogo soave”, ci invita ad arricchirci di questa sua “ricca povertà” e “povera ricchezza”, a condividere con Lui il suo Spirito filiale e fraterno, a diventare figli nel Figlio, fratelli nel Fratello Primogenito (cfr Rm 8,29).

È stato detto che la sola vera tristezza è non essere santi (L. Bloy); potremmo anche dire che vi è una sola vera miseria: non vivere da figli di Dio e da fratelli di Cristo.

La nostra testimonianza

Potremmo pensare che questa “via” della povertà sia stata quella di Gesù, mentre noi, che veniamo dopo di Lui, possiamo salvare il mondo con adeguati mezzi umani. Non è così. In ogni epoca e in ogni luogo, Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri. La ricchezza di Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo.

Ad imitazione del nostro Maestro, noi cristiani siamo chiamati a guardare le miserie dei fratelli, a toccarle, a farcene carico e a operare concretamente per alleviarle. La miseria non coincide con la povertà; la miseria è la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale. La miseria materiale è quella che comunemente viene chiamata povertà e tocca quanti vivono in una condizione non degna della persona umana: privati dei diritti fondamentali e dei beni di prima necessità quali il cibo, l’acqua, le condizioni igieniche, il lavoro, la possibilità di sviluppo e di crescita culturale. Di fronte a questa miseria la Chiesa offre il suo servizio, la sua diakonia, per andare incontro ai bisogni e guarire queste piaghe che deturpano il volto dell’umanità. Nei poveri e negli ultimi noi vediamo il volto di Cristo; amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo. Il nostro impegno si orienta anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria. Quando il potere, il lusso e il denaro diventano idoli, si antepongono questi all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze. Pertanto, è necessario che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione.

Non meno preoccupante è la miseria morale, che consiste nel diventare schiavi del vizio e del peccato. Quante famiglie sono nell’angoscia perché qualcuno dei membri – spesso giovane – è soggiogato dall’alcol, dalla droga, dal gioco, dalla pornografia! Quante persone hanno smarrito il senso della vita, sono prive di prospettive sul futuro e hanno perso la speranza! E quante persone sono costrette a questa miseria da condizioni sociali ingiuste, dalla mancanza di lavoro che le priva della dignità che dà il portare il pane a casa, per la mancanza di uguaglianza rispetto ai diritti all’educazione e alla salute. In questi casi la miseria morale può ben chiamarsi suicidio incipiente. Questa forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera.

Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana.

Cari fratelli e sorelle, questo tempo di Quaresima trovi la Chiesa intera disposta e sollecita nel testimoniare a quanti vivono nella miseria materiale, morale e spirituale il messaggio evangelico, che si riassume nell’annuncio dell’amore del Padre misericordioso, pronto ad abbracciare in Cristo ogni persona. Potremo farlo nella misura in cui saremo conformati a Cristo, che si è fatto povero e ci ha arricchiti con la sua povertà. La Quaresima è un tempo adatto per la spogliazione; e ci farà bene domandarci di quali cose possiamo privarci al fine di aiutare e arricchire altri con la nostra povertà. Non dimentichiamo che la vera povertà duole: non sarebbe valida una spogliazione senza questa dimensione penitenziale. Diffido dell’elemosina che non costa e che non duole.

Lo Spirito Santo, grazie al quale «[siamo] come poveri, ma capaci di arricchire molti; come gente che non ha nulla e invece possediamo tutto» (2 Cor 6,10), sostenga questi nostri propositi e rafforzi in noi l’attenzione e la responsabilità verso la miseria umana, per diventare misericordiosi e operatori di misericordia. Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.

Dal Vaticano, 26 dicembre 2013

Festa di Santo Stefano, diacono e primo martire        FRANCESCO

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
PER LA XXIX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ 
2014

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5, 3)

 Cari giovani,

è impresso nella mia memoria lo straordinario incontro che abbiamo vissuto a Rio de Janeiro, nella XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù: una grande festa della fede e della fraternità! La brava gente brasiliana ci ha accolto con le braccia spalancate, come la statua del Cristo Redentore che dall’alto del Corcovado domina il magnifico scenario della spiaggia di Copacabana. Sulle rive del mare Gesù ha rinnovato la sua chiamata affinché ognuno di noi diventi suo discepolo missionario, lo scopra come il tesoro più prezioso della propria vita e condivida questa ricchezza con gli altri, vicini e lontani, fino alle estreme periferie geografiche ed esistenziali del nostro tempo.

La prossima tappa del pellegrinaggio intercontinentale dei giovani sarà a Cracovia, nel 2016. Per scandire il nostro cammino, nei prossimi tre anni vorrei riflettere insieme a voi sulle Beatitudini evangeliche, che leggiamo nel Vangelo di san Matteo (5,1-12). Quest’anno inizieremo meditando sulla prima: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3); per il 2015 propongo «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8); e infine, nel 2016, il tema sarà «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia» (Mt 5,7).

1. La forza rivoluzionaria delle Beatitudini

Ci fa sempre molto bene leggere e meditare le Beatitudini! Gesù le ha proclamate nella sua prima grande predicazione, sulla riva del lago di Galilea. C’era tanta folla e Lui salì sulla collina, per ammaestrare i suoi discepoli, perciò quella predica viene chiamata “discorso della montagna”. Nella Bibbia, il monte è visto come luogo dove Dio si rivela, e Gesù che predica sulla collina si presenta come maestro divino, come nuovo Mosè. E che cosa comunica? Gesù comunica la via della vita, quella via che Lui stesso percorre, anzi, che Lui stesso è, e la propone come via della vera felicità. In tutta la sua vita, dalla nascita nella grotta di Betlemme fino alla morte in croce e alla risurrezione, Gesù ha incarnato le Beatitudini. Tutte le promesse del Regno di Dio si sono compiute in Lui.

Nel proclamare le Beatitudini Gesù ci invita a seguirlo, a percorrere con Lui la via dell’amore, la sola che conduce alla vita eterna. Non è una strada facile, ma il Signore ci assicura la sua grazia e non ci lascia mai soli. Povertà, afflizioni, umiliazioni, lotta per la giustizia, fatiche della conversione quotidiana, combattimenti per vivere la chiamata alla santità, persecuzioni e tante altre sfide sono presenti nella nostra vita. Ma se apriamo la porta a Gesù, se lasciamo che Lui sia dentro la nostra storia, se condividiamo con Lui le gioie e i dolori, sperimenteremo una pace e una gioia che solo Dio, amore infinito, può dare.

Le Beatitudini di Gesù sono portatrici di una novità rivoluzionaria, di un modello di felicità opposto a quello che di solito viene comunicato dai media, dal pensiero dominante. Per la mentalità mondana, è uno scandalo che Dio sia venuto a farsi uno di noi, che sia morto su una croce! Nella logica di questo mondo, coloro che Gesù proclama beati sono considerati “perdenti”, deboli. Sono esaltati invece il successo ad ogni costo, il benessere, l’arroganza del potere, l’affermazione di sé a scapito degli altri.

Gesù ci interpella, cari giovani, perché rispondiamo alla sua proposta di vita, perché decidiamo quale strada vogliamo percorrere per arrivare alla vera gioia. Si tratta di una grande sfida di fede. Gesù non ha avuto paura di chiedere ai suoi discepoli se volevano davvero seguirlo o piuttosto andarsene per altre vie (cfr Gv 6,67). E Simone detto Pietro ebbe il coraggio di rispondere: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). Se saprete anche voi dire “sì” a Gesù, la vostra giovane vita si riempirà di significato, e così sarà feconda.

2. Il coraggio della felicità

Ma che cosa significa “beati” (in greco makarioi)? Beati vuol dire felici. Ditemi: voi aspirate davvero alla felicità? In un tempo in cui si è attratti da tante parvenze di felicità, si rischia di accontentarsi di poco, di avere un’idea “in piccolo” della vita. Aspirate invece a cose grandi! Allargate i vostri cuori! Come diceva il beato Piergiorgio Frassati, «vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere» (Lettera a I. Bonini, 27 febbraio 1925). Nel giorno della Beatificazione di Piergiorgio Frassati, il 20 maggio 1990, Giovanni Paolo II lo chiamò «uomo delle Beatitudini» (Omelia nella S. MessaAAS 82 [1990], 1518).

Se veramente fate emergere le aspirazioni più profonde del vostro cuore, vi renderete conto che in voi c’è un desiderio inestinguibile di felicità, e questo vi permetterà di smascherare e respingere le tante offerte “a basso prezzo” che trovate intorno a voi. Quando cerchiamo il successo, il piacere, l’avere in modo egoistico e ne facciamo degli idoli, possiamo anche provare momenti di ebbrezza, un falso senso di appagamento; ma alla fine diventiamo schiavi, non siamo mai soddisfatti, siamo spinti a cercare sempre di più. È molto triste vedere una gioventù “sazia”, ma debole.

San Giovanni scrivendo ai giovani diceva: «Siete forti e la parola di Dio rimane in voi e avete vinto il Maligno» (1 Gv2,14). I giovani che scelgono Cristo sono forti, si nutrono della sua Parola e non si “abbuffano” di altre cose! Abbiate il coraggio di andare contro corrente. Abbiate il coraggio della vera felicità! Dite no alla cultura del provvisorio, della superficialità e dello scarto, che non vi ritiene in grado di assumere responsabilità e affrontare le grandi sfide della vita!

3. Beati i poveri in spirito…

La prima Beatitudine, tema della prossima Giornata Mondiale della Gioventù, dichiara felici i poveri in spirito, perché a loro appartiene il Regno dei cieli. In un tempo in cui tante persone soffrono a causa della crisi economica, accostare povertà e felicità può sembrare fuori luogo. In che senso possiamo concepire la povertà come una benedizione?

Prima di tutto cerchiamo di capire che cosa significa «poveri in spirito». Quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, ha scelto una via di povertà, di spogliazione. Come dice san Paolo nella Lettera ai Filippesi: «Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (2,5-7). Gesù è Dio che si spoglia della sua gloria. Qui vediamo la scelta di povertà di Dio: da ricco che era, si è fatto povero per arricchirci per mezzo della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). E’ il mistero che contempliamo nel presepio, vedendo il Figlio di Dio in una mangiatoia; e poi sulla croce, dove la spogliazione giunge al culmine.

L’aggettivo greco ptochós (povero) non ha un significato soltanto materiale, ma vuol dire “mendicante”. Va legato al concetto ebraico di anawim, i “poveri di Iahweh”, che evoca umiltà, consapevolezza dei propri limiti, della propria condizione esistenziale di povertà. Gli anawim si fidano del Signore, sanno di dipendere da Lui.

Gesù, come ha ben saputo vedere santa Teresa di Gesù Bambino, nella sua Incarnazione si presenta come un mendicante, un bisognoso in cerca d’amore. Il Catechismo della Chiesa Cattolica parla dell’uomo come di un «mendicante di Dio» (n. 2559) e ci dice che la preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete (n. 2560).

San Francesco d’Assisi ha compreso molto bene il segreto della Beatitudine dei poveri in spirito. Infatti, quando Gesù gli parlò nella persona del lebbroso e nel Crocifisso, egli riconobbe la grandezza di Dio e la propria condizione di umiltà. Nella sua preghiera il Poverello passava ore a domandare al Signore: «Chi sei tu? Chi sono io?». Si spogliò di una vita agiata e spensierata per sposare “Madonna Povertà”, per imitare Gesù e seguire il Vangelo alla lettera. Francesco ha vissuto l’imitazione di Cristo povero l’amore per i poveri in modo inscindibile, come le due facce di una stessa medaglia.

Voi dunque mi potreste domandare: come possiamo concretamente far sì che questa povertà in spirito si trasformi in stile di vita, incida concretamente nella nostra esistenza? Vi rispondo in tre punti.

Prima di tutto cercate di essere liberi nei confronti delle cose. Il Signore ci chiama a uno stile di vita evangelico segnato dalla sobrietà, a non cedere alla cultura del consumo. Si tratta di cercare l’essenzialità, di imparare a spogliarci di tante cose superflue e inutili che ci soffocano. Distacchiamoci dalla brama di avere, dal denaro idolatrato e poi sprecato. Mettiamo Gesù al primo posto. Lui ci può liberare dalle idolatrie che ci rendono schiavi. Fidatevi di Dio, cari giovani! Egli ci conosce, ci ama e non si dimentica mai di noi. Come provvede ai gigli del campo (cfr Mt 6,28), non lascerà che ci manchi nulla! Anche per superare la crisi economica bisogna essere pronti a cambiare stile di vita, a evitare i tanti sprechi. Così come è necessario il coraggio della felicità, ci vuole anche il coraggio della sobrietà.

In secondo luogo, per vivere questa Beatitudine abbiamo tutti bisogno di conversione per quanto riguarda i poveri. Dobbiamo prenderci cura di loro, essere sensibili alle loro necessità spirituali e materiali. A voi giovani affido in modo particolare il compito di rimettere al centro della cultura umana la solidarietà. Di fronte a vecchie e nuove forme di povertà – la disoccupazione, l’emigrazione, tante dipendenze di vario tipo –, abbiamo il dovere di essere vigilanti e consapevoli, vincendo la tentazione dell’indifferenza. Pensiamo anche a coloro che non si sentono amati, non hanno speranza per il futuro, rinunciano a impegnarsi nella vita perché sono scoraggiati, delusi, intimoriti. Dobbiamo imparare a stare con i poveri. Non riempiamoci la bocca di belle parole sui poveri! Incontriamoli, guardiamoli negli occhi, ascoltiamoli. I poveri sono per noi un’occasione concreta di incontrare Cristo stesso, di toccare la sua carne sofferente.

Ma – e questo è il terzo punto – i poveri non sono soltanto persone alle quali possiamo dare qualcosa. Anche lorohanno tanto da offrirci, da insegnarci. Abbiamo tanto da imparare dalla saggezza dei poveri! Pensate che un santo del secolo XVIII, Benedetto Giuseppe Labre, il quale dormiva per strada a Roma e viveva delle offerte della gente, era diventato consigliere spirituale di tante persone, tra cui anche nobili e prelati. In un certo senso i poveri sono come maestri per noi. Ci insegnano che una persona non vale per quanto possiede, per quanto ha sul conto in banca. Un povero, una persona priva di beni materiali, conserva sempre la sua dignità. I poveri possono insegnarci tanto anche sull’umiltà e la fiducia in Dio. Nella parabola del fariseo e del pubblicano (Lc 18,9-14), Gesù presenta quest’ultimo come modello perché è umile e si riconosce peccatore. Anche la vedova che getta due piccole monete nel tesoro del tempio è esempio della generosità di chi, anche avendo poco o nulla, dona tutto (Lc 21,1-4).

4. … perché di essi è il Regno dei cieli

Tema centrale nel Vangelo di Gesù è il Regno di Dio. Gesù è il Regno di Dio in persona, è l’Emmanuele, Dio-con-noi. Ed è nel cuore dell’uomo che il Regno, la signoria di Dio si stabilisce e cresce. Il Regno è allo stesso tempo dono e promessa. Ci è già stato dato in Gesù, ma deve ancora compiersi in pienezza. Perciò ogni giorno preghiamo il Padre: «Venga il tuo regno».

C’è un legame profondo tra povertà ed evangelizzazione, tra il tema della scorsa Giornata Mondiale della Gioventù – «Andate e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19) – e quello di quest’anno: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Il Signore vuole una Chiesa povera che evangelizzi i poveri. Quando inviò i Dodici in missione, Gesù disse loro: «Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento» (Mt 10,9-10). La povertà evangelica è condizione fondamentale affinché il Regno di Dio si diffonda. Le gioie più belle e spontanee che ho visto nel corso della mia vita sono quelle di persone povere che hanno poco a cui aggrapparsi. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile soltanto per contagio di gioia.

Come abbiamo visto, la Beatitudine dei poveri in spirito orienta il nostro rapporto con Dio, con i beni materiali e con i poveri. Davanti all’esempio e alle parole di Gesù, avvertiamo quanto abbiamo bisogno di conversione, di far sì che sulla logica dell’avere di più prevalga quella dell’essere di più! I santi sono coloro che più ci possono aiutare a capire il significato profondo delle Beatitudini. La canonizzazione di Giovanni Paolo II nella seconda domenica di Pasqua, in questo senso, è un evento che riempie il nostro cuore di gioia. Lui sarà il grande patrono delle GMG, di cui è stato l’iniziatore e il trascinatore. E nella comunione dei santi continuerà ad essere per tutti voi un padre e un amico.

Nel prossimo mese di aprile ricorre anche il trentesimo anniversario della consegna ai giovani della Croce del Giubileo della Redenzione. Proprio a partire da quell’atto simbolico di Giovanni Paolo II iniziò il grande pellegrinaggio giovanile che da allora continua ad attraversare i cinque continenti. Molti ricordano le parole con cui il Papa, la domenica di Pasqua del 1984, accompagnò il suo gesto: «Carissimi giovani, al termine dell’Anno Santo affido a voi il segno stesso di quest’Anno Giubilare: la Croce di Cristo! Portatela nel mondo, come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità, ed annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione».

Cari giovani, il Magnificat, il cantico di Maria, povera in spirito, è anche il canto di chi vive le Beatitudini. La gioia del Vangelo sgorga da un cuore povero, che sa esultare e meravigliarsi per le opere di Dio, come il cuore della Vergine, che tutte le generazioni chiamano “beata” (cfr Lc 1,48). Lei, la madre dei poveri e la stella della nuova evangelizzazione, ci aiuti a vivere il Vangelo, a incarnare le Beatitudini nella nostra vita, ad avere il coraggio della felicità.

Dal Vaticano, 21 gennaio 2014, memoria di Sant’Agnese, vergine e martire.    FRANCESCO

– Papa Francesco, i media e la chiarezzappfrancesco con mic

Il problema principale è sempre quello della chiarezza. Negli ultimi tempi due temi hanno avuto grande spazio nel dibattito mediatico: la possibilità per i divorziati risposati di accedere all’ Eucaristia, e la vicenda del vescovo della diocesi tedesca di Limburg. Questioni diversissime tra loro ovviamente, ma legate da una caratteristica: i media hanno confuso le idee dei fedeli ma il Papa  non si è lasciato intrappolare dai luoghi comuni.

Cominciamo dall’annosa questione dei divorziati risposati. Un tema difficile, affrontato da anni in diversi sinodi, convegni, riunioni e dibattiti, discusso da canonisti, teologi e pastori, ma alla fine la unica verità da cui partire è la indissolubilità del sacramento del matrimonio nella Chiesa cattolica, se valido. Ecco una delle strade da percorrere è quella dell’accertamento della validità del sacramento. Joseph Ratzinger era un sostenitore fin da cardinale e poi da Papa della attenzione su questo punto: come riconoscere la validità del sacramento. Perchè nella società contemporanea è ovvio che la mancanza di fede con cui si arriva all’altare può “viziare” la validità del sacramento.

Un tema che fa discutere canonisti e teologi. Poi ci sono i parroci che si trovano ogni giorno ad affrontare chi chiede di accedere alla Eucaristia. La Chiesa ha sempre manifestato attenzione e misericordia, ma non può negare la verità del Vangelo.

Così dopo l’entusiamo seguito alle parole di Papa Francesco di ritorno da Rio, intepretate in mondo impreciso, ecco la “doccia fredda” del testo del Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede Mueller che mette in chiaro le cose.

Si scatenano di nuovo i tweet e i commenti, ma è ovvio che il prefetto ha l’assenso del Papa, altrimenti l’articolo non sarebbe apparso sull’ Osservatore Romano.

Stessa dinamica per la infelice vicenda del “vescovo spendaccione” di Limburg Franz-Peter Tebartz-van Elst. La ristrutturazione di un complesso episcopale non è affare da poco e certo si può decidere di farla in vario modo. La Chiesa tedesca è ricca e la struttura del complesso sembra sia un vero capolavoro. Ma il vescovo è stato imprudente, ha maldestramente nascosto certe scelte, e ha attirato su di se le critiche di coloro che in diocesi non sopportavano il suo stile conservatore. Sta di fatto che la Santa Sede ha preso il fatto sul serio. E’ arrivata una “visita fraterna” da Roma, e la Conferenza Episcopale Tedesca ha istituito una commissione per indagare se si trattasse di frode o solo di prodigalità. Ma ai media non è bastato. Il Papa ha ricevuto i vertici dell’episcopato tedesco e lo stesso vescovo che ha detto di essere grato al Papa per “l’incoraggiante incontro”, e si è stretto in un assoluto riservo. Il giorno dopo l’incontro ecco l’illuminante comunicato ufficiale: “Il Santo Padre è stato continuamente informato ampiamente e obiettivamente sulla situazione nella Diocesi di Limburg. Nella Diocesi si è venuta a creare una situazione nella quale il Vescovo, S.E. Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst, nel momento attuale non può esercitare il suo ministero episcopale.

Dopo la “visita fraterna” di S.Em.za il Card. Giovanni Lajolo nello scorso mese di settembre, la Conferenza Episcopale Tedesca, conformemente a un accordo fra il Vescovo e il Capitolo del Duomo di Limburg, ha costituito una Commissione per intraprendere un esame approfondito della questione della costruzione della Sede episcopale. In attesa dei risultati di tale esame e dei connessi accertamenti sulle responsabilità in merito, la Santa Sede ritiene opportuno autorizzare per S.Ecc.za Mons. Franz-Peter Tebartz-van Elst un periodo di permanenza fuori della Diocesi.

Per decisione della Santa Sede entra fin da oggi in vigore la nomina dello Stadtdekan Wolfgang Rösch come Vicario Generale, nomina che era stata annunciata dal Vescovo di Limburg per il 1° gennaio 2014. Il Vicario Generale Rösch amministrerà la Diocesi di Limburg durante l’assenza del Vescovo diocesano nell’ambito delle competenze legate a tale ufficio.”

Il Papa non sospende il vescovo, ma comprende che non può esercitare il suo compito nella diocesi e lo autorizza ad allontanarsi in attesa del risultato dell’accertamento delle responsabilità”.

Insomma attende e lascia che siano i vescovi locali a studiare la questione.

Nessuna “concessione” alle decisioni a mezzo stampa. Il compito della comunicazione è la chiarezza e la informazione in primo luogo, e certo non quello di “gestire” la Chiesa, e Papa Francesco, come i suoi predecessori, lo sa molto bene.

 

“Il verme della gelosia e dell’invidia, che si insidiò nel cuore di Caino contro Abele, come in quello del re Saul contro Davide che uccise Golia. E come Caino con Abele, il re decide di uccidere Davide. Così fa la gelosia nei nostri cuori: è un’inquietudine cattiva, che non tollera che un fratello o una sorella abbia qualcosa che io non ho”.

“Invidiosi seminano amarezza e chiacchierano”

– “Il verme della gelosia e dell’invidia, che si insidiò nel cuore di Caino contro Abele, come in quello del re Saul contro Davide che uccise Golia. E come Caino con Abele, il re decide di uccidere Davide. Così fa la gelosia nei nostri cuori: è un’inquietudine cattiva, che non tollera che un fratello o una sorella abbia qualcosa che io non ho”.

– Gelosia e invidia si insinuano nelle comunità attraverso i loro membri. E, secondo il Papa, piano piano le distruggono. “Nel cuore di una persona colpita dalla gelosia e dall’invidia accadono due cose chiarissime: la prima cosa è l’amarezza, che si diffonde su tutta la comunità. Sono, questi, seminatori di amarezza. Il secondo atteggiamento sono le chiacchiere. Dietro una chiacchiera c’è la gelosia e c’è l’invidia. E le chiacchiere dividono la comunità, la distruggono. Sono armi del diavolo”

“L’invidiosa odia. E l’odio uccide” – Citando l’apostolo Giovanni, Francesco lancia un appello affinché la Chiesa si liberi da invidie e gelosie: “Una persona che è sotto l’influsso dell’invidia e della gelosia uccide”, come dice l’apostolo Giovanni: “Chi odia il suo fratello è un omicida. E l’invidioso, il geloso, incomincia ad odiare il fratello. Preghiamo perché questo seme non venga seminato tra noi. E’ una grazia grande quella non cadere nella tristezza, nell’essere risentiti, nella gelosia e nell’invidia”.

 

Jorge Maria Bergoglio
 è nato a Buenos Aires il 17 dicembre  1936 in una famiglia di origini italiane. ImmagineDiplomato in chimica l’11 marzo 1958,  decide di entrare in seminario e comincia il suo noviziato nella Compagnia di  Gesù in Cile, infine torna nella sua città natale per laurearsi in filosofia nel  1963.
Il 13 dicembre 1969 viene ordinato sacerdote, papa Giovanni  Paolo II nel 1992 lo nomina vescovo ausiliare di Buenos Aires e nel 2001 lo crea  cardinale.
 La sera del 13 marzo 2013 viene eletto vescovo di Roma e Papa della  Chiesa cattolicascegliendo il nome di Francesco.
Ispirandosi alla figura di San Francesco D’Assisi ha dichiarato: 
“È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato;
in questo momento anche noi abbiamo con il creato una relazione non tanto buona, no? È l’uomo che ci dà questo spirito di pace, l’uomo povero… Ah, come  vorrei  una Chiesa povera e per i poveri!”. 

Inizia il suo pontificato ringraziando il precedente papa 
Benedetto  XVI con queste parole:

“Un pensiero colmo di grande affetto e di  profonda gratitudine rivolgo al mio venerato Predecessore Benedetto XVI, che in
questi anni di Pontificato ha arricchito e rinvigorito la Chiesa con il Suo  magistero, la Sua bontà, la Sua guida, la Sua fede, la Sua umiltà e la Sua mitezza. Rimarranno un patrimonio spirituale per tutti! Il ministero petrino,  vissuto con totale dedizione, ha avuto in Lui un interprete sapiente e umile, con lo sguardo sempre fisso a Cristo, Cristo risorto, presente e vivo  nell’Eucaristia. Lo accompagneranno sempre la nostra fervida preghiera, il  nostro incessante ricordo, la nostra imperitura e affettuosa riconoscenza.
Sentiamo che 
Benedetto XVI ha acceso nel profondo dei nostri cuori una  fiamma: essa continuerà ad ardere perché sarà alimentata dalla Sua  preghiera, che sosterrà ancora la Chiesa nel suo cammino spirituale e   missionario.”